CULTURA

Le migrazioni animali, preistoria e storia

Gli animali non umani hanno cominciato a migrare sulla Terra prima degli uomini. E i vegetali prima ancora. Senza confini segnati da noi, talora risultando “alieni” nel nuovo ecosistema. Ormai antropologi, archeologi, biologi evoluzionistici, genetisti assegnano alla preistoria tutti i milioni di anni dall’apparizione delle primissime forme ominidi circa sei milioni di anni fa alle prime esperienze agricole sociali residenziali di Homo sapiens dopo la fine dell’ultima glaciazione negli ultimi 10.000 anni. C’è una pre-preistoria migratoria animale essenziale per capire la nostra evoluzione. Secondo le teorie più accreditate il fenomeno migratorio si sarebbe sviluppato nel Neogene (tra 23 e 2,6 milioni di anni fa), dopo l’ultima grande estinzione di massa di circa 65 milioni di anni fa (era la quinta, la sesta è in corso, purtroppo), molto prima della comparsa delle forme umane (che parecchio ne sono state condizionate), per poi affinarsi nelle successive fasi glaciali del Quaternario. Alcuni gruppi e varie specie animali hanno iniziato dunque da tempo a trovarsi durante la stessa vita in luoghi ed ecosistemi diversi da quelli di nascita, cosiddetti nativi. Grazie agli stimoli ormonali, a caratteri genetici di esistenza e adattamento negli ecosistemi biodiversi e mutevoli, i migratori hanno “imparato” a capire quando giungono i momenti di partire e di tornare. Capacità e modalità hanno avuto una continua evoluzione. Ovunque siano diretti, con una bussola magnetica, solare o con le stelle, i migratori sanno di sicuro come arrivarci. In volo, a nuoto o in marcia non ha importanza: giunge il tempo di migrare. Una giovane brillante giornalista scientifica, Francesca Buoninconti (Napoli), ha ora scritto un bel libro su questa movimentazione biologica: Senza confini. Le straordinarie storie degli animali migratori (Codice Torino 2019, pag. 204 euro 18).

Frequentiamo tutti in vario modo atmosfere, acque, suoli e sottosuoli del pianeta. Pur sostando in un singolo attimo storico in un qualche contesto geografico, li vediamo transitare. Il nostro pianeta è attraversato da miliardi di animali migratori in viaggio: uccelli, mammiferi marini, terrestri e volatori, pesci, anfibi, rettili, insetti e altri invertebrati ancora. Migrano grandi e piccoli, balene e farfalle; da soli o in gruppo, percorrono migliaia di chilometri ogni anno, affrontando difficoltà e pericoli, su percorsi infidi che costano spesso la vita loro o di qualcuno del loro gruppo. Più o meno si sa perché partono, per riprodursi e trovare cibo a sufficienza. Ma perché alcuni hanno iniziato e altri no, come ci sono riusciti, chi e cosa glielo fa fare, sono questioni che incuriosiscono gli umani sapienti dall’antichità, anche Aristotele ci rifletteva (senza riuscire a capire bene), da un secolo la scienza offre alcune risposte. La maggior parte degli animali migratori vive in luoghi che hanno stagioni climatiche definite; molto frequentemente proprio l’alternanza delle stagioni e dei cicli produttivi fa sì che le aree favorevoli e ricche di cibo in inverno, non lo siano per riprodursi in estate. E viceversa (tenendo pure conto che la localizzazione nei due emisferi inverte la prospettiva). Di quando e come siano nate le migrazioni animali non sappiamo molto, è ancora tutto da scoprire e da confermare. Un testo interdisciplinare con un’indagine comparata e organica è antichissimo, risale a circa 50 anni fa (Otto von Frisch) e questo di per sé stesso è molto significativo; esistono tuttavia svariati volumi di divulgazione scolastica o fotografica, le riflessioni a compartimenti stagni su singole classi, ordini, famiglie, generi, specie.

Buoninconti ha esaminato i più recenti studi scientifici sulle migrazioni di molte specie, effettuati da competenti ricercatori di molteplici discipline. Con stile curato e fresco si mette a fianco degli animali che non conoscono le frontiere fra Stati stabilite dagli umani (da cui il titolo). Pur senza un’adeguata complessiva teoria del migrare e delle migrazioni, il volume risulta molto interessante e contiene innumerevoli casi, curiosità, dati, comparazioni, spunti aggiornati, talora aiutati da disegni o mappe. La brava autrice distingue giustamente tre grandi comparti: chi si libra per aria, chi sguazza in acqua, chi calpesta terre, pur in ecosistemi sempre connessi e mai soli. Non si può che iniziare dagli appariscenti uccelli migratori, le variabili di migrazione sono quasi infinite, a corto o lungo raggio, di giorno e di notte, tutti insieme o maschi e femmine differenziati, comportamenti e diete spesso adattate a luoghi e tempi. Delle specie migratorie dei volatili sappiamo davvero molto, sono i più studiati, soprattutto attraverso tre tecniche: l’inanellamento (avviato oltre un secolo fa, praticato ormai in modo diffuso e sofisticato), i radar, i GPS logger. Ed è divertente verificare come alcune specie ormai scelgano ecosistemi più antropizzati (urbani) e altre continuino a preferire ecosistemi meno antropizzati (extraurbani), migranti verso città potabili o aree umide.

