Traffico a New Delhi. Foto: Reuters
In India l’inquinamento atmosferico è un problema serio. La concentrazione di PM2.5 nell’aria è in media 5 volte superiore alla raccomandazione di esposizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (pari a 10 μg/mc, microgrammi per metro cubo di aria analizzata). Secondo i dati raccolti da IQAir, azienda svizzera che stila il World Air Quality Report, ogni anno oltre 2 milioni di indiani perdono la vita per cause collegate all’inquinamento atmosferico. E da tre anni New Delhi è in cima alla classifica delle capitali più inquinate del pianeta. Il governo indiano ha quindi pensato di correre ai ripari. Non intervenendo alla radice del problema, dunque tentando di diminuire le emissioni, ma installando due “Smog Towers”, alte 24 metri, ciascuna con ventiquattro giganteschi ventilatori in grado di filtrare l’aria e restituirla “pulita” in un raggio di un chilometro quadrato. La prima a Connaught Place, un elegante quartiere commerciale della capitale, è stata inaugurata con tutti i crismi lunedì scorso dal premier indiano Arvind Kejriwal, ma sarà attivata soltanto alla fine di settembre, al termine della stagione dei monsoni, quando lo smog, verosimilmente, tornerà a oscurare. L’altra è stata piazzata ad Anand-Vihar, una delle zone più inquinate della periferia, a circa 10 km dal centro di Delhi, e dovrebbe entrare in funzione già alla fine d’agosto.
Aria più pulita del 70%
Si tratta comunque di un progetto pilota, per stessa ammissione del governo: se i risultati saranno soddisfacenti almeno altre dieci torri saranno installate in altre città del paese (dove le emergenze non mancano: nel 2020 erano in India 35 delle 50 città più inquinate del mondo, da Ghaziabad a Kanpur, da Noida a Gurugram, ma anche a Mumbai), per un costo che si aggira attorno ai 2,7 milioni di dollari. Accanto alle Smog Towers di Delhi sono state istituite due centrali di controllo, gestite dall’Indian Institute of Technology Bombay (l’Università pubblica di Mumbay) in collaborazione con l’IIT di Delhi, che dovrà monitorare, sotto il controllo del Central Pollution Control Board indiano, i risultati del filtraggio. Un funzionario del governo ha dichiarato al quotidiano The Times of India che il sistema dovrebbe garantire la purificazione di mille metri cubi di aria al secondo, con una riduzione del PM2.5 del 70% (sempre nel raggio di un chilometro quadrato). Ciascuna torre sarà dotata di 5mila filtri dell’aria, sviluppati dall’Università del Minnesota, già coinvolta nella progettazione di un’analoga Torre, alta però 60 metri, installata nel 2018 a Xian, in Cina. Un progetto, quest’ultimo, che ha dato risultati modesti, con una riduzione del PM2.5 del 15% a ridosso dell’impianto.
Perplessità e polemiche, anche aspre, hanno accompagnato l’inaugurazione delle Smog Towers, nonostante l’enfasi espressa dal governo nell’inaugurarle, alla disperata ricerca di una soluzione del problema. «Oggi è un grande giorno per Delhi nella sua lotta per l’aria pulita contro l’inquinamento», ha detto il primo ministro Arvind Kejriwal a Connaught Place. «Analizzeremo i dati e, se saranno efficaci, verranno costruite altre torri». Il governo, in realtà, non ha fatto altro che eseguire una disposizione della Corte Suprema indiana che nel 2019, nell’occuparsi di un’emergenza dovuta allo smog provocato da un surplus di stoppie bruciate negli stati del Punjab e Uttar Pradesh, aveva ordinato al Central Pollution Control Board (CPCB) e al governo di Delhi di elaborare un piano per installare torri anti-smog per combattere l’inquinamento atmosferico. Il progetto pilota, con le torri di Delhi, doveva essere ultimato lo scorso aprile, ma la pandemia ha poi rallentato il termine dei lavori. Stazioni di monitoraggio saranno installate a progressive distanze dalla torre proprio per valutare le differenze dei risultati. «Il progetto – hanno comunque spiegato i tecnici - mira a fornire aria purificata in un’area localizzata».
