SCIENZA E RICERCA

Pianificare una città? Ci pensa la fisica statistica delle reti complesse

Le città possono essere descritte come reti complesse, dove le strade forniscono le connessioni tra i vari punti di interesse localizzati nello spazio: il traffico urbano, le relazioni sociali e le strutture dei trasporti condividono una complessità che spesso sfugge ai metodi di analisi convenzionali.

I sistemi complessi, caratterizzati da dinamiche che non emergono dalla semplice somma delle parti, richiedono approcci innovativi per essere compresi e, talvolta, ottimizzati per una determinata funzione. Un gruppo di ricerca delle università di Trento e Padova e della Fondazione Bruno Kessler ha sviluppato un modello computazionale, basato sulla fisica statistica delle reti complesse, che riproduce le strutture labirintiche di sistemi di trasporto urbano come la metropolitana di Londra.

Lo studio Emergence of Complex Network Topologies from Flow-Weighted Optimization of Network Efficiency, pubblicato su Physical Review X, integra le condizioni ambientali e i comportamenti umani per ottimizzare la rete di trasporto distaccandosi dalle analisi strutturali convenzionali; questo modello non solo è in grado di riprodurre le configurazioni complesse delle metropolitane urbane, ma può essere esteso per migliorare l’efficienza del trasporto pubblico attuale. Ne abbiamo parlato con Manlio De Domenico, coordinatore della ricerca e docente al dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Padova.

Professore, in cosa consiste il modello che avete sviluppato?

Il modello si basa su una mappa di nodi interconnessi che rappresentano vari aspetti spaziali di un’area urbana, come la distribuzione della popolazione e delle attività commerciali. Ogni connessione tra nodi possiede un “peso” che indica la rapidità di transito, ottimizzato fino a minimizzare il tempo di viaggio tra tutte le coppie di nodi, tenendo conto di comportamenti realistici di viaggio e congestione del traffico. Grazie a questa mappatura, un problema complesso come quello dello studio dei trasporti può essere studiato con gli strumenti della fisica statistica delle reti complesse.

Utilizzando dati sulla densità di popolazione e servizi nell’area della Greater London, il nostro gruppo di ricerca ha generato un sistema di metropolitana ottimizzato che mostra sorprendenti somiglianze con il sistema di trasporto attuale.

Il modello è in grado di produrre risultati comparabili all’evoluzione complessa del trasporto urbano avvenuta nell’arco di decenni, con un approccio trasparente, tipico della fisica statistica, che può costituire la base per lo sviluppo di modelli dedicati di intelligenza artificiale per la pianificazione urbana. Il nostro approccio potrebbe essere esteso per migliorare le reti di trasporto esistenti o per progettare nuove infrastrutture in altre metropoli. Sarebbe interessante applicarlo all’attuale pianificazione della rete di trasporto di Padova.

Perché siete partiti proprio dalla metropolitana di Londra?

Per l’accesso ai dati: Londra, insieme ad altre grandi metropoli come New York, Los Angeles o Tokyo, fornisce un’enorme quantità di dati aperti che permette a noi ricercatori di testare le nostre ipotesi e i nostri modelli.

Qual è il punto di forza di questo modello? Ne esistevano già di simili?

Non esistevano modelli genuinamente simili al nostro. Molti si sono focalizzati sull’imporre una determinata geometria o una dinamica urbana, mentre il nostro si limita ad imporre l’osservazione dei dati. Il resto emerge dall’approccio tipico della fisica statistica, dove si richiede di massimizzare l’entropia del sistema sotto i vincoli emersi dall’osservazione dei dati. Il risultato è una riproduzione computazionale di quella che sarebbe la città di Londra se le ipotesi del modello fossero corrette: la cosa sorprendente è che sono sufficienti pochissime ipotesi per ottenere risultati abbastanza accurati.

Come si misurano le condizioni ambientali e i comportamenti umani in un’ottica di ottimizzazione della rete di trasporto?

Le condizioni ambientali possono essere misurate a partire da svariati open data: dalla qualità dell’aria ai livelli di inquinamento acustico e luminoso, dalla quantità di alberi per km2 a tutte quelle osservabili che generalmente vengono misurate con dispositivi e sensori automatici o semi-automatici.

I comportamenti umani sono misurabili in termini aggregati: il numero di passeggeri che usufruiscono del trasporto urbano da ogni possibile origine a ogni possibile destinazione è misurabile, a Londra, a partire dai check-in delle carte Oyster – la tessera magnetica con cui nella capitale inglese è possibile pagare i viaggi su metro, bus e treno nell’area metropolitana senza dover utilizzare contanti né biglietti cartacei. In altri casi, in collaborazione con provider di telefonia mobile, è possibile monitorare il numero aggregato di movimenti da una parte all’altra della città usando il segnale di aggancio alle antenne o altri tipi di call detail record (CDR). In altri casi ancora è possibile utilizzare i dati dei social media: tempo fa abbiamo studiato i flussi umani nelle principali megalopoli del mondo a partire dai check-in che facevano gli utenti del social network 4Square. Il risultato fu inaspettato: abbiamo dimostrato l’esistenza di “città nelle città” in megalopoli policentriche come Istanbul, e un delicato equilibrio tra integrazione e segregazione in tutte le altre città.