Poi migrano volando anche libellule, locuste, farfalle, falene, pipistrelli, alcune di loro attraverso più generazioni per ogni andata e ritorno. Giustamente Buoninconti parla di tutte e dedica particolre attenzione alle farfalle-monarca. Ogni anno a fine estate o inizio autunno milioni di queste coloratissime farfalle adulte, ognuna dal peso inferiore al grammo, intraprendono un lungo viaggio di migliaia di chilometri verso sud, migrando dal Nord degli Stati Uniti (o dal Sud del Canada) al Messico, e oltre (hanno raggiunto Sud America, Europa Occidentale e Hawaii mostrandosi grandi volatrici). In Messico svernano in diapausa riproduttiva, poi tornano indietro a primavera verso nord. Prima attenzione: sono necessarie alcune generazioni per l’andata e il ritorno, non è lo stesso individuo a percorrere tutto il percorso migratorio. Seconda attenzione: individui e gruppi della stessa specie vivono in altre aree e non migrano o migrano a brevi distanze, non è l’intera specie a essere così particolarmente “migratoria”. I complessi meccanismi di genetica molecolare che contribuiscono alla migrazione incrociano ritmi circadiani, sensibilità ambientale, produzione di energia, metabolismo, sviluppo neuromuscolare, plasticità fenotipica. Ricordo che siamo nell’ordine dei lepidotteri e nella famiglia delle Nymphalidae; le prime farfalle fossili pare risalgono a 40 milioni di anni fa; oggi ne esistono circa 120.000 specie, alcune migratorie ma non la maggioranza. Il ciclo vitale è quello studiato in tutte le scuole: uovo, larva o bruco, pupa o crisalide, adulto;dura in media un mese, da poche ore per qualche specie, fino a otto mesi per altre. Nel caso delle farfalle monarca le generazioni sembrano concatenate, hanno cicli diversi a seconda del clima e del luogo sul percorso migratorio, del susseguirsi di residenze e migrazioni in ecosistemi differenti. A primavera la larva avrebbe bisogno di quasi due settimane di alimentazione con erbe particolari di gusto amarognolo per sfuggire ai predatori. Dal bozzolo della crisalide uscirebbe poi la prima generazione. La seconda generazione nascerebbe tra maggio e giugno, la terza tra luglio e agosto, entrambe fra una migrazione e l’altra (grazie al patrimonio genetico le nuove generazioni riuscirebbero a riconoscere l’albero scelto dai loro antenati l’anno precedente). A settembre, infine, la quarta avrebbe due caratteri straordinari: risulterebbe capace di sopravvivere dai 6 agli 8 mesi e mancherebbe della funzione riproduttiva; quindi, le stagionali migrazioni sarebbero garantite dai diversi comportamenti di alcune o di alcuni gruppi. Saremmo di fronte a una migrazione intergenerazionale, differenziata e sociale di una stessa specie! Alcuni comportamenti umani (pesticidi, cambiamenti climatici antropici, disboscamenti) mettono oggi le farfalle monarca a rischio di estinzione privandole di habitat (nicchia) o di contesto (segnali). La Riserva della biosfera delle farfalle monarca situata in Messico è, comunque, dal 2008 patrimonio dell’Unesco. Aggiungo che a novembre 2018 le farfalle monarca sono arrivate in maggior numero ma con circa una settimana di ritardo rispetto agli anni precedenti nelle montagne a ovest della capitale, dopo quasi 5.500 chilometri, alcuni più piovosi del solito.

Il volume riflette con dovizia di particolari su molte altre specie. Mari e oceani sono pieni di migranti, in parte, forse, da oltre cento milioni di anni, come nel caso delle tartarughe marine, rettili che vivono in mare aperto, le cui femmine nidificano sulle spiagge (ricordandosi pure quelle “natie”). I cetacei, invece, hanno le pinne e sanno cantare, la comunicazione canora è cruciale. Mancano ancora notizie certe sull’incredibile traffico delle specie dei pesci, come si regola precisamente, ognuna e accanto alle altre, circa dolcezza, temperatura, correnti delle acque: qualcosa in più è noto per tonni e sardine, salmoni e anguille. Infine vengono narrati gli animali terrestri: pinguini, gnu, zebre, elefanti, renne (e persistenti popolazioni umane nomadi), caribù, antilocapre, cervi mulo, rane, anfibi, granchi. Lo stile è affabile anche quando si trattano argomenti complessi, denso di comparazioni e aggiornamenti.

Nello scenario globale, il cambiamento climatico di origine prevalentemente antropica sta lasciando il segno anche sui migratori: sfasamento delle temperature e delle tempistiche, alterazione delle reti alimentari, fughe e nuovi adattamenti da stanzialità a migratorietà o viceversa. Nota Buoninconti: “Se le migrazioni che abbiamo conosciuto rischiano di scomparire, lo stesso riscaldamento globale potrebbe farne nascere di nuove. E almeno per adesso non pendolari. A chi migra da sempre, infatti, si unisce un fronte sempre più numeroso di migratori “dell’ultim’ora”: quelli climatici. Animali da sempre stanziali, e persino piante, che da qualche tempo … Sono costrette a spostarsi”. Conclude: “E il riscaldamento globale innescato dall’uomo promette di cambiare persino la geografia dei vini e delle zone d’origine. E in parte lo sta già facendo. Ma in fondo, questa è un’altra storia”. Anche questo è vero.

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