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Efficace e sostenibile: due aggettivi che riferiti alla sanità oggi hanno un significato preciso. “La sanità è efficace quando utilizza i migliori strumenti terapeutici disponibili, quando riesce a sfruttare gli avanzamenti della ricerca per la cura di cittadini e cittadine. Questo richiede lo sviluppo di molti farmaci diversi, nell’ambito di quella che viene definita medicina di precisione, medicina personalizzata. Sviluppare centinaia di nuovi medicinali però ha un costo e quelli che si ottengono sono prodotti a prezzi elevati. Per un sistema sanitario orgogliosamente universale come quello italiano, dunque, l’obiettivo è favorire l’avanzamento della ricerca a un costo sostenibile, così da consentire l’accesso alle cure a tutta la popolazione”. A sottolinearlo è Rosario Rizzuto, presidente del Centro nazionale per lo sviluppo di terapia genica e farmaci con tecnologia a RNA e direttore del dipartimento di Scienze biomediche dell’università di Padova, a margine dell’evento Scienza e innovazione per una sanità efficace e sostenibile che si tiene il 20 novembre a Padova.
Di recente costituzione, il Centro nazionale di ricerca si muove proprio in questa direzione, con l’obiettivo di tradurre i risultati della ricerca in applicazioni cliniche concrete, in farmaci efficaci e personalizzati nel settore della terapia genica e con tecnologia a RNA. Il progetto, finanziato dal Ministero dell’università e della ricerca nell’ambito del Pnrr con circa 320 milioni di euro, vede coinvolti più di 40 enti pubblici, privati e imprese sul territorio nazionale e migliaia di scienziati.
Oggi la personalizzazione delle cure è un obiettivo prioritario della medicina. Tenendo conto delle specificità individuali in termini di genetica, microbioma, stile di vita e ambiente, è possibile infatti conferire caratteristiche uniche alla patologia del paziente e offrire in questo modo trattamenti mirati ed efficaci. Come nel caso delle terapie geniche.
Intervista completa a Rosario Rizzuto, presidente del Centro nazionale per lo sviluppo di terapia genica e farmaci con tecnologia a RNA. Riprese e montaggio di Barbara Paknazar
“La terapia genica non è giovanissima come i farmaci a RNA – spiega Rizzuto –. Almeno da 30 anni abbiamo protocolli ed esperienze di successo di terapia genica. Abbiamo imparato a conoscerla come terapia di alcune rare patologie genetiche, che permette di rimpiazzare la funzionalità mancante di un gene. Oggi però le potenzialità sono molto cresciute: attualmente è possibile ad esempio istruire le cellule del nostro sistema immunitario con protocolli di terapia genica per attaccare i tumori”. È proprio di questi mesi la pubblicazione di uno studio sul New England Journal of Medicine, condotto dal gruppo del professor Franco Locatelli dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, che descrive l’impiego di cellule CAR T, cellule ingegnerizzate del sistema immunitario (i linfociti T), per la cura del neuroblastoma in età pediatrica: stando ai risultati ottenuti, la probabilità di sopravvivere senza malattia è significativamente aumentata rispetto alla speranza di vita senza altre cure.
Rizzuto osserva che i progressi nell’ambito della terapia genica sono stati rapidi in settori diversi. Per esempio, la possibilità di correggere il gene difettoso nella sua sede naturale (in vivo), e non solo all’esterno dell’organismo espiantando e reimpiantando le cellule (ex vivo), permette di curare anche malattie di tessuti che non possono essere espiantati, come le patologie del sistema nervoso. Anche la talassemia oggi ha un protocollo di terapia genica che consente di correggere il difetto genetico. Si tratta di terapie sperimentali che vengono sviluppate in centri di alta tecnologia, e somministrate ai pazienti nell’ambito di trial clinici: alcuni centri, dunque, fanno da capofila di una tecnologia che poi dovrà capillarmente essere distribuita nel Paese. “Le applicazioni sono crescenti e molte di queste sono state sviluppate o comunque utilizzate in Italia. Il nostro è stato un Paese pioniere nel settore, e sin dagli albori ha svolto un ruolo importante”.
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Più recente è invece l’impiego di tecnologie a RNA, attraverso le quali sono stati realizzati alcuni dei vaccini usati contro Covid-19. Si tratta di un metodo che gli scienziati hanno iniziato a studiare sin dagli anni Novanta, e che quest’anno è valso il Nobel per la Fisiologia o la Medicina a Katalin Karikò e Drew Weissman. I due vaccini prodotti durante la pandemia si fondano sullo stesso principio: l’RNA messaggero fornisce al nostro corpo le informazioni necessarie a produrre la proteina Spike – la “chiave” che Sars-CoV-2 utilizza per aprire la serratura delle nostre cellule (i recettori Ace2) e infettarle –, allenando in questo modo il sistema immunitario a riconoscere il virus pur senza esserne mai venuto in contatto. Se questa azione è risultata fondamentale nel processo di sviluppo dei vaccini, l’RNA può offrire anche altre possibilità e non solamente nel campo della prevenzione. Proprio per questa ragione il suo impiego ha iniziato a stuzzicare il settore della farmaceutica già molto tempo prima della pandemia, facendo intravedere la possibilità di ottenere non solo vaccini ma anche medicinali di altro tipo in modo semplice e flessibile.
“L’RNA – sottolinea Rizzuto – è una molecola universale”. È capace di agire su molti processi biologici diversi e dunque su differenti meccanismi di malattia. È implicata nella codifica, decodifica, regolazione ed espressione genica (il processo attraverso il quale l’informazione contenuta in un gene viene convertita in una proteina): è in grado non solo di far esprimere un gene, ma anche di silenziarlo. Da ciò deriva la possibilità di sviluppare diverse classi di terapie, non solo dunque a base di RNA messaggero ma anche di oligonucleotidi antisenso, aptameri, RNA interferenti, microRNA. “Con una molecola che strutturalmente è sempre la stessa sarà possibile colpire meccanismi di malattia molto diversi tra loro, e questo in farmacologia sarà un gran vantaggio. Ci aspettiamo pertanto che i farmaci a Rna avranno ampio margine di crescita in futuro”.
Naturalmente ci sono aspetti della tecnologia che ancora devono essere sviluppati. Se l’obiettivo è sfruttare la molecola di RNA per curare malattie di organi diversi, è necessario per esempio trovare un modo per veicolare all’organo interessato l’RNA terapeutico, servono vettori, microcapsule che lo trasportino nella sede opportuna. E questo richiede molto lavoro. “Affinare la veicolazione, dunque portare l’RNA nel punto giusto, è un oggetto di ricerca molto importante ed è un aspetto critico perché questa tecnologia diventi veramente di ampio uso”.
In Italia sono già in corso studi e sperimentazioni cliniche con farmaci di questo tipo. “Penso per esempio a una molecola Rna utile ad abbassare i livelli di colesterolo – spiega Rizzuto –. Oggi esistono farmaci come le statine, assunti da una fetta significativa della popolazione dopo una certa età. Tuttavia in soggetti con forme genetiche di ipercolesterolemia, queste non sono completamente efficaci”.
All’università degli studi “Magna Graecia” di Catanzaro si è conclusa inoltre la prima sperimentazione clinica di fase 1 a livello internazionale di un inibitore di microRNA in pazienti oncologici e i risultati sono stati recentemente pubblicati sulla rivista scientifica Journal of Hematology & Oncology. Ancora, all’università di Torino si sta lavorando a una terapia a base di aptameri per il trattamento dei tumori solidi. La ricerca evidentemente ferve, e siamo solo all’inizio.