Il funzionamento di questo modello si basa su dati – residenti della città, utenti che usufruiscono di mezzi, vetture circolanti, giorni di maggior afflusso – che, in quanto tali, devono essere continuamente aggiornati?

Sì, alcuni dati sono fondamentali per vincolare il modello computazionale e pertanto devono essere aggiornati il più possibile. Questo non significa che devono rispecchiare perfettamente lo stato della città in ogni istante: alcune discrepanze sono permesse e un certo livello di incertezza sulla misura di questi dati può essere incluso nel modello stesso.

Se, per esempio, vogliamo sapere quali aree di Padova si intaseranno principalmente in seguito ad un intervento specifico – come la chiusura di una strada o di un’intera area –, dobbiamo avere dati precisi, altrimenti vale la regola aurea del “garbage in, garbage out” (cioè: i computer elaborano in modo acritico, pertanto se viene fornito loro un insieme di dati in entrata palesemente erronei o insensati produrranno a loro volta un risultato erroneo o insensato). I modelli non sono oracoli, riflettono la nostra conoscenza di un fenomeno o di un sistema.

Come si potrà applicare realmente questa ricerca alla rete locale dei trasporti?

Sicuramente il modello andrebbe ulteriormente sofisticato tenendo in considerazione i dettagli che solo gli ingegneri locali conoscono. Sarebbe poi necessario accedere a dati storici di qualità sul traffico urbano, o installare ovunque in città dei sensori di ultima generazione che permettano di misurare in tempo quasi reale diverse informazioni. Infine, sarebbe sufficiente un cluster di calcolo dedicato, una sorta di “cervellone” che in tempo quasi reale sia in grado di prendere i dati di questi sensori, combinarli con i dati storici e le altre informazioni, e infine aggiornare il modello computazionale.

Sembra fantascienza ma non lo è affatto: questi sistemi integrati esistono già e in Paesi come Singapore vengono utilizzati per una gestione intelligente della città.

In che modo può migliorare la sostenibilità?

Diversi anni fa abbiamo sviluppato un modello computazionale per la città di Milano, in cui venivano considerati vari livelli di informazione, dalla distribuzione di crimini sul territorio alla concentrazione di inquinanti nello spazio urbano. L’ipotesi era di dare al cittadino la possibilità di interrogare un cervellone (per esempio tramite un’app nel telefono) per ottenere un tragitto ideale per raggiungere una certa destinazione, imponendo vincoli quali “evitare di passare da aree ad alto tasso di criminalità e particolarmente inquinate”. Un po’ come si fa con Google Maps, ma con più vincoli personalizzati. Ipotizzando che ogni cittadino segua effettivamente il tragitto che gli è stato elaborato su misura, abbiamo dimostrato che il modello computazionale era in grado di ridurre il livello di “intasamento” delle strade e, conseguentemente, le emissioni nelle aree storicamente più inquinate.

Il vantaggio del nostro nuovo modello computazionale è che possiamo includere altri vincoli specifici, oltre a quelli basilari che abbiamo considerato. Per esempio, possiamo imporre valori massimi da raggiungere in termini di emissioni su determinate aree della città e chiedere al modello di trovare il risultato migliore da suggerire. Chiaramente, prima dell’applicazione su larga scala sarebbe necessario un tempo di messa a punto, con test distribuiti e diversificati, oltre a una stretta collaborazione con gli ingegneri di riferimento. Questa ricerca potrà aprire nuove prospettive nella pianificazione urbana, permettendo di prevedere e mitigare i problemi di trasporto prima che si manifestino e assicurando un futuro più sostenibile e funzionale per le aree urbane in crescita.

La fisica dei sistemi complessi sembra molto distante dalla nostra quotidianità: è davvero così? Come la possiamo applicare alle nostre vite?

La scienza dei sistemi complessi, con i suoi modelli computazionali e la teoria che ci sta dietro, ci permette di comprendere meglio i comportamenti critici di un sistema complesso come una città. I fenomeni naturali e sociali non sono quasi mai lineari, tutt’altro: a piccoli cambiamenti microscopici possono corrispondere grandi conseguenze su scala macroscopica. Dalla medicina all’urbanistica, le reti complesse giocano un ruolo chiave in moltissimi sistemi naturali, sociali e artificiali: la grande sfida è sfruttare quello che abbiamo imparato negli ultimi trent’anni per essere pronti a controllare o a coesistere con queste reti nel modo migliore.

Il recente finanziamento da un milione di euro che ho ottenuto dal Fondo Italiano per la Scienza ha l’ambizioso obiettivo di studiare l’impatto che il cambiamento climatico avrà sui nostri ecosistemi e sulle nostre infrastrutture, in modo da capire come e su cosa possiamo intervenire oggi per migliorare il nostro processo di adattamento a questi cambiamenti nelle prossime decadi. Tra le prime applicazioni su cui abbiamo già cominciato a lavorare ci sono, appunto, le nostre città.

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