SOCIETÀ
Il mondo salvato dai ragazzini. Le sardine e il rapporto con la politica
Immagine di Nicola Gobbi
“Cari populisti, lo avete capito. La festa è finita.”
Così si legge nel manifesto informale del movimento, pubblicato nella pagina Facebook delle “6000 Sardine” pochi giorni dopo la loro prima mobilitazione. È dai social, infatti, che questo movimento si è originato, ed è su queste piattaforme che ha ottenuto un incredibile riscontro da parte della gente comune.
Tutto nasce dall’idea di quattro trentenni – Andrea, Giulia, Mattia e Roberto – che, di fronte alle provocazioni di Matteo Salvini, che annunciava di voler conquistare, alle prossime elezioni regionali, la “rossa” Emilia Romagna, decidono di organizzare un flashmob che si svolga in contemporanea al comizio elettorale del leader della Lega, il 14 novembre a Bologna. Lanciano l’evento su Facebook, chiedendo una partecipazione di almeno 6.000 persone, per mostrare di avere più sostenitori di Salvini (la cui manifestazione si sarebbe svolta in una piazza che non poteva contenere più di 5.570 persone). Il successo che ottengono è enorme, ed inaspettato: in piazza, quel giorno, scendono almeno 12.000 persone.
Da quel momento il flashmob, ormai divenuto vera e propria mobilitazione civile, si ripete in molte piazze italiane. Ad un mese dal loro debutto, le Sardine sbarcano a Roma, conquistandola: il 14 dicembre piazza San Giovanni è gremita, i dati ufficiali parlano di 40.000 persone.
L’entusiasmo con cui i cittadini accolgono l’invito a manifestare sembra suggerire che le Sardine stiano finalmente offrendo una ventata di speranza, una nuova possibilità di partecipazione attiva alla democrazia, dalla quale molti, da tempo, si dicono delusi. L’obiettivo con cui il movimento nasce, difatti, è proprio questo: dare nuova linfa alla “Politica con la P maiuscola”, in opposizione al populismo, al sovranismo, alla retorica dell’odio che in questi anni domina – in Italia e non solo – il dibattito pubblico.
Le Sardine nascono prive di un’identità partitica, e in questi mesi di inatteso successo hanno rivendicato spesso tale caratteristica: il loro scopo non è porsi come (ennesimo) soggetto politico, ma dar voce alla società civile, a tutti coloro che nelle beghe della politica – quella con la p minuscola – non si riconoscono più. Le piazze delle Sardine sono festose, colorate, animate da pochi e ben precisi valori: il rifiuto della violenza (fisica e verbale), il rispetto, l’empatia, l’umanità. Seppur nate in aperta opposizione al personaggio di Salvini e al suo tipo di politica, il loro obiettivo polemico è, più in generale, un certo modo di condurre il dibattito pubblico: quello in cui si fa leva non sulle idee, ma sulla retorica; non sulla speranza, ma sulla paura; non sulla condivisione, ma sull’esclusione. Il movimento, al contrario, promuove la partecipazione dal basso e la condivisione di princìpi e di idee: è spontaneo, auto-organizzato, e raccoglie consensi soprattutto tra le giovani generazioni, la cui voce spesso non viene ascoltata dalla politica ufficiale.
La sorprendente popolarità di questo nuovo genere di mobilitazione ha catturato l’attenzione di analisti da ogni parte del mondo: non è solo in Italia, infatti, che si stanno diffondendo i toni dell’odio e della paura, e la risposta delle Sardine, pacifica e partecipata, è una promettente reazione a questo preoccupante fenomeno. Anche il Guardian, tra gli altri, ha dedicato attente analisi alla “rivoluzione ittica” che sta andando in scena nelle piazze italiane: non solo, infatti, si ritiene che essa possa modificare il panorama politico nazionale – alcuni credono che le Sardine siano destinate a strutturarsi come partito, andando a colmare il grande vuoto di protagonisti che affligge la Sinistra –, ma che possa costituire un modello per altre mobilitazioni dal basso in Paesi, come ad esempio l’Inghilterra, dove la situazione politica è analogamente tesa ed instabile.
Le Sardine sono speranzose e propositive: la sfida, ora, consiste nel riuscire a rinnovarsi pur mantenendo la propria identità. Molti partecipanti, infatti, credono che scendere in campo sotto una specifica bandiera, o addirittura come nuovo partito, costituirebbe un tradimento dei valori che hanno animato le piazze sorte spontaneamente, in questi mesi, in tutta Italia.
Tuttavia, le aspettative sono alte: come ci racconta Anna Tesi, la giovanissima referente delle Sardine per la città di Rovigo e studentessa di giurisprudenza all’Università di Padova, "la forza di questo movimento è nell’aver restituito alla gente comune la speranza: la politica urlata e condotta sulla pelle dei più deboli genera un malessere diffuso, e vedere una manciata di giovani trovare il coraggio di esprimere il proprio dissenso è stata la scintilla che ha dato a molti la forza di manifestare la propria disapprovazione verso un tale modello. È stato bellissimo trovare in piazza, a Rovigo, persone di ogni età – dagli universitari, alle famiglie con bambini, agli anziani –, tutti uniti dal bisogno di partecipare e di dire basta al clima di odio che si respira”.
Da molte parti vi accusano di essere guidati dalla pancia: essendo sorti in opposizione ad una figura specifica e al suo modo di fare politica, si pensa che non possiate avanzare, a vostra volta, proposte concrete.
“Innanzitutto, il fatto di aver dichiarato il nostro dissenso rispetto ai toni dominanti della politica non ci rende immediatamente e soltanto un movimento di contestazione: a quei toni, a quel modello, abbiamo contrapposto una nostra idea di politica, dando inizio ad un processo condiviso di rielaborazione del modo di fare politica che è stato accolto anche nel dibattito pubblico. Ciò che queste critiche sottolineano – il fatto che non abbiamo un programma definito – è in realtà per noi un punto di forza: per stilare delle proposte valide ci vuole tempo, e il movimento è ancora in fase di formazione”.
A tal proposito, si è parlato della prossima organizzazione di “Stati generali” delle Sardine: cosa ti aspetti da questo momento di confronto nazionale?
“Già dopo la manifestazione di Roma si è tenuto un primo raduno nazionale, in cui ci siamo divisi in tavoli territoriali e abbiamo fatto il punto della situazione. Ora si tratta di capire come evolverci dopo le elezioni in Emilia Romagna – che saranno un primo punto di svolta – e come inserirci nel panorama politico italiano. Il nostro obiettivo primario rimane l’attività locale sul territorio, la sensibilizzazione dei cittadini e l’amplificazione delle loro istanze.
Diventare un movimento politico strutturato non è quel che ci auguriamo: perderemmo la nostra essenza, la spontaneità che ci ha contraddistinto fin dall’inizio. Puntiamo, piuttosto, a modificare la percezione che si ha comunemente del concetto di “politica”: fare politica, agire per il bene pubblico, è la cosa migliore che un individuo possa fare, insegna a pensare diversamente e permette di partecipare in modo attivo alla vita collettiva. Bisogna rivitalizzare questo significato della politica, per cui ogni cittadino è protagonista, e colmare la distanza, ormai sempre più ampia, dalla politica delle poltrone”.
L'inno delle sardine, cantato da MaLaVoglia