Dagli imballaggi alimentari all’abbigliamento, dalla tappezzeria alle resine per rivestimenti e isolanti elettrici, dalle gomme di automobili ai prodotti per la sterilizzazione di attrezzature mediche: tutti questi elementi sono accomunati dalla sostanza chimica organica più importante dell’industria moderna che conta una produzione annua di 200 milioni di tonnellate (ed è il precursore di circa il 60% di tutte le plastiche): l’etilene.
Oggigiorno l’etilene viene prodotto principalmente attraverso la pirolisi petrolchimica di idrocarburi, un processo industriale che introduce delle impurezze di acetilene che limitano il diretto utilizzo dell’etilene prodotto. Per questo motivo, in industria, l’etilene deve essere prima purificato dall’acetilene in un processo di trasformazione che attualmente presenta grandi problematiche in termini di sostenibilità poiché necessita di alte temperature e metalli nobili – costosi e difficili da reperire – come catalizzatori. Nonostante i progressi compiuti, queste strategie tradizionali per la conversione possiedono ancora una selettività relativamente bassa (ossia l’acetilene non viene soltanto convertito nel desiderato etilene, ma una parte di esso viene anche convertito in prodotti non desiderati).
Un team di ricerca internazionale coordinato dall’Università di Padova ha pubblicato uno studio sulla rivista Advanced Materials in cui ha riportato una strategia efficiente per convertire l’acetilene in etilene attraverso la luce solare, rappresentando un’alternativa sostenibile al processo utilizzato in industria. Abbiamo approfondito l’argomento con Luka Ðorđević e Francesca Arcudi, corresponding authors della ricerca e docenti del dipartimento di Scienze chimiche dell’Università di Padova.
In cosa consiste la pirolisi petrolchimica di idrocarburi, il metodo “tradizionale” di produzione dell’etilene?
La produzione di etilene è stata oggetto di un processo innovativo che si è evoluto con il tempo: inizialmente, nel XIX secolo, si basava su metodi di distillazione del carbone, che erano però costosi e rendevano solo piccole quantità. A partire dagli anni ‘30 l’etilene è stato impiegato come preziosa materia prima in seguito alla commercializzazione di un processo che ha consentito di produrne in grandi quantità basato sul riscaldamento ad alte temperature (pirolisi) di combustibili fossili (lunghe catene di idrocarburi) che vengono abbattuti in molecole più piccole come l’etilene. Questo processo ha contribuito alla nascita dell’industria petrolchimica moderna, cha aveva tra gli obiettivi lo sviluppo di derivati dell’etilene economicamente importanti in quel momento storico: il primo importante boom della domanda di questa sostanza chimica risale infatti alla Seconda Guerra Mondiale con la richiesta di gomma sintetica.
La pirolisi di idrocarburi resta oggi il metodo più comune e più economicamente competitivo per produrre etilene pur con alcune impurezze di acetilene, un’altra piccola molecola organica che interferisce con molte applicazioni dell’etilene (ad esempio la produzione delle plastiche); per questo motivo è importante che a livello industriale l’etilene prodotto venga purificato.
Dalla vostra ricerca si deduce che la purificazione dell’etilene prodotto dalla pirolisi petrolchimica di idrocarburi è un metodo poco sostenibile: lo è principalmente per un problema di efficienza della conversione o anche per motivi di inquinamento ambientale?
I principali problemi dell’attuale metodo di conversione e purificazione di acetilene a etilene riguardano sia l’efficienza di conversione che l’impatto ambientale.
L’efficienza di conversione di acetilene a etilene soffre di una non elevata selettività: non tutto l’acetilene viene trasformato in etilene perché una parte di esso viene trasformato in molecole organiche che hanno un valore economico ben più basso.
Inoltre, il processo attuale presenta altre importanti problematiche:
- Dal momento che necessita di alte temperature, richiede un grande dispendio energetico.
- Impiega idrogeno gassoso che non solo è infiammabile, ma attualmente è prodotto a sua volta mediante processi che rilasciano gas serra nell’atmosfera.
- Impiega delle specie chimiche per promuovere la reazione (detti catalizzatori) a base di metalli nobili (costosi e difficili da reperire).
Idealmente vorremmo poter condurre questo processo a temperatura ambiente impiegando delle alternative all’idrogeno gassoso e ai metalli nobili: per questi motivi il futuro sia della produzione che della purificazione di etilene è un argomento di grande interesse ed è necessario che punti a soluzioni più sostenibili e meno impattanti sull’ambiente.
