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Si stima che circa il 30% della popolazione mondiale oggi sia miope e che entro il 2050 lo sarà quasi il 50%. Asia orientale e sud orientale sono le aree più interessate: Paesi come la Corea del Sud, Taiwan, Singapore, Cina e Giappone hanno una prevalenza di miopia dell'80-90%. Anche in altre regioni del mondo, tuttavia, emerge una tendenza all’aumento: negli Stati Uniti è stata registrata una prevalenza del 42%, quasi raddoppiata in tre decenni. I dati forniti dall’International Myopia Institute (Imi), sulla base di studi condotti negli ultimi anni, non sono confortanti, specie se si considera che l’insorgenza della miopia è sempre più precoce. Tanto da far parlare di “miopidemia” tra i più giovani.
“In Cina probabilmente arriveremo forse a più del 50% di miopi nel 2050 – sottolinea Paolo Nucci, professore di oftalmologia all’università La Statale di Milano e presidente della Società italiana di oftalmologia pediatrica e strabismo –, ma anche in Europa esiste un incremento: non ci sono moltissimi studi che forniscono una percentuale precisa, ma siamo sicuri che pure nel nostro continente, in Italia sicuramente, la popolazione dei miopi raddoppierà rispetto a ora. Ciò che è più preoccupante è che la miopia oggi, anziché insorgere verso gli 11-13 anni come un tempo, compare significativamente prima, e cioè verso i 7-8 anni. Ciò significa che c’è un intervallo di tempo più lungo perché questo disturbo visivo possa causare complicazioni: se progredisce per un periodo puberale che va dai 13 ai 20 anni, naturalmente peggiorerà di meno che se invece si manifesta verso i 7-8 anni e si arresta a 20 anni”. In molti Paesi dell'Est e del Sud-Est asiatico, per esempio, si registra una tendenza all'insorgenza precoce della miopia nell'infanzia sotto la pressione dell'istruzione, con oltre la metà dei bambini in età scolare colpiti: al termine del percorso scolastico il tasso di miopia è di circa l'80%.
Una miopia precoce, dunque, aumenta il rischio di una progressione verso la miopia elevata e di complicazioni della vista in età avanzata. Nel tempo possono manifestarsi patologie oculari come la maculopatia, il distacco della retina e una maggiore predisposizione al glaucoma e alla cataratta.
Intervista a Paolo Nucci, presidente della Società italiana di oftalmologia pediatrica e strabismo. Servizio di Monica Panetto, montaggio di Massimo Pistore
Le cause della “miopidemia”
In passato si riteneva che la miopia fosse prevalentemente geneticamente determinata, e dunque in famiglie con genitori miopi in modo rilevante ci si aspettava che pure i figli lo sarebbero diventati. “Oggi invece stiamo rilevando che anche nelle famiglie di non miopi i bambini tendono a manifestare questo disturbo – spiega il docente –. L’idea, confermata da alcuni studi, è che sia l’attività ravvicinata a determinare questo incremento della prevalenza della miopia, e in questo ambito sicuramente l’attività con i device è più pericolosa rispetto alla lettura di un libro o alla televisione”.
Nucci spiega che l'impegno ravvicinato con i device e l'interesse visivo nei confronti dei videogiochi per esempio è più totalizzante, bambini e bambine sono molto più coinvolti in un’attività visiva di questo tipo rispetto all’attenzione rivolta alle pagine di un libro. Oltre alla prossimità, si deve considerare che anche il campo visivo risulta fortemente ristretto quando si utilizzano cellulari e tablet, dato che mediamente questi strumenti vengono tenuti a una distanza di 16-18 centimetri dal volto. “Ebbene, la combinazione di questi aspetti è sicuramente alla base della miopia”.
Tra gli studi che supportano la tesi, e cioè che le attività di prossimità svolgano un ruolo nello sviluppo e nella progressione della miopia, Nucci cita un lavoro condotto a Israele. Si tratta di un'ampia indagine, su quasi 23.000 maschi tra i 17 e i 18 anni, secondo cui i ragazzi ultraortodossi e ortodossi hanno una prevalenza più alta di miopia rispetto ai ragazzi che studiano in scuole laiche: le percentuali rilevate sono state rispettivamente dell’82,2%, del 50,3% e del 29,7%. A incidere, secondo i ricercatori, sono proprio i diversi stili di vita e i sistemi educativi. I ragazzi ultra-ortodossi, in particolare, imparano a leggere già dall’età di tre anni, trascorrono più ore a scuola e passano meno tempo all'aria aperta rispetto agli altri. Le scuole ultraortodosse si concentrano principalmente sulla lettura intensiva di testi religiosi, la maggior parte dei quali sono stampati con caratteri di dimensioni relativamente piccole. Inoltre il numero di ore di studio viene gradualmente aumentato fino a 16 ore al giorno nelle scuole ultraortodosse, rispetto alle 6-8 ore delle scuole laiche.
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Come prevenire l’insorgenza della miopia e rallentarne la progressione
Nucci spiega che seguendo determinate regole è possibile prevenire o ritardare l’insorgenza della miopia. Un ruolo importante gioca innanzitutto l’attività svolta all’aria aperta: fare sport, lunghe passeggiate, sciare consente di porre a riposo l’accomodazione, cioè il processo attraverso il quale mettiamo a fuoco gli oggetti. Studi dimostrano che trascorrere tempo all’aperto nei primi anni di vita può ridurre il rischio di miopia in età adulta. Proprio per questo l’Imi incoraggia i bambini in età scolare a trascorrere almeno 80-120 minuti al giorno fuori.
Il sole del resto ha conseguenze positive sulla salute dell’occhio. “La luce solare ha un effetto terapeutico, perché attiva il rilascio di dopamina, un mediatore chimico che blocca l'attività delle proteine infiammatorie, delle citochine infiammatorie che vengono invece iper-prodotte quando si svolgono attività a distanza ravvicinata”.
Ci sono poi strategie farmacologiche che possono rallentare la progressione della miopia. “L’atropina a basso dosaggio sembra avere un effetto positivo forse come profarmaco che, entrando nell’occhio, riesce a determinare una produzione di dopamina”. Vengono impiegati anche ausili ottici, come gli occhiali con lenti a defocus periferico, o trattamento con luce rossa.
Il ruolo di pediatri e docenti, accanto agli oculisti
“Oggi siamo più propensi ad essere proattivi nei confronti della miopia”. Non a caso nel 2021 il World Council of Optometry ha proposto un cambio di paradigma nel trattamento della miopia, con il passaggio da una gestione passiva a una attiva: la semplice correzione del difetto visivo non viene più considerata sufficiente, ma si ritiene siano necessari l’identificazione precoce e l’intervento per prevenire o ritardare l'insorgenza della miopia o per rallentarne la progressione.
In questo contesto il pediatra ha un ruolo molto importante, secondo Nucci, perché nella presa in carico di bambini e bambine considera anche la capacità visiva e la salute degli occhi. Alleati importanti sono pure i docenti che, soprattutto nelle scuole primarie, prestano attenzione alle abilità di lettura e scrittura e dunque possono accorgersi di eventuali difficoltà visive. “In generale, un bambino all’età di 3 anni dovrebbe essere sottoposto alla prima visita oculistica, successivamente nella prima scolarità verso i 6-7 anni, e all'accesso alle scuole medie: questi tre controlli costituiscono una garanzia e i genitori devono tener presente che andare dall’oculista serve a fare prevenzione”.