CULTURA
La scienza nascosta nei luoghi di Padova: le piazze del mercato e la scienza delle misure
Tra due delle piazze più note di Padova, Piazza della Frutta e Piazza delle Erbe, la scienza ha lasciato la sua firma: nelle piazze troviamo testimonianza della scienza delle misure.
Sulla parete di Palazzo della Ragione che si affaccia su Piazza della Frutta, sotto il Volto della Corda, sono incise alcune antiche unità di misura padovane: il “copo”, cioè una tegola per misurare la farina, lo “staro” che serviva a misurare le granaglie, il “quarelo”, utile a misurare le dimensioni del mattone, il brazzo o brazzolaro, cioè il “braccio”, che serviva a misurare la stoffa. L’incisione fu fatta per volontà delle autorità comunali nel 1277 per permettere un rigoroso controllo delle quantità e delle misure delle merci che i commercianti si scambiavano in centro a Padova. Per questo quell’angolo della piazza ha preso il nome di Canton dee busie, cioè l’angolo delle bugie: chi faceva un uso scorretto delle unità di misura veniva legato con delle corde all’arco e le sue proprietà venivano messe all’asta. Segno di quest’usanza sono le mensole in trachite, ormai distrutte, che dovevano sorreggere i pioli a cui i colpevoli, con le mani legate, venivano appesi.
Ma perché era necessario un così stretto controllo delle misure delle merci? Se oggi siamo abituati a fare riferimento ad un Sistema Internazionale unico per tutti delle unità di misura, dobbiamo ricordare che le cose non sono sempre andate così. L’idea di un sistema di misura universalmente riconosciuto in tutto il mondo risale agli anni successivi alla rivoluzione francese, mentre prima di allora i sistemi di misura erano tutt’altro che universali. Il processo poi con cui si arriva a definire proprio le unità di misura è durato secoli ed è ancora in divenire. Si può definire la misura come “quel processo con cui si ottengono sperimentalmente uno o più valori di quantità che possono essere attribuiti ad una determinata quantità”, come racconta il prof. Claudio Narduzzi dell’Instrumentation and Measurement Research Group del dipartimento di Ingegneria dell’informazione dell’Università di Padova. Misurare significa quindi associare un numero a una grandezza, a cui si affianca però anche un’esigenza più generale, che l’uomo ha da sempre, legata alla comunicazione e alla corretta trasmissione di concetti e informazioni tecniche.
Le prime unità di misura erano antropomorfiche, cioè basate su parti del corpo umano come il cubito, una porzione di braccio, o il piede. Alle unità di misura antropomorfiche si sono sempre affiancate quelle che prendevano come riferimento oggetti di uso comune come le tegole, i mattoni o vari recipienti, per poter misurare e tarare facilmente volumi e lunghezze. Basta pensare anche alla “chiocciola”, oggi diventata il simbolo “at” dei nostri indirizzi di posta elettronica, di origine ben più antica di quanto possiamo immaginare. Se ne trova traccia in scritture commerciali del Medioevo e sembra sia stata introdotta dai veneziani (o dai fiorentini) e sembra essere il simbolo dell’anfora, anticamente utilizzata come unità di misura della capacità. Oppure, sempre restando in Veneto, possiamo ricordare il “gòtto”, antica unità di misura veneziana per i liquidi e corrispondente a diciannove decilitri. Tornando poi alle unità di misura padovane del XIII secolo, ognuna aveva i suoi multipli e sottomultipli. Oltre a quelle incise in piazza ci sono anche i “carri” e i “mastelli”, unità usate per il vino e i liquidi: un carro corrispondeva a dieci mastelli, un mastello a 72 bozze. Per il vino esisteva anche la “meretra”, corrispondente a 45 litri. Cambiando città però le unità di misura cambiavano, come cambiavano anche nel corso degli anni. Per questo i controlli non mancavano; a Padova erano molto rigorosi e affidati ai “Iusticierii”.
L’eterogeneità di unità di misura che si sviluppò nei secoli rese necessari diversi ragguagli e tavole di comparazione “dei pesi e delle misure”. Nel 1847 Carlo Zamara pubblicò il Manuale dei calcoli fatti per il ragguaglio sulle misure e pesi del Regno Lombardo-Veneto con le tavole di comparazione tra le varie unità di misura e la relativa conversione nel sistema metrico-decimale.
Le tavole pubblicate da Zamara mostrano come ad esempio un braccio da seta valesse 0,637 metri sia a Padova che a Vicenza, mentre leggere differenze si trovano per il braccio da seta veneziano (0,638), per poi arrivare a differenze maggiori per il braccio milanese pari a 0,594 metri.
“La nascita dei sistemi di unità di misura è fortemente collegata allo sviluppo dei sistemi industriali - racconta il prof. Giulio Peruzzi del Dipartimento di Fisica e astronomia dell’Università di Padova – ma al di là di questo e delle informazioni sul sistema di misura, l’analisi dei processi che hanno portato alla definizione dei sistemi di misura e dei loro risultati, può far capire come si sono sviluppate teorie in alcuni settori della scienza e dare indicazioni preziose su ulteriori sviluppi. Non solo, sapere cosa c’è dietro quello che appare semplicemente come un simbolo, aiuta a capire l’oggetto di cui si sta parlando e il significato di una certa misura, fa vedere le teorie scientifiche da altri punti di vista e in modo più completo”.
Questo è uno dei fattori che ha dato molta importanza al processo scientifico di definizione delle unità di misura, processo di cui c’è la firma in piazza a Padova.
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