MONDO SALUTE
In Salute. Terapie digitali, quando il principio attivo è un software
Foto: Adobe Stock
Immaginate di andare dal medico per un disturbo di cui soffrite. Descrivete i sintomi, spiegate da quanto è insorto il malessere, indugiate su altre eventuali patologie che vi interessano. A quel punto lo specialista vi pone qualche ulteriore domanda, vi visita se la situazione lo richiede, vi prescrive gli esami strumentali del caso. Una volta capito di che si tratta definisce il trattamento, che potrebbe comprendere non solo farmaci tradizionali ma anche “terapie digitali”. Se il quadro può sembrare alquanto insolito, questo è ciò che già avviene in alcuni Paesi europei come la Germania, e che tra non molto potrebbe accadere anche in Italia. Ne abbiamo parlato con Eugenio Santoro, responsabile dell’Unità di ricerca in sanità digitale e terapie digitali dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano e membro del Comitato tecnico-scientifico dell’Intergruppo parlamentare Sanità digitale e terapie digitali.
Cosa sono le terapie digitali
Le terapie digitali (o digital therapeutics, DTx) sono interventi terapeutici basati su prove di efficacia e guidati da software per prevenire, gestire o trattare un disturbo o una malattia. Possono essere utilizzate come terapia a sé stante o in combinazione con i trattamenti convenzionali, servendosi di strumenti digitali come dispositivi mobili, app, sensori, realtà virtuale. La prima terapia digitale risale al 2009, è stata sviluppata in Germania e si chiama Deprexis. Si tratta di una piattaforma per il trattamento della depressione, usata negli ospedali tedeschi e svizzeri e rimborsata dalle assicurazioni.
“Si tratta di terapie a tutti gli effetti – spiega Santoro – , sia perché vengono validate dal punto di vista scientifico attraverso sperimentazioni cliniche randomizzate che ne valutano sicurezza ed efficacia, sia perché sono approvate da enti regolatori. Inoltre, sono distribuite sul mercato munite di foglietti illustrativi non molto diversi da quelli che accompagnano i farmaci e che indicano qual è lo schema terapeutico, quali sono le indicazioni e gli eventuali effetti collaterali”. Non hanno nulla a che vedere, dunque, con le semplici applicazioni per il benessere fisico che si possono facilmente scaricare dagli store online, né sono interventi di telemonitoraggio. “Non sono software qualunque – puntualizza Santoro – ma di tipo curativo”.
Intervista completa a Eugenio Santoro, responsabile dell’Unità di ricerca in sanità digitale e terapie digitali, Istituto Mario Negri di Milano. Montaggio di Barbara Paknazar
Quali patologie possono curare
Le DTx commercializzate finora sono state sviluppate principalmente per malattie croniche e neuropsichiatriche che possono essere trattate attraverso un cambiamento comportamentale o degli stili di vita. “Le DTx vengono impiegate prevalentemente per patologie di norma trattate con terapie cognitivo-comportamentali, quindi quelle che afferiscono all'area della salute mentale, a cominciare da ansia e depressione, per passare poi alle patologie croniche come diabete e ipertensione, in cui la modifica degli stili di vita è un aspetto fondamentale. Sono impiegate anche per alcune patologie cardiovascolari, per le dipendenze, specie da fumo, fino ad arrivare alla riabilitazione soprattutto fisica”.
In un articolo pubblicato lo scorso anno, il docente fornisce qualche dato: su 136 studi registrati su ClinicalTrials.gov sulle terapie digitali il 35% riguarda DTx indicate per la salute mentale, il 19% per le malattie croniche, il 13% per le dipendenze e il 9% per i disturbi del sonno.
In Italia, spiega Santoro, sono in fase di studio terapie digitali per trattare l’obesità e l’ipertensione, e si sta lavorando altresì nel campo della riabilitazione e della prevenzione. DTxO, per esempio, è la prima terapia digitale per la gestione dei pazienti affetti da obesità trattati in regime ambulatoriale che ha ottenuto l’autorizzazione alla sperimentazione clinica da parte del ministero della Salute. Il trial clinico Demetra, attualmente in corso, ha lo scopo di valutare la perdita di peso nei pazienti che usano l’applicazione.
