La terra, il cielo, i corvi di Teresa Radice e Stefano Turconi (Baopublishing, 2020) ha vinto l’edizione 2021 del Premio Segafredo Zanetti “Città di Asolo” per la sezione film. Si tratta di un riconoscimento assegnato a opere di narrativa italiana adatte a essere trasposte in linguaggio cinematografico che fino ad ora aveva prediletto romanzi veri e propri (Nessuno chiede salvezza di Daniele Mencarelli, Quella metà di noi di Paola Cereda, L’estate muore giovane di Mirko Sabatino, per citare gli ultimi): quest’anno però ha visto vincitrice una graphic novel, un’opera illustrata a fumetti, cioè.
C’è da riflettere, a questo proposito, sotto diversi aspetti. Da un lato infatti, se l’oggetto che si vuole raccontare è idealmente sempre lo stesso (una storia), il modo e il mezzo su cui viene fatto incide non poco nella sua fruizione. Il romanzo da una parte chiede al lettore di immaginare per intero, cioè di visualizzare personaggi, scene, azioni; il film (o l’opera cinematografica in genere) dall’altra, invece, viene fruito dallo spettatore attraverso le immagini prima ancora che con le battute recitate. Se il romanziere è ideatore del soggetto, sceneggiatore, direttore di fotografia e della colonna sonora tutt’insieme, potendosi permettere omissioni o lievi incongruenze (Madame Bovary nel romanzo cambia colore degli occhi) – e il lettore partecipa con lui della creazione ultima dell’immagine visiva –, nel film (o nella serie TV) invece quel che viene visto è dato, è il prodotto di diverse competenze specifiche e marchia inevitabilmente l’immaginazione del fruitore (prova ne sia il fatto che quando si legge un romanzo dopo aver visto il film è pressoché impossibile immaginare i personaggi in modo vergine). Inoltre chi lo scrive, il film, diversamente dal romanziere che può “spiegare” (anche se vale sempre l’adagio “show don’t tell”), viene sfidato dall’impossibilità di dire quel che i personaggi provano o pensano e lo deve rendere in modo sinestesico.
Una graphic novel si trova nel mezzo tra questi due mondi: c’è chi scrive e sceneggia (nel caso di La terra, il cielo, i corvi è Teresa Radice) e chi restituisce la precisa immagine visiva (nel caso di specie Stefano Turconi): i due compiti sono perfettamente complementari eppure sovrapponibili, specie se, come Radice e Turconi, gli autori – coppia nella vita oltre che sul lavoro – si confrontano in itinere sul risultato della loro creatività.L
a terra, il cielo, i corvi, inoltre, costituisce un unicum nella produzione dei due autori, che esordiscono nel fumetto classico, Topolino, e raggiungono la notorietà con Il porto proibito (Baopublishing) in cui raccontano una vicenda di terra e di mare in cui i protagonisti sconfinano continuamente tra più mondi e il lettore è tenuto avvinghiato alla storia per il lirismo delle scene e il ritmo degli accadimenti. Qui, nell’ultima fatica, Radice e Turconi spingono all’estremo le possibilità di questa forma di narrazione: usano la lingua togliendole la sua funzione primaria, cioè la trasmissione del messaggio, e la affidano alle immagini, alla costruzione del racconto, alle inquadrature, ai silenzi. I protagonisti, tre uomini nella steppa che cercano di tornare a casa alla fine della Seconda guerra mondiale sono infatti un italiano, un tedesco e un russo e in queste tre lingue (il cirillico è translitterato) sono scritti i baloon. Moltissime scene addirittura non hanno voce, ma è come se parlassero. È un nostos vero e proprio: un viaggio di ritorno che diventa scoperta di sé, del passato, del presente e del futuro che mostra come, istante per istante, le vite siano in perenne divenire.
E se il legame con il linguaggio cinematografico è evidente, leggendo i lavori di Teresa Radice e Stefano Turconi viene di pensare che questi, soprattutto La terra, il cielo, i corvi, rispettino alla perfezione i dodecaloghi dello scrittore di racconti di Andrés Neuman. Per esempio in quali assunti?
- Il lirismo contenuto crea magia. Il lirismo sfrenato, trucchi
- Nel racconto, un minuto può essere eterno e l’eternità durare lo spazio di un minuto
- L’atmosfera può essere la cosa più memorabile della trama. Lo sguardo, il protagonista
- Narrare è sedurre: non devi soddisfare mai del tutto la curiosità del lettore
- Nella strana casa del racconto i particolari sono i pilastri e l’argomento principale, il tetto
Ma si potrebbe continuare… Abbiamo intervistato Teresa Radice e Stefano Turconi