SCIENZA E RICERCA
Una pioggia di meteoriti è probabilmente la causa della glaciazione più grande di tutti i tempi
Ohoto: Murayama/ Osaka University
Circa 800 milioni di anni fa, la Terra e la Luna sono state bombardate da una violenta pioggia di meteoriti. Una vera e propria grandinata che ha rovesciato sul nostro pianeta e il suo satellite circa 50mila miliardi di tonnellate di asteroidi, dando probabilmente inizio alla glaciazione più grande di tutti i tempi: quella del Cryogeniano. A sostenerlo sulle pagine di Nature Communication è un team di esperti dell’Università giapponese di Osaka, coordinato da Kentaro Terada, che ha studiato attentamente quasi una sessantina di crateri lunari grazie alle immagini riprese dalla sonda SELENE, lanciata dall’Agenzia spaziale giapponese (JAXA) nel 2007.
Esaminare la superficie butterata della Luna è infatti l’unico modo per scavare a fondo nel passato del nostro pianeta e del sistema Terra-Luna. Mentre la Terra, geologicamente attiva, ha camuffato le antichissime tracce dei violenti impatti con gli asteroidi, il nostro satellite geologicamente inerte e praticamente privo di erosione, ne porta ancora le evidenti cicatrici.
In particolare i ricercatori hanno concentrato la loro attenzione sull’età di formazione di 59 grossi crateri lunari, con un diametro maggiore di 20 chilometri. E per studiarli hanno utilizzato le immagini realizzate tra il 2007 e il 2009 dalla Terrain Camera a bordo della sonda lunare SELENE (SELenological ed ENgineering Explorer) poi ribattezzata Kaguya, come la principessa lunare Kaguya Hime protagonista di un racconto popolare giapponese.
Per calcolare l’età di queste “cicatrici” lunari, il team ha sfruttato una tecnica che si chiama crater size-frequency distribution measurement e consente di stimare l’età di un cratere principale a partire dalla densità dei crateri più piccoli – dal diametro di 100 metri fino a un chilometro – che vi si trovano intorno e che si sono formati per la ricaduta dei materiali schizzati via per l’impatto.
Il gruppo guidato da Kentaro Terada ha cominciato l’analisi da uno dei più grandi e famosi crateri lunari: Copernico, situato all’incirca sull’equatore del nostro satellite, nella parte nord-occidentale della faccia visibile. Con i suoi 93 km di diametro e una corona di 860 altri “piccoli” crateri circostanti, Copernico era il candidato perfetto per iniziare e avere una prima datazione accurata. Applicando poi la stessa tecnica agli altri 58 crateri, gli astronomi si sono accorti che su 59 in totale otto si erano formati contemporaneamente: Copernico più altri sette. Tutti circa 800 milioni di anni fa. E l’unica spiegazione per una tale contemporaneità non può che essere un’improvvisa pioggia di meteoriti, originata dalla frammentazione di un unico enorme asteroide.
I ricercatori dell’università di Osaka hanno quindi cercato di stimare la massa e la taglia di ciascuno dei meteoriti responsabili della formazione dei crateri analizzati e risalire così a quella dell’asteroide “madre”. Stando ai loro calcoli, a dare origine a questa pioggia sarebbe stata la frantumazione di un asteroide del diametro di oltre 100 km e di tipo C, cioè ricco di carbonio. Probabilmente lo stesso asteroide progenitore che avrebbe generato anche altri asteroidi come Eulalia, situato nella fascia principale tra Marte e Giove.
In seguito a questa esplosione, dunque, 800 milioni di anni fa si sarebbero abbattuti sul sistema Terra-Luna circa 50mila miliardi di tonnellate di meteoriti, che avrebbero generato una quantità di fosforo tale da influenzare l’ambiente della superficie terrestre. Quest’evento catastrofico si sarebbe verificato esattamente poco prima dell’inizio del Cryogeniano (circa 720 milioni di anni fa): periodo in cui la Terra fu investita dalla più grande glaciazione di tutti i tempi, con ghiacciai che si estendevano fino all’equatore, tanto da far somigliare il nostro pianeta a una vera e propria palla di neve secondo l’ipotesi della Snowball Earth.
Per fare un paragone, l’impatto di questa vera e propria grandinata sarebbe stato pari allo schianto di un asteroide con un diametro di 30-40 km e una massa pari a circa 30-60 volte quella dell’asteroide che 65,95 milioni di anni fa – alla fine del Cretaceo – ha formato l’antico cratere di impatto Chicxulub, oggi sepolto sotto la penisola dello Yucatán, in Messico, mettendo la parola fine all’era dei dinosauri.
La caduta di meteoriti è un evento possibile, ma raro. A maggior ragione se parliamo di meteoriti come quello che formò Chicxulub, di circa 10-15 km di diametro: la probabilità di fare la fine dei dinosauri è una in 100 milioni di anni. La Terra infatti non è esente da crateri da impatto: ce ne sono almeno 190 elencati nell’Earth Impact Database, per lo più situati nell’emisfero nord del nostro pianeta. Ma la maggior parte di questi sono vecchie “cicatrici” ormai sbiadite: i crateri da impatto creati prima di 600 milioni di anni fa sono stati praticamente cancellati nel corso dei millenni dall’erosione, dal vulcanismo e da altri processi geologici.
Intanto le tracce di quella copiosa “grandinata” di meteoriti, seppur cancellate sulla Terra, restano tutte intorno a noi. Alcuni frammenti sarebbero finiti anche su altri pianeti, sul Sole, o potrebbero essere rimasti in orbita all’interno della cintura di asteroidi tra Marte e Giove come membri della famiglia di Eulalia. Mentre altri ancora potrebbero essere diventati near-Earth asteroids, come Ryugu, studiato recentemente dalla sonda giapponese Hayabusa2. Ulteriori conferme potrebbero arrivare alla fine del 2020, quando la sonda riporterà a terra i campioni prelevati su Ryugu.