SCIENZA E RICERCA
Le migrazioni degli uccelli e la minaccia del cambiamento climatico
Il cambiamento climatico sta modificando profondamente le migrazioni degli uccelli. Quella sincronia perfetta, evolutasi in migliaia di anni, tra l’arrivo della primavera e l’arrivo dei migratori nei loro quartieri riproduttivi sta scricchiolando. Il problema, però, non è solo il tempismo: ambienti di sosta fondamentali per i migratori vengono rimodellati dall’aumento delle temperature. Tra questi, ci sono le cime montuose. Proprio per studiare cosa avviene negli ambienti d’alta quota e come il clima influenza le migrazioni, nel cuore del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano è nato il progetto MigrAndata Cervati: un monitoraggio dell’avifauna migratrice sul monte Cervati, a 1.880 metri d’altezza, attraverso la tecnica dell’inanellamento a scopo scientifico. Di fatto, il primo studio di questo tipo per il Mezzogiorno.
«Con MigrAndata Cervati, per almeno 3 anni consecutivi tra la fine di agosto e l’inizio di settembre studieremo la migrazione di “andata” (che dà nome al progetto): quella che vede gli uccelli migratori mettersi in volo verso sud e andare in Africa» spiega Rosario Balestrieri, ornitologo e presidente dell’Associazione Ardea APS che ha ideato il progetto, approvato dall’ISPRA e autorizzato dalla Regione Campania per il triennio 2021-2023. «In particolare ci focalizzeremo sui migratori transahariani, cioè quelle specie che trascorrono l’inverno a sud del Sahara e che devono affrontare un viaggio più lungo e faticoso».
Mentre la migrazione primaverile - detta “di ritorno” - è ben studiata, si conosce meno sulla migrazione di andata. MigrAndata Cervati vuole contribuire a colmare questo gap di conoscenze, analizzando questo fenomeno nei contesti d’alta quota «per intercettarne caratteristiche e minacce emergenti». Le temperature sempre più alte, infatti, stanno spostando il limite arboreo: gli alberi avanzano verso la vetta e di fatto strozzano tutti quegli habitat di cima, ricchi di specie endemiche soprattutto fra le piante e gli insetti. «La riduzione progressiva delle vette e degli ambienti di cima, che anno dopo anno diventano più piccoli e inospitali per gli uccelli migratori, e lo sfasamento dei cicli biologici di piante e invertebrati alla base della dieta degli uccelli, possono ulteriormente danneggiare i migratori che usano le vette come oasi in cui rifocillarsi» continua Balestrieri.
Così sulla cima del Cervati gli ornitologi e volontari ARDEA hanno srotolato e installato 270 metri di reti apposite per catturare, inanellare e liberare immediatamente gli uccelli migratori. La tecnica dell’inanellamento a scopo scientifico infatti consiste nell’apporre alla zampa degli uccelli un anello leggerissimo (in proporzione, pesa quanto un nostro orecchino) che riporta un codice alfanumerico univoco, e che permetterà poi di riconoscere quell’individuo nei suoi spostamenti. Grazie a questo metodo si possono studiare le rotte, ma anche le tempistiche, le date di arrivo e partenza, e si possono raccogliere una serie di dati sullo stato di salute e l’età degli uccelli inanellati.
Nel nostro stivale, che fa da ponte naturale tra Africa ed Europa, la migrazione di andata viene studiata principalmente sulle Alpi, da quando nel 1997 è nato il “Progetto Alpi” con stazioni distribuite tra valichi e versanti. Mentre – fino ad ora – c’è sempre stata un’unica stazione nell’Appennino: quella sull’altopiano di Campo Imperatore – Gran Sasso aperta nel 2003. MigrAndata Cervati si è appena aggiunta a questa rete, diventando la stazione d’alta quota più a sud d’Italia, l’unica nell’Appennino meridionale.
«Monitorare le cime degli Appennini è di fondamentale importanza: gli ambienti aperti di alta quota sono quelli che maggiormente vengono colpiti dell’emergenza climatica. Questi ambienti vanno restringendosi e gli uccelli migratori che li utilizzano come “autogrill” nel loro viaggio verso l’Africa rischiano di sparire in tempi brevi» spiega Balestrieri. «Da questo punto di vista risultano particolarmente interessanti i pesi degli uccelli ricatturati: in molti casi li abbiamo trovati ingrassati rispetto al controllo precedente. Un segnale che – se suffragato dai dati nei prossimi anni – può darci indicazioni sullo stato di salute della vetta Cervati e sulla sua importanza come sito di stop-over per gli uccelli migratori. Cioè come luogo strategico in cui fermarsi e alimentarsi, prima di proseguire il viaggio ed affrontare le barriere ecologiche, prime tra tutte il Mediterraneo».
Dal 24 agosto al 5 settembre, immersi tra nuvole e con il susseguirsi di albe surreali, i ricercatori, ornitologi e volontari hanno inanellato 282 uccelli appartenenti a ben 25 specie diverse. Tra queste c’è lo spioncello (Anthus spinoletta), tipico uccello delle praterie di alta quota che per l’intero massiccio del Cervati veniva stimato in poche unità. E invece ne sono state marcate diverse decine nel solo sito della stazione, a testimonianza di quanto ancora poco si conoscano alcuni territori.
Altra specie target è stata il culbianco (Oenanthe oenanthe): migratore eccezionale capace di congiungere territori lontanissimi tra loro, come lo Zambia con la Groenlandia o la Siberia. Ben 24 sono stati gli zigoli muciatti (Emberiza cia) inanellati: circa il doppio di quelli inanellati in Campania dal 1959 ad oggi. Record anche di Rondini montane (Ptyonoprogne rupestris), specie rupestre caratterizzata movimenti altitudinali o spostamenti nella porzione meridionale del Mediterraneo: in vent’anni, dal 1982 al 2003 ne sono state inanellate solo 83 sul Cervati. Ora, in sole due settimane, ne sono state marcate 13. Le reti di MigrAndata Cervati hanno riservato anche vere e proprie sorprese come lo sparviere, il cuculo e lo scricciolo: tre specie con abitudini prevalentemente forestali, e che invece sono state rilevate nelle pietraie del Cervati a 1850 di quota.
Sono stati poi osservati due individui di piviere tortolino (Charadrius morinellus), un limicolo migratore che sfrutta proprio le pietraie delle cime montuose per riposarsi e rifocillarsi nella sua migrazione e che prima dei sopralluoghi per MigrAndata Cervati non era mai stato avvistato qui.
Nelle due settimane di studio, la vetta del Cervati però è stata anche “ascoltata”. È stata infatti monitorata la colonia di gracchio corallino (Pyrrhocorax pyrrhocorax) presente, composta da 34 individui, di cui solo 3 giovani si sono involati. In collaborazione con gli esperti di bioacustica di eConscince, le vocalizzazioni dei gracchi sono state registrate ininterrottamente. Questa specie è infatti molto vocifera e, stando agli studi effettuati in altre aree d’Europa, utilizza ben 70 tipologie di richiami differenti.
Ad ascoltare la montagna c’è anche un team dell’università di Salerno, guidato dai professori Claudio Guarnaccia e Domenico Guida, del Dipartimento di Ingegneria Civile e afferenti al C.U.G.Ri. (Consorzio InterUniversitario per i Grandi Rischi) che invece si occuperanno dell’indagine eco-acustica della vetta per comprendere la complessità dei diversi ambienti che la caratterizzano.
«Il Cervati ci ha già riservato molte sorprese e credo che nei prossimi anni ce ne riserverà ancora» conclude Balestrieri.