UNIVERSITÀ E SCUOLA

La scuola può mettere fine alle disuguaglianze? Il rapporto OCSE 2021

Garantire un'istruzione completa e di qualità a tutti gli studenti e le studentesse è una missione di primaria importanza, specialmente dopo lo scoppio della pandemia da Covid-19, che ha avuto un impatto pesante sui settori sanitari, economici e sociali, esacerbando le disuguaglianze già presenti tra la popolazione di tutti i paesi del mondo. Il nuovo rapporto OCSE, intitolato Education at a glance e pubblicato all'inizio di settembre 2021, evidenzia la responsabilità delle istituzioni scolastiche nella costruzione di una società più equa e inclusiva. L'istruzione, infatti, al contrario di quelle politiche nazionali e internazionali che cercano di attenuare le conseguenze degli squilibri sociali, ha l'opportunità di inserirsi “alle fonti delle disuguaglianze”.

Prevenire, invece che curare. Eppure, questo non è facile come sembra. Il rapporto OCSE, infatti, sottolinea ancora delle forti disuguaglianze per quanto riguarda l'accesso all'istruzione e il completamento del percorso scolastico in relazione al contesto socioeconomico di provenienza. Tali differenze sono state aumentate delle conseguenze del Covid-19 sui percorsi di apprendimento: la chiusura delle scuole e la didattica a distanza, infatti, hanno avuto effetti molto diversi a seconda delle situazioni specifiche degli studenti e delle strutture scolastiche. Non tutti, infatti, dispongono di dispositivi tecnologici adeguati o di un supporto familiare costante che permetta loro di restare al passo con il programma scolastico. Per quanto gli effetti a lungo termine della pandemia sull'istruzione scolastica siano ancora da valutare, il rischio è che il rendimento di alunni e alunne che provengono da un contesto svantaggiato cali rispetto a quello degli altri studenti.

L'equità e le disuguaglianze nell'accesso all'istruzione e nelle opportunità di carriera una volta terminato il percorso di studi è il tema del rapporto OCSE di quest'anno, che dedica un capitolo iniziale all'analisi della situazione attuale alla luce di ciò che viene prescritto nell'Obiettivo 4.5 di sviluppo sostenibile stabilito dall'agenda ONU 2030, che rimarca la necessità di un'istruzione equa e inclusiva per tutti e tutte.

Eliminare le disparità di genere nell'istruzione e garantire un accesso equo a tutti i livelli di istruzione e formazione professionale delle categorie protette, tra cui persone con disabilità, popolazioni indigene e bambini in situazioni di vulnerabilità Obiettivo 4.5 dell'agenda ONU 2030

Tra i fattori che possono condizionare il percorso scolastico, il rapporto OCSE individua innanzitutto il livello educativo della famiglia di provenienza. Infatti, ragazzi e ragazze con almeno un genitore che non ha raggiunto il livello di istruzione terziaria hanno più probabilità di intraprendere un percorso di studi professionale invece di uno generico e meno probabilità di completare questo livello di istruzione.

I contesti migratori, inoltre, tendono a svantaggiare gli studenti e le studentesse non solo nell'accesso e nella partecipazione ai percorsi di apprendimento, ma anche nelle possibilità di occupazione post-istruzione sia non terziaria che terziaria. Nella maggior parte dei paesi coinvolti nell'indagine, infatti, il numero di studenti e studentesse immigrati di prima o seconda generazione che completano la scuola secondaria superiore è inferiore a quello degli alunni e delle alunne senza un background migratorio.

Le difficoltà scolastiche incontrate da ragazzi e ragazze provenienti da altri paesi può derivare anche dalla scarsa partecipazione degli insegnanti a specifici corsi di aggiornamento per imparare a soddisfare le esigenze di un corpo studentesco sempre più diversificato. I dati rilevano che solo il 20% degli insegnanti ha frequentato negli ultimi 12 mesi attività formative volte a migliorare la didattica in un ambiente multiculturale o