Una manifestazione di protesta contro le Olimpiadi in Giappone. Foto: Reuters
Tra poco meno di un mese (23 luglio) è prevista la cerimonia inaugurale dei Giochi Olimpici di Tokyo, già rinviati lo scorso anno a causa della pandemia. Ma in Giappone non c’è alcuna traccia di attesa e di entusiasmo, nessun fermento per l’arrivo delle squadre (207 nazioni invitate, esclusa soltanto la Russia, deferita nel 2019 perché non impeccabile, diciamo così, nei controlli antidoping) e per l’organizzazione delle attività agonistiche. Con un’offerta mai così ricca nella storia dei Cinque Cerchi (33 sport, 50 discipline, 339 eventi sportivi ospitati in 42 differenti location), compreso il ritorno di baseball e softball e l’esordio assoluto per karate, surf, arrampicata sportiva e skateboard, oltre alla nuova disciplina del basket “3 contro 3”. Diecimila, grossomodo, gli atleti che saranno ospitati nel Villaggio Olimpico (ma con accompagnatori, staff e giornalisti la cifra arriva a 80mila): e nella testa di ognuno di loro c’è già oggi il sogno di conquistare una medaglia. Insomma, sportivamente parlando ci sarebbe da fremere nel contare i minuti che ci separano dal via della trentaduesima edizione delle Olimpiadi. Invece no: più si avvicina la cerimonia inaugurale, più aumentano tensioni e preoccupazioni, legate soprattutto alla diffusione del coronavirus, che a ondate (siamo alla fine della quarta, con picchi che a metà maggio hanno riguardato proprio Tokyo e Osaka) continua a minacciare la tenuta del Paese. Mentre cresce a dismisura il movimento di chi chiede un ulteriore rinvio dei Giochi: uno degli ultimi sondaggi, secondo quanto riporta Japan Times, rivela che addirittura l’86% dei giapponesi teme una ripresa dei casi di Covid-19 legata alla disputa delle Olimpiadi. Il 40% sostiene che dovrebbero svolgersi senza spettatori, mentre il 30,8% ritiene che dovrebbero essere semplicemente annullati. «Le Olimpiadi previste nel 1940 a Tokyo furono cancellate per motivi bellici. Anche ora siamo in guerra contro il virus, come ha detto anche il segretario generale dell’Onu, e siamo invitati a esercitare la nostra umana ragione per sospendere le Olimpiadi», sostengono i medici, preoccupati anche della “tenuta” del sistema sanitario, ulteriormente provato dal previsto spostamento, come “volontari olimpici”, di diecimila infermieri. «Non possiamo rinviare ancora» ha dichiarato invece Seiko Hashimoto, ex ciclista e pattinatore, presidente del comitato organizzatore di Tokyo 2020. «Promettiamo a tutti gli atleti che difenderemo e proteggeremo la loro salute». Anche il premier giapponese Yoshihide Suga, leader del Partito Liberal Democratico, è apparso determinato a proseguire nell’organizzazione di Olimpiadi e Paralimpiadi (dal 24 agosto al 5 settembre), soprattutto perché dal successo o meno dei Giochi dipende molto del suo futuro politico.