Da dove arriva l’intuizione di utilizzare la luce solare come alternativa sostenibile al processo industriale di conversione da acetilene a etilene?
La luce solare è una fonte inesauribile di energia pulita con un enorme potenziale per rivoluzionare i processi industriali, rendendoli del tutto sostenibili. La comunità scientifica ha già trovato la giusta “ricetta” per innescare vari processi a temperatura ambiente con la luce al posto delle alte temperature: questo metodo è detto fotocatalisi.
Ci era chiaro che per questo processo industriale di conversione da acetilene a etilene fosse fondamentale puntare a un’alternativa più sostenibile e meno energeticamente dispendiosa, quindi ci siamo chiesti se e come fosse possibile mettere a punto la giusta “ricetta” per fare avvenire questa importante trasformazione utilizzando la fotocatalisi.
Come siete arrivati al cobalto? Esistono altri materiali altrettanto efficienti?
La riduzione dell’acetilene a etilene è un comune test per valutare l’attività della nitrogenasi, l’enzima che catalizza il processo di riduzione dell’azoto atmosferico ad ammoniaca in alcuni batteri; alcuni composti di cobalto sono usati come sistemi modello per valutare l’attività di questo importante enzima. Sapevamo quindi che alcuni composti di cobalto erano in grado di ridurre l’acetilene a etilene in modo “convenzionale” e così abbiamo pensato a delle strategie per far sì che questa riduzione potesse essere condotta per effetto della luce.
Due anni fa abbiamo dimostrato per la prima volta che era possibile farlo e questi primi risultati sono stati oggetto di due brevetti. Tuttavia, quando abbiamo proposto questo nuovo processo molto restava da comprendere per rendere le efficienze competitive: questo nuovo lavoro dimostra quali sono le specie di cobalto su cui puntare per rendere il processo davvero efficiente. Sicuramente esistono altri metalli e materiali promettenti, la ricerca a livello internazionale sta facendo molti progressi in questa direzione.
Il rame, per esempio, si è recentemente dimostrato un materiale valido quando si conduce questa reazione con l’azione dell’elettricità (al posto della luce o delle alte temperature): per quanto aver rimpiazzato i metalli nobili con un metallo non nobile come il cobalto sia oggi un grande passo avanti, crediamo sia fondamentale investigare anche altri metalli o materiali “metal-free” attivabili con la luce per una produzione efficiente e selettiva di etilene.
Qual è stato il punto di forza di questa ricerca?
Sicuramente l’approccio multidisciplinare mediante la collaborazione tra i nostri gruppi di ricerca e il gruppo statunitense del Prof. Joe Hupp, esperto di fama internazionale nel campo della classe di materiali che abbiamo investigato nel nostro lavoro: sviluppare sistemi riciclabili e riutilizzabili per questa reazione rende infatti il processo molto più attrattivo per quella che potrebbe essere la sua reale implementazione nei processi industriali. La nostra ricerca ha tratto beneficio di competenze diverse e complementari che vanno dalla chimica sintetica, alla chimica dei materiali, alla fotochimica: nei nostri laboratori abbiamo preparato e testato sia molecole che materiali.
Un altro aspetto interessante è che siamo stati noi a costruire i reattori che illuminano i sistemi per testarli e pensiamo che farlo abbia avuto molti vantaggi, tra i quali sicuramente una valenza didattica per i nostri studenti che hanno costruito – divertendosi – i propri fotoreattori e hanno imparato molto di più rispetto all’utilizzo dei reattori “pronti all’uso” in commercio: i nostri non sono soltanto ugualmente performanti ma anche più economici, flessibili e modulari.
Questa scoperta potrebbe dare avvio a una vera e propria “rivoluzione” nella produzione della sostanza chimica organica più importante dell’industria moderna. È un processo facilmente applicabile da chiunque o servono determinate condizioni per poterlo implementare?
La necessità di rendere più sostenibile l’industria chimica è sempre più pressante e crediamo che questo lavoro ci avvicini all’obiettivo finale di rivoluzionare l’attuale processo industriale di purificazione dell’etilene in un’ottica più sostenibile.
Oltre a essere più sostenibile e particolarmente performante, il processo di conversione di acetilene a etilene tramite la luce solare apre alla possibilità di eliminare del tutto la pirolisi di idrocarburi ed è facilmente implementabile: a dimostrazione di ciò abbiamo riprodotto i risultati non solo in due continenti diversi (Europa e America) ma anche utilizzando sia sistemi commerciali che sistemi sintetizzati da noi in laboratorio, ottenendo in entrambi i casi risultati affidabili.