Una strada affollata di New Delhi. Foto: Reuters
«Un progetto inutile e costoso»
Da un punto di vista tecnico, come ha spiegato Anwar Ali Khan, ingegnere del Delhi Pollution Control Committee, responsabile del progetto, «la torre utilizza un sistema di pulizia dell’aria verso il basso», chiamato downdraft. Vale a dire che l’aria inquinata viene aspirata dalla cima della torre (24 metri in tutto: un pilastro di cemento di 18 metri, sormontato da una tettoia alta 6 metri), poi filtrata (intrappolando le micro particelle) e infine rilasciata dai mega-ventilatori, 10 per ciascun lato, posti su di un’ampia base, a dieci metri di altezza dal suolo. Un metodo opposto rispetto a quello utilizzato in Cina, dove l’aria viene assorbita in basso, riscaldata, filtrata e infine rilasciata dall’alto. «Tutto questo è inutile, uno spreco assoluto», è il parere di Karthik Ganesan, del Council on Energy, Environment and Water (CEEW), un istituto di ricerca senza fini di lucro con sede a Delhi. «Ormai i soldi dei contribuenti sono stati spesi, ma speriamo che l’esperimento di Delhi garantisca che nessun’altra città spenda, per idee del genere, cifre che non possiamo permetterci».
E la sua non è l’unica voce critica. Tanushree Ganguly, responsabile del programma presso il CEEW, sostiene: «Non ci sono prove scientifiche, nemmeno a livello globale, a sostegno del fatto che le Smog Towers possano filtrare con efficacia l’aria esterna. Potrebbero alleviare il problema in una piccola area, ma si tratta di una misura molto costosa e senza alcuna garanzia sul lungo termine». Mentre Santosh Harish, del Centre for Policy Research, istituto di ricerca in scienze sociali, sostiene che le Torri «sono un’enorme distrazione da quello che dovrebbe essere l’obiettivo dei governi: ridurre le emissioni inquinanti». Secondo una recente indagine condotta da IQAir, oltre il 50% dell’inquinamento in India proviene dalla produzione industriale, dai fumi di scarico prodotti dalle fabbriche, seguito dal 27% dai veicoli a motore, dal 17% dalla combustione dei raccolti e dal 7% dalla cucina domestica. C’è perfino una legge che vieta l’utilizzo dei generatori diesel, ma nessuno la rispetta. «Dovremmo affrontare le cause profonde dell’inquinamento atmosferico», commenta l’ambientalista Harjeet Singh. «Ossia promuovere il trasporto pubblico verde, adottare migliori pratiche di gestione dei rifiuti e passare alle energie rinnovabili», oltre all’auspicabile chiusura delle centrali a carbone (mentre invece ne stanno costruendo di nuove). Vikram Singh, del Dipartimento di Ingegneria Chimica dell’Indian Institute of Technology Delhi (dunque l’ente direttamente coinvolto nella gestione del progetto, ha scritto con chiarezza il suo pensiero: «In periodi di stress, c’è spesso un forte desiderio, sia sociale che politico, di cercare soluzioni per soddisfare la percezione del pubblico, non la buona scienza. Il metodo delle Torri, efficace per la pulizia degli interni, rientra in questo ambito. La pulizia dell’aria all’aperto, su scala di una città o di qualsiasi comunità, è invece impossibile a causa dell'inquinamento atmosferico, con il continuo rifornimento di aria inquinata dallo strato limite e dalle regioni limitrofe, cioè da entrambe le direzioni, verticale e laterale». Secondo l'OMS, circa sette milioni di morti sono causati ogni anno, in tutto il mondo, dall'inquinamento atmosferico.