Gli atleti in una “bolla”
Insomma, una scommessa. Che però si gioca non soltanto sull’evento sportivo, ma sulla salute dei giapponesi e delle delegazioni che parteciperanno alle Olimpiadi. Il primo ministro Suga, che la scorsa settimana ha partecipato al vertice del G7 a Carbis Bay, ha incassato il sostegno del presidente americano Joe Biden alla prosecuzione dell’organizzazione dei Giochi, «a patto però che siano garantite tutte le misure necessarie per proteggere la salute di atleti, personale e spettatori». E il comitato organizzatore s’è immediatamente adeguato: lunedì scorso ha disposto un limite agli ingressi degli spettatori alle manifestazioni sportive: non più di diecimila sulle tribune (che saranno sceltiattraverso un’estrazione tra tutti coloro che avevano già acquistato il biglietto: gli esclusi saranno rimborsati), e comunque non più del 50% della capienza dell’impianto (gli esperti avevano consigliato di vietare tout court gli ingressi, indicandola come l’opzione “meno rischiosa”: non sono stati ascoltati). Vietata anche la vendita di alcolici. Mercoledì scorso sono arrivate nuove disposizioni: gli spettatori stranieri non potranno assistere agli eventi. I supporter locali non potranno “fare il tifo o sventolare gli asciugamani”. Divieto anche di avvicinare gli atleti, di parlare con loro, di chiedere autografi. Divieto perfino di parlare con altri spettatori, di gridare incitamenti dalle tribune, o di fare qualsiasi gesto d’esultanza, come “darsi il cinque”. E, finito l’evento, tutti dritti a casa.
L’ostinazione del governo e del Comitato Organizzatore si scontra tuttavia con la protesta sempre più massiccia della società civile, capeggiata dalle organizzazioni dei medici. Il mese scorso il dottor Naoto Ueyama, presidente della Japan Doctors Union, ha sostenuto che «è assolutamente sbagliato ospitare, in questo momento, con il virus presente e attivo nel paese, una manifestazione come le Olimpiadi, dove arrivano da oltre 200 paesi più di 80 mila persone tra atleti, staff, dirigenti e giornalisti, oltre ai 120mila volontari giapponesi. In questo modo si rischia – ha proseguito il dottor Ueyama - di provocare un contagio esplosivo nel paese e di generare una nuova variante che potrebbe essere chiamata “Tokyo Olimpic”. Dall’emergere della pandemia di Covid-19 non c'è stato un raduno così pericoloso, con così tante persone provenienti da così tanti paesi del mondo. È molto difficile prevedere a cosa potrebbe portare». Anche secondo un articolo pubblicato a fine maggio dal New England Journal of Medicine, il Comitato Olimpico non avrebbe considerato tutti i rischi legati allo svolgimento dei Giochi: «Riteniamo che la determinazione del CIO a procedere con i Giochi Olimpici non sia basata sulle migliori prove scientifiche».
Ma l’organizzazione non si ferma
Eppure si va avanti. E l’ipotesi di un rinvio appare sempre più remota. Sperando che funzioni l’attuale “semi-lockdown” (in vigore fino all’11 luglio a Tokyo) e che siano sufficienti le indicazioni contenute nel “playbook”, il manuale di comportamento sanitario che gli organizzatori imporranno a tutte le delegazioni. Gli atleti vivranno in una “bolla”, nel Villaggio Olimpico sulla baia di Tokyo, potranno spostarsi soltanto a bordo delle auto messe a disposizione dagli organizzatori (vietati i mezzi pubblici) e soltanto verso i luoghi previsti per gli allenamenti e per le gare. Vietata qualsiasi visita in città, locali, negozi. Vietato perfino cantare (anche gli inni nazionali durante le premiazioni?) e obbligo di indossare mascherine (gare escluse). E test giornalieri per tutti, in due finestre temporali, alle 9 e alle 18: campioni che saranno poi consegnati ai centri medici “attraverso gli ufficiali di collegamento dei comitati olimpici nazionali”. Il risultato sarà comunicato “entro le 12 ore successive”. E in caso di positività, saranno sottoposti a tampone molecolare (PCR) nel Policlinico allestito proprio al Villaggio Olimpico. Per giornalisti e sponsor test ogni 4 giorni. Un impegno colossale per medici e personale tecnico. E chi non si attiene al playbook rischia multe e squalifiche.
