Era il 24 agosto 1926 quando al comune di Venezia vennero annesse le aree di Mestre e Marghera. Pochi anni prima era stata la volta delle isole di Murano, Burano e Pellestrina, introdotte ufficialmente nell'amministrazione di Venezia tra il 1923 e il 1924. Questa decisione porta la firma di Giuseppe Volpi, ministro delle finanze di Mussolini, il quale trasformò in realtà il disegno della “Grande Venezia” che aveva delineato.
La sua intuizione consisteva nell'unificare la Venezia lagunare, luogo per eccellenza di arte, storia e turismo a una Venezia industriale, quella della terraferma, in piena fase di sviluppo ed espansione. Queste due Venezie, secondo il suo piano, dovevano essere legate sia fisicamente, per mezzo di un ponte trans-lagunare, sia amministrativamente, così che la gestione di queste due realtà fosse sempre allineata. Si trattava, insomma, di una mossa pensata per promuovere il turismo a Venezia e far crescere la zona industriale di Marghera, in modo da innescare un meccanismo tale per cui lo sviluppo di una fosse funzionale alla crescita dell'altra.
Da allora, e per tutti questi anni, la situazione è rimasta la stessa. Al momento, infatti, il comune di Venezia è suddiviso in 6 circoscrizioni amministrative, ovvero le “municipalità” di Venezia Murano Burano, Lido Pellestrina, Chirignago Zelarino, Favaro Veneto, Mestre Carpenedo e Marghera. Nel corso degli anni, però, questa situazione è stata più volte contrastata. Sono stati ben quattro i referendum consultivi per separare il centro storico di Venezia e le isole dalle aree urbane della terraferma. I referendum proponevano di staccare le prime due municipalità lagunari dalle altre quattro. Una vera e propria separazione tra la terra e il mare.
Il primo referendum porta la data del 1979, dopo che l'acqua alta aveva raggiunto i 166 centimetri a punta Dogana. I contrari vinsero con il 72% dei voti, e il referendum venne riproposto esattamente 10 anni dopo, in seguito a un concerto dei Pink Floyd che suscitò polemiche e scontento popolare per il modo in cui era stato gestito. La città era stata rovinata e sporcata dall'eccessiva quantità di persone presenti all'evento. Ancora una volta vinsero i no, con il 57,8 dei voti, e la percentuale fu simile (55% i contrari) per quello del 1994. Un ultimo referendum venne indetto nel 2003 quando non venne neanche raggiunto il quorum.
Ebbene, il 1 dicembre 2019 gli abitanti del comune di Venezia torneranno alle urne per il quinto referendum consultivo in 50 anni. Questa volta, le ragioni che spingono a favore del sì sono naturalmente i problemi nella gestione delle emergenze, del Mose e del turismo selvaggio che sta sempre di più consumando la città.
Chi è favorevole alla separazione, infatti, ritiene che questo referendum sia una preziosa opportunità da non sprecare per salvare Venezia dai principali problemi che l'affliggono: le grandi navi, l'acqua alta, e un turismo non sostenibile. Tra loro, lo scrittore Antonio Scurati, ultimo vincitore del Premio Strega, che ha vissuto a Venezia per vent'anni. Secondo questa posizione, Venezia avrebbe bisogno di un'amministrazione speciale che si occupi esclusivamente dei problemi che l'affliggono, trattandosi di un luogo con dei bisogni diversi rispetto a quelli degli altri comuni italiani. La priorità e l'attenzione devono essere rivolte alla gestione del Mose, del turismo e a tutte le altre delicate questioni che vanno affrontate per evitare che Venezia sprofondi in senso letterale e figurato.
Allo stesso tempo, stando ai favorevoli alla separazione, anche Mestre potrebbe beneficiare di un'amministrazione indipendente. Una gestione locale che si occupi esclusivamente del suo contesto cittadino potrebbe aiutarla a crescere autonomamente e a sviluppare una sua personale identità, invece di essere considerata solo una grande periferia di Venezia, e trasformarsi sempre di più in un dormitorio per turisti e lavoratori. Anche Mestre, infatti, ha un suo centro storico che merita di essere conservato e valorizzato.
Chi è contrario alla separazione tra terra e laguna, invece, è il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro. Allo stesso modo la pensa Massimo Cacciari, intellettuale ed ex sindaco di Venezia, il quale ritiene che suddividere l'area in due comuni diversi non farebbe altro che far aumentare i costi della politica, dovendo ovviamente aumentare il numero di funzionari e uffici. Inoltre, stando al suo parere, non c'è motivo per ritenere che Venezia non otterrebbe gli aiuti di cui ha bisogno nella situazione in cui è ora. Per questo motivo Cacciari ha esplicitamente consigliato ai cittadini di Venezia e Mestre di non andare a votare il 1 dicembre. Questo appello all'astensionismo non esprime soltanto la volontà che la situazione resti così com'è, ma intende anche mandare un messaggio contro chi ancora crede nella possibilità di attuare questa separazione, per segnalare l'inutilità del referendum.
Come reagiranno i cittadini del comune di Venezia? È pur vero che la percentuale dei sì è andata salendo nel corso dei referendum (mentre la percentuale di affluenza alle urne, al contrario, calava) e che la città sta attraversando giorni drammatici e situazioni che portano gli abitanti della laguna a pretendere un cambiamento e una diversa gestione delle emergenze. Bisognerà aspettare il 1 dicembre per scoprire se la speranza di un miglioramento sia riposta, da parte dei più, in un nuovo assetto amministrativo.