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Quando pensiamo all’Italia, alle sue infrastrutture per lo scambio di merci è inevitabile che il pensiero vada alle ferrovie e ai trafori che vanno verso oltr’Alpe, ma in un penisola come la nostra, con tre lati su quattro affacciati sul mare, è ben chiara anche l’importanza dei porti. Lo è dal punto di vista logistico, lo è dal punto di vista infrastrutturale ma lo è non solo per l’economia legale. La criminalità organizzata infatti ha necessità di spostare “merci” ed anche per le varie mafie questi sono di fondamentale importanza. Lo sappiamo già dal 1976, quando per la prima volta in un documento finale della Commissione Parlamentare Antimafia (CPA) si rintracciano i primi richiami alla centralità dei porti per l’operato di Cosa nostra. ne abbiamo ora nuova conferma da un report pubblicato da Libera, l’associazione fondata da Don Ciotti, ed intitolato “Diario di Bordo. Storie,dati e meccanismi delle proiezioni criminali nei porti italiani”.
Gli scali marittimi italiani vedono tutte le mafie attive, da Cosa nostra, alla ‘ndrangheta passando per la camorra e le mafie straniere. I porti per la criminalità organizzata sono una grande opportunità per cercare di incrementare i propri profitti e per rafforzare le collusioni.
Analizzando i dati provenienti dalla rassegna stampa Assoporti, dalle relazioni della Commissione Parlamentare Antimafia, della DIA, della DNAA, dell’Agenzia delle Dogane e della Guardia di Finanzia, Libera ha riscontrato che nel corso del 2022 all’interno dei porti italiani si sono registrati 140 casi di criminalità. Significa circa un episodio ogni 3 giorni, avvenuto in 29 diversi porti, di cui 23 di rilievo nazionale.
Di tutti questi 140 casi, l’85,7% riguarda attività illegali di importazione di merce o prodotti, il 7,9% riguardano attività illegali di esportazione di merce o di prodotti, il 2,9% riguarda sequestri di merce in transito, mentre il restante è relativo ad altri fenomeni illeciti non classificabili. C’è poi il dato forse più interessante di tutti, cioè la merce trasportata attraverso i porti. Il traffico di stupefacenti non è al primo posto anche se riguarda il 23,2% dei casi. Per il 49,3% dei casi mappati invece è presente il traffico di merce contraffatta, seguita poi dal contrabbando con l’11,6% e, in misura marginale da a illeciti valutari (5,8%) e dal traffico illecito di rifiuti (2,9%).
Sono dati, quelli pubblicati da Libera, che fanno capire come dal 2006 al 2022 sia stato oggetto di interesse della criminalità organizzata più di un porto italiano su sette. In tutto, analizzando le relazioni della Direzione Nazionale Antimafia e della Direzione Investigativa Antimafia,pubblicate tra il 2006 e il 2022 vediamo come siano stati almeno 54 i porti italiani che sono stati oggetto di proiezioni criminali, con la partecipazione di almeno 66 diversi clan.
Un fenomeno questo, che ha investito tutto il Paese, da Nord a Sud. Il maggior numero di casi di criminalità nel 2022, sono stati individuati nel Porto di Ancona (15 casi), seguito da quello di Genova con 14 casi e Napoli e Palermo con 11.
Le mani della 'ndrangheta sui porti italiani
Come abbiamo già detto, tutte le mafie sono presenti in questo report, anche se è la ‘ndrangheta a farla da padrona. Come si legge nel report “su 66 clan ben 41 sono gruppi ‘ndranghetisti che operano in diversi mercati illeciti: traffico di rifiuti, traffico di armi, contrabbando sigarette e TLE, traffico di prodotti contraffatti, estorsioni e usura, e soprattutto traffico di stupefacenti. Le proiezioni della ‘ndrangheta sembrano manifestarsi sia nei piccoli porti calabresi (Amantea, Badolato, Cetraro, Corigliano Calabro, Isola di Capo Rizzuto, Tropea, Crotone), sia nell’importante hub di Gioia Tauro. Le attività illecite, però, superano i confini regionali e coinvolgono altri porti del Sud Italia (Napoli e Salerno), del Centro Italia (come Livorno) e del Nord-Est (Venezia e Trieste)”.
Anche se il traffico di sostanze stupefacenti non ha rappresentato la percentuale maggiore, è bene vedere come questo non sia affatto irrilevante nelle azioni di polizia europee. Nel 2020 infatti sono stati realizzati 520 sequestri di cocaina, segnalati da 12 Stati Membri dell’UE (Belgio, Bulgaria, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Italia, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Spagna) e da 3 Paesi al di fuori dell’UE (Russia, Ucraina, Regno Unito)”.
L’entità della cocaina sequestrata è stata di 282 tonnellate, scoperta in 75 porti diversi. 301 sequestri, per un totale di 171 tonnellate sono stati fatti in 35 porti dell’Unione Europea, 11 sequestri (2 tonnellate) in 6 porti di Paesi extra UE, 206 sequestri (108 tonnellate) in 32 porti dell’America Latina, 1 sequestro (0,5 tonnellate) in un porto dell’Africa e 1 sequestro (0,5 tonnellate) in un porto del Nord America.
Tornando all’Italia invece c’è un dato che riguarda il porto di Venezia. I traffici illegali ad opera delle organizzazioni criminali, mafiose e non, in questo caso riguardano non solo l’importazione di sostanze stupefacenti ma anche di prodotti contraffatti, in particolar modo riguardanti il settore del tessile e degli accessori per la casa. È un dato interessante che fa capire come le mafie diversifichino il loro business.