Un rigore probabilmente necessario, ma che stride con quanto sta accadendo nella società reale. Con appena l’8% della popolazione giapponese completamente vaccinata e meno del 20% con una sola dose (in Italia, per dire, siamo al 54%), secondo i report forniti giornalmente da Our World in Data. Una lentezza dovuta a diversi fattori: l’approccio alla campagna vaccinale in Giappone è cominciata in ritardo perché affrontata con grande prudenza, con ulteriori test anche successivi alla conclusione della sperimentazione delle aziende produttrici (il vaccino Pfizer è stato approvato soltanto lo scorso febbraio, Astrazeneca e Moderna appena il mese scorso). Per non parlare della diffidenza dei giapponesi a utilizzare farmaci prodotti all’estero (Associated Press ne ha parlato qui). Una campagna vaccinale che soltanto negli ultimi giorni ha avuto un’accelerazione. A maggio meno del 40% dei medici era stato vaccinato.
Il movimento “Cancel Tokyo Olympics”
Per tutto ciò nell’opinione pubblica è passata la percezione, comprensibile, che i Giochi Olimpici avessero una “corsia preferenziale” rispetto ai giapponesi, che la salute degli atleti contasse più di quella della popolazione. E sono cominciate le proteste, numerose, rumorose, plateali. Il 23 giugno, a un mese esatto dalla cerimonia inaugurale, centinaia di persone sono scese in piazza a Tokyo per manifestare, sotto la sede del Comitato Olimpico, brandendo cartelli con la scritta “Cancel the Tokyo Olympics”. Ma cancellare i Giochi avrebbe un costo enorme sulle finanze (e sulla reputazione) del Giappone, terza economia mondiale, ma drammaticamente provata lo scorso anno dall’impatto della pandemia (con un calo del 27,8% del Pil). E sono molti gli economisti che temono un ulteriore rallentamento della ripresa se le Olimpiadi dovessero provocare un nuovo focolaio d’infezioni. Una corrispondenza di Al Jazeerariporta il parere di Takahide Kiuchi, economista del Nomura Research Institute, in passato consulente della Bank of Japan: «I Giochi Olimpici potrebbero essere un catalizzatore di un altro round di espansione di quella diffusione del coronavirus. Questo impatto negativo sull'economia potrebbe essere enorme». L’economista ha poi stimato che i tre precedenti lockdown in Giappone siano costati rispettivamente 58, 57 e 29 miliardi di dollari. E una nuova chiusura potrebbe far precipitare in negativo anche i conti del 2021. Cifre drammatiche, che messe a confronto con le potenziali entrate generate dalle Olimpiadi (calcolate tra i 15 e i 16,5 miliardi di dollari, soprattutto da sponsor e diritti tv che premono con tutte le loro forze perché si vada avanti) evidenziano la sproporzione della posta in gioco. «Il potenziale costo finanziario di andare avanti con i Giochi sminuisce i potenziali benefici», ha concluso Takahide Kiuchi. Gli organizzatori dei Giochi hanno già sforato, e di molto, il budget iniziale: da 7,5 miliardi di dollari si è passati a oltre 15. Con ogni probabilità il costo finale di questa Olimpiade si chiuderà attorno ai 20 miliardi.
Così il Giappone si scopre improvvisamente fragile e lacerato, insicuro e spaventato. Piegato da una pandemia che il governo non è riuscito ad affrontare con la dovuta reattività. Governo che tra l’altro sta scivolando sempre più giù nei sondaggi, con un tasso di gradimento per il premier Suga che oscilla tra il 30 e il 33%, mentre due giapponesi su tre ritengono l’esecutivo responsabile per la lentezza della campagna vaccinale rispetto a tutti gli altri paesi industrializzati. Mentre sembra sempre più probabile che il premier giapponese avrebbe intenzione di convocare elezioni anticipate subito dopo la fine dei Giochi Paralimpici, a settembre. Un ulteriore rischio per Yoshihide Suga, che spera di poter capitalizzare alle urne un successo (sanitario, organizzativo, sportivo), ma a patto che tutto vada per il meglio. Ed è questa la x, l’enorme incognita della trentaduesima Olimpiade: si tratta comunque di Giochi, ma questa volta vedremo di sicuro qualche sorriso in meno.