CULTURA

La nuova (promettente) generazione di scrittori sudamericani

La «letteratura latinoamericana» non esiste. È una semplificazione, un abbaglio dovuto alle necessità di marketing ai tempi del boom di García Márquez e Vargas Llosa, alla pigrizia di molti critici letterari europei e nordamericani, al nostro desiderio di incasellare un intero continente, perché, trattandosi di un universo fin troppo rigoglioso, dove fioriscono grandi contraddizioni e differenze, con 21 paesi diversissimi tra loro, è più facile ricorrere ai luoghi comuni piuttosto che capirlo davvero, è più facile fare dell’esotismo e accomunare ciò che è diverso. Nessuno parlerebbe di «letteratura europea» mettendo insieme, che so, uno scrittore greco e uno estone. E invece nell’America latina…

Certo, ci sarebbe la lingua, lo spagnolo, a legare quegli scrittori, dando vita a quella che Carlos Fuentes ha chiamato la «letteratura della Mancha».

Bellissima e suggestiva definizione, che tuttavia trascura i brasiliani ed è costretta a includere anche gli scrittori che scrivono in spagnolo ma sono nati in Spagna e non nel Nuovo Continente. Questa definizione, inoltre, non tiene conto del fatto che, più che di lingua spagnola, sarebbe più appropriato parlare di «lingue spagnole», vista la grande differenza delle diverse parlate nazionali. Infine, ci sarebbe il problema che alcuni di questi autori, come Daniel Alarcón o Junot Díaz, scrivono addirittura in inglese.

Insomma, comunque la si rigiri, parlare oggi di «letteratura latinoamericana» è sempre più difficile. Anche perché i successori cosmopoliti della generazione del boom hanno giustamente deciso che in letteratura la loro tradizione è quella di tutto il mondo, che sono stufi (ancor più di Cortázar o di Vargas Llosa)  di dover raccontare di banani e mangrovie e multinazionali cattive anche se vivono nello smog e nel traffico di Buenos Aires, di Città del Messico, di Madrid, di New York o di Parigi.

Precisato tutto ciò, possiamo porci la domanda: c’è vita oggi nella letteratura tra il Río Bravo e Ushuaia?

A prescindere dagli alti e bassi delle mode letterarie, dopo la generazione del boom e dopo quella dei Taibo, Sepúlveda, Padura e compagnia cantante, ci sono oggi scrittori e scrittrici che valga assolutamente la pena leggere? Risposta, secca: altroché. Perché la narrativa vive ed è vigorosa nei luoghi ancora attraversati da vere tensioni culturali, sociali, politiche, a volte anche tragiche. E dal Messico alla Colombia, dal Venezuela alla Bolivia, dal Brasile al Cile e all’Argentina, questi ultimi anni non sono certamente stati privi di convulsioni politiche, emergenze sociali, bruschi e contestati cambiamenti di governo, proteste di piazza, manovre autoritarie, esperimenti «progressisti», migrazioni, violenze.

Così, molti dei nuovi autori e delle nuove autrici sono lì a raccontarceli, pur facendo completamente parte del mondo globalizzato in cui ormai noi occidentali viviamo, e perfino quando sembra che si occupino d’altro. Perciò il panorama attuale della cosiddetta «letteratura latinoamericana» è ricchissimo e variegato, con interessi, stili, tendenze diversissimi che toccherà ai lettori selezionare e scegliere secondo i propri gusti personali.

Dice: vabbè, ma fai dei nomi. Li farò, d’accordo, ma scusandomi in anticipo per quelli che inevitabilmente dimenticherò. E diciamo che citerò autori e autrici di meno di cinquant’anni già tradotti in italiano, tralasciando perciò quelli che hanno superato da poco quella soglia, come, fra gli altri, il boliviano Edmundo Paz Soldán, i colombiani Juan Gabriel Vásquez e Santiago Gamboa, il messicano Jorge Volpi (del quale sta per uscire da Bompiani Un romanzo messicano) o i brasiliani Adriana Lisboa e Luiz Ruffato, già abbastanza noti in Italia.

E dunque. Cominciamo dal Nord, dal Messico, dove spiccano i nomi di Laia Jufresa, pubblicata da Sur, e quelli di Emiliano Monge, Valeria Luiselli e Guadalupe Nettel (il cui ultimo romanzo, La figlia unica, ha già avuto in Italia molte ristampe), tutti editi da La Nuova Frontiera. Segnalo, inoltre, la giovanissima Aura Xilonen, pubblicata da Rizzoli, appena venticinquenne ma padrona di una lingua inventiva e originalissima nell’affrontare il tema delle migrazioni negli Stati Uniti.

Un po’ più a sud c’è la venezuelana Karina Sainz Borgo, che da Madrid, dove vive da anni, ha scritto con Una notte a Caracas (Einaudi) un ritratto impietoso del proprio paese. Ancora più a sud, per il Cile, è interessante leggere Alejandro Zambra, dalla scrittura (apparentemente) minimalista, pubblicato da Mondadori, Sellerio e Sur, e soprattutto Nona Fernández, romanziera, attrice e autrice teatrale, le cui opere, tutte meravigliose, sono pubblicate da Gran Vía. Boliviano è invece Rodrigo Hasbún, che ha pubblicato per Sur Gli anni invisibili e Andarsene. E infine, l’Argentina, terra da sempre prodiga di grandi talenti letterari. Qui in Italia possiamo trovare le opere di Federico Falco (pubblicato da Sur), di Raquel Robles (il cui magnifico Piccoli combattenti è edito da Guanda), di Samanta Schweblin (Rizzoli e Sur), di Patricio Pron (Gran Vía) e di Andrés Neuman, appena quarantaquattrenne ma con una lunga e intensa bibliografia, pubblicata in Italia da Sur, Einaudi e Ponte alle Grazie.

Sono tutti quelli meritevoli di essere letti? No, ovviamente. Ne mancano tanti altri, e ancora di più sono gli scrittori e le scrittrici giovani e meno giovani finora mai tradotti nella nostra lingua. Ma, se volete, cominciate da questi e non ve ne pentirete. 

Un’ultima annotazione: non vi sarà sfuggito che i nomi che ho citato sono in grande maggioranza nomi di donne. Se fossi un critico, e non lo sono assolutamente, dovrei fornire qualche spiegazione sociologico-letteraria sul perché di questa predominanza femminile. Ma non ne ho la più pallida idea. So solo che si tratta di bravissime scrittrici. E non posso che essere contento che il loro lavoro stia finalmente avendo i riconoscimenti internazionali che indubbiamente merita.

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012