Era il 2019 quando ci eravamo chiesti se, per il bene del nostro pianeta, sarebbe stato meglio smettere di prendere l’aereo. La domanda naturalmente era provocatoria ma l’obiettivo era puntare l’attenzione su un settore che all’epoca era responsabile di quasi il 14% delle emissioni di CO2 del comparto trasporti.
Nel frattempo questa percentuale è lievemente diminuita ma soprattutto è stato stravolto il mondo dalla pandemia. Inevitabilmente i dati del 2020, con il calo dei voli nazionali ed internazionali, rischiano di essere fuorvianti, ma ciò che è necessario focalizzare è come l’industria dei trasporti aerei stia cercando di far fronte ad una transizione energetica che, per forza di cose, deve riguardarla.
Consideriamo infatti che prima della crisi dovuta al COVID-19, l'Organizzazione per l'aviazione civile internazionale (ICAO) prevedeva che entro il 2050 le emissioni del trasporto aereo internazionale sarebbero triplicate rispetto al 2015.
L'aviazione poi ha anche un impatto sul clima non solo per quanto riguarda il rilascio della CO2, ma anche attraverso il rilascio di ossidi di azoto, vapore acqueo e particelle di solfato e fuliggine ad alta quota. Insomma il comparto dei trasporti aerei deve necessariamente cambiare e l’obiettivo per raggiungere la neutralità climatica, fissata dal Green Deal europeo, è quello di una riduzione delle emissioni dei trasporti del 90% entro il 2050 (rispetto ai livelli del 1990). Gioco forza che il settore dell’aviazione dovrà essere in prima linea su questo campo.
Rivoluzionare l’intero comparto dei trasporti aerei però potrebbe essere ben più complesso rispetto ad altri, come ad esempio quello automobilistico. Le macchine elettriche infatti sono realtà che a passi da gigante sta diventando di massa, ma per quanto riguarda gli aerei non esiste ancora una reale prospettiva concreta che questi possano a breve trasformarsi. Ci sono progetti interessanti che stanno cercando carburanti alternativi, consapevoli però che ogni singolo Boeing 747-8 per viaggi intercontinentali trasporta 227.600 litri di carburante e ne brucia circa 4 litri al secondo. La strada da fare non è certo un sentiero breve e semplice.
Dei piccoli segnali di cambiamento però ci sono. Esiste una road map europea che vuole portare il tema al centro del dibattito legislativo. Per ora la proposta prevede un meccanismo per fare in modo che le compagnie aeree compensino con crediti internazionali le emissioni di CO2 che superano il livello di riferimento. A causa della pandemia di COVID-19, nel giugno del 2020 il Consiglio dell'ICAO ha deciso che le emissioni del 2019 avrebbero dovuto fungere da riferimento nel periodo 2021-2023 invece della media delle emissioni del periodo 2019-20201. La proposta stessa è ancora aperta ai commenti fino al prossimo 8 novembre ma, come abbiamo capito, anche qui si tratta più di compensare che di rivoluzionare un intero comparto.
Per vedere dei reali e veloci mutamenti però bisogna sperare che l’industria aerea lavori compatta verso quest’unica direzione. Un avvertimento però è arrivato nel gennaio scorso dalla T&E, che ha messo in luce come fissare obiettivi troppo elevati potrebbe essere un boomerang in quanto la mancanza di opzioni sostenibili a breve termine potrebbe spingere l'industria aeronautica a utilizzare più biocarburanti prima che siano disponibili fonti affidabili. Questo comporterebbe un utilizzo di biocarburanti di bassa qualità, come quelli prodotti dall'olio di palma e collegati quindi alla deforestazione.
Allo stesso tempo però la produzione di combustibili sintetici non sembra essere realmente una prospettiva concreta al momento e lo stesso sviluppo di aerei commerciali alimentati a batteria non è fattore risolvibile in brevissimo tempo. Rimane infine la questione dell’idrogeno. In questo caso ci sono dei progetti concreti, come quello di Airbus, che però hanno una scadenza temporale che va al 2035, anno in cui ad esempio nell’Unione Europea dovrebbe scattare il divieto di nuove immatricolazioni di auto alimentate a benzina o diesel.
“ IATA ha approvato una risoluzione per l'industria del trasporto aereo globale per raggiungere l'azzeramento delle emissioni di carbonio entro il 2050
Insomma per ora di concerto c’è un documento uscito dalla 77a assemblea generale annuale dell'International Air Transport Association (IATA), che ha approvato una risoluzione per l'industria del trasporto aereo globale per raggiungere l'azzeramento delle emissioni di carbonio entro il 2050. Un impegno volto ad allineare gli obiettivi con gli accordi di Parigi, per mantenere il riscaldamento globale non superiore a 1,5°C.
Secondo Willie Walsh, Direttore Generale della IATA: “La riconnessione post-COVID-19 sarà su un chiaro percorso verso il net-zero. Con gli sforzi collettivi dell'intera catena del valore e le politiche di sostegno del governo, l'aviazione raggiungerà emissioni nette pari a zero entro il 2050".
Raggiungere l’obiettivo di emissioni zero però abbiamo capito essere una sfida enorme. Sempre la IATA calcola che per poter soddisfare le esigenze dei 10 miliardi di persone che si prevede voleranno nel 2050, in quell'anno devono essere abbattuti almeno 1,8 gigatonnellate di carbonio, che significa un totale di 21,2 gigatonnellate di carbonio in meno da qui al 2050.
Il piano, sempre secondo Walsh, è quello di ridurre le emissioni per il 65% attraverso “carburanti sostenibili”. La IATA punta molto sull’idrogeno che dovrebbe “aiutare”, secondo il direttore generale, ad un altro 13% mentre la restante percentuale per arrivare a emissioni zero dovrebbe avvenire da una nuova e più performante efficienza dei mezzi, “attraverso la cattura e lo stoccaggio del carbonio, per l’11%, e con le compensazioni per l’8%”.
Le parti interessate quindi sono diverse, dalle aziende produttrici di carburante ai governi, dai produttori di aeromobili e motori agli operatori aeroportuali in un connubio che dovrà vedere l’insieme remare tutto dalla stessa parte per una gara che sembra essere contro il tempo.