CV-Prevital invece è un trial clinico randomizzato controllato, coordinato dal Centro cardiologico Monzino, che vede coinvolti numerosi Irccs della Rete cardiologica italiana: in questo caso l’obiettivo è valutare l'efficacia di una app nella riduzione di specifici fattori di rischio cardiovascolare a breve termine e del verificarsi di eventi vascolari importanti a lungo termine.
LEGGI ANCHE:
Come sono regolamentate le terapie digitali
“In Europa in questo momento le terapie digitali sono inquadrate come dispositivi medici, e questo garantisce il fatto che siano strumenti affidabili e sicuri dal punto di vista clinico”. La normativa di riferimento è il regolamento europeo 2017/745 che richiede che tali strumenti siano non solo sicuri, ma anche clinicamente efficaci.
Nel nostro continente la Germania è il Paese capofila nella regolamentazione e rimborsabilità delle terapie digitali: la nuova legge tedesca sulla sanità digitale, Digital Healthcare Act-DVG, approvata a novembre 2019, prevede un percorso di valutazione delle DTx (fast track) che ne dimostri la sicurezza, la protezione dei dati, la funzionalità e i benefici per la salute. Se tutti i criteri risultano soddisfatti il dispositivo viene iscritto in un registro (Diga verzeichnis) che ne riassume le caratteristiche: a quel punto la terapia digitale può essere prescritta dal medico e rimborsata dalle assicurazioni sanitarie. Oggi ne è disponibile già più di qualche decina.
Sulla stessa direzione si sta muovendo la Francia che nel marzo del 2023 ha definito criteri di valutazione e rimborsabilità per i dispositivi medici digitali (Dispositifs Médicaux Numériques). Da gennaio 2021 in Belgio esiste un quadro normativo per il finanziamento delle app mediche e lo scorso anno il Paese ha approvato il rimborso della prima terapia digitale: moveUP è un’applicazione usata nella riabilitazione di pazienti con protesi al ginocchio o all'anca.
Nel 2021 in Inghilterra il National Institute for Health and Care Excellence (Nice) ha introdotto i Digital Technology Assessment Criteria che definiscono il processo di valutazione per le tecnologie di salute digitale, e più recentemente percorsi di Early Value Assessment che proprio quest’anno hanno permesso di raccomandare l’impiego di terapie digitali per la cura di ansia e depressione nei bambini e adolescenti. Nel 2022, solo per citare un altro esempio, il Nice ha raccomandato anche una app per il trattamento dell’insonnia. Se andiamo poi oltreoceano, negli Stati Uniti la Food and Drug Administration da molti anni approva terapie digitali e strumenti di digital medicine.
Verso una definizione normativa anche in Italia
“La situazione italiana è un po' più complicata – osserva Santoro –. Di fatto manca una regolamentazione delle terapie digitali e ciò da un lato non consente l'immissione in commercio, dall'altro nemmeno un’eventuale prescrivibilità e rimborsabilità. Ciò sebbene ci sia un forte fermento sia da parte dei produttori di queste tecnologie che della comunità scientifica che ha capito quali sono le potenzialità di tali strumenti”.
L’Intergruppo parlamentare Sanità digitale e terapie digitali, istituto pochi mesi fa nel nostro Paese, nasce proprio per colmare il vuoto legislativo che allontana l’Italia dagli altri Stati europei. E la proposta di legge C1208 Disposizioni in materia di terapie digitali presentata alla Camera lo scorso giugno va in questa direzione. Nello specifico, il documento prevede l’istituzione di un comitato di valutazione – si legge nel testo – che dovrà fornire indicazioni preliminari e orientative sulle DTx, per la loro immissione nel percorso di valutazione rapida HTA-fast track per l’inserimento nei livelli essenziali di assistenza. In sostanza, spiega Santoro, dovrà decidere fondamentalmente quali sono i criteri che rendono una terapia digitale prescrivibile e rimborsabile per una determinata patologia, anche sulla base delle evidenze scientifiche. “La proposta di legge prevede anche l'istituzione di un Osservatorio permanente che possa consentire il monitoraggio delle terapie digitali nel corso del tempo, per identificare quali strumenti esistono, soprattutto per quali patologie, e come vengono trattati dal punto di vista regolatorio”.