SOCIETÀ
Rapporto Mal'Aria 2021: l'inquinamento delle città è una questione di salute pubblica
“PM10 in atmosfera: confermato il livello d’allerta rosso”, “Dopo 10 giorni consecutivi di superamento misurato e/o previsto del valore di 50 µg/m3 di PM10 sono previste le seguenti limitazioni:”, “si consiglia di fare attività fisica all’aperto nelle ore centrali del giorno, quando le concentrazioni degli inquinanti atmosferici sono più basse”. No, non sono annunci da un futuro distopico, sono informazioni che in questi giorni si possono leggere in alcuni siti di grandi città della Pianura Padana. La nostra aria, quella che ci permette di vivere, è inquinata, troppo inquinata.
Certo, non è una novità direte voi, ma l’assuefazione ad annunci del genere è la più pericolosa delle azioni. Azioni che, da parte della politica, dovrebbero essere ben più incisive per cercare di ridurre l’inquinamento. Non può un singolo Comune cambiare il mondo ma dare il buon esempio si. I livelli di allerta sono un indicatore fondamentale per capire qual è la situazione che stiamo vivendo e recepirli, per noi cittadini, è importante per essere consapevoli che ciò di cui stiam parlando è la nostra salute. Non è così lontano infatti il momento in cui ci si troverà davanti a limitazioni importanti per cercare di salvaguardare il clima. Per evitare di cadere dalle nuvole quando qualche scampagnata domenicale sarà rovinata da eventuali inevitabili divieti totali di usare un’automobile a combustione, è bene iniziare fin da ora con l’approfondire la tematica e mettere in atto anche piccole quotidiane azioni.
L’inquinamento in atmosfera è mediamente decisamente superiore ai limiti imposti dall’OMS per salvaguardare la nostra salute e la conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, arriva anche dl report Mal’Aria di Legambiente, che evidenzia come in Italia l’emergenza smog resti un problema cronico. “Il 2021 è stato un anno nero - si legge in una nota di Legambiente -, non solo per via della pandemia ancora in corso, ma anche e soprattutto per la qualità d’aria. Su 102 capoluoghi di provincia analizzati, nessuno è riuscito a rispettare tutti e tre i valori limite suggeriti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ossia una media annuale di 15 microgrammi per metro cubo (μg/mc) per il PM10, una media di 5 μg/mc per il PM2.5 e 10 μg/mc per l’N02.
17 Comuni poi, superano più del doppio i valori limiti imposti dall’OMS. Alessandria nel 2021 ha registrato una media annuale di PM10 pari a 33 µg/mc rispetto al limite OMS di 15 µg/mc; Milano 32 µg/mc, Brescia, Lodi, Mantova, Modena e Torino 31 µg/mc.
11 città invece superano di ben quattro volte il valore massimo per quanto riguarda il PM2.5, con le criticità maggiori registrate a Cremona e Venezia.
Il documento prodotto da Legambiente inizia ricordando due importanti fatti accaduti nel 2021. Il primo è stato la pubblicazione nel novembre 2021 delle nuove linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che hanno rivisto al ribasso i valori limite suggeriti delle concentrazioni dei principali inquinanti atmosferici responsabili dell’insorgenza di numerosi problemi sanitari, mentre il secondo è la storica sentenza di condanna nel novembre 2020 da parte della Corte europea di giustizia nei confronti dello Stato italiano (causa 644/18) per quanto riguarda la procedura di infrazione sulle polveri sottili (PM10) registrate in Italia dal 2008 al 2018.
Due notizie importanti che però devono far ragionare ancora di più sul fatto che quando si parla di inquinamento atmosferico, si parla indubbiamente di clima ma ancor più di salute. La pandemia dovrebbe lasciarsi una sensibilità diversa su questi temi, e farci capire che la salute globale è priorità che non dev’essere mai messa in secondo piano.
La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità nel settembre 2021 ha dichiarato che “l'inquinamento atmosferico è il principale fattore di rischio ambientale a livello globale”. Capire con precisione quante sono le morti dovute ad inquinamento atmosferico però non è semplice. La stima dell’OMS dice che sono almeno 7 milioni a livello globale, mentre l’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) parla di circa 400mila morti premature all’anno nei 41 Paesi europei, di cui circa 50mila solo in Italia.
La grandezza, anche se non può essere precisa al dettaglio, fa capire l’importanza di dover abbassare il livello di inquinamento atmosferico. Legambiente ha analizzato i dati delle sue 238 centraline per il monitoraggio dell’aria di 102 città capoluogo di provincia rispetto a tre indicatori diversi: i tre principali inquinanti delle aree urbane che sono le polveri sottili (PM10 e PM2.5) e il biossido di azoto (NO2). 56 centraline distribuite in 31 città, cioè il 24%, hanno riscontrato un superamento per più di 35 giorni della media giornaliera di 50 microgrammi per metro cubo (µg/mc), cioè proprio il limite previsto dalla normativa. Tutti i dati per capoluogo di provincia li potete leggere nella tabella sottostante, dove è chiaro come la percentuale necessaria di riduzione delle concentrazioni, sian esse di PM10, 2m5 o NO2, per salvaguardare la nostra salute sia in larghissima parte a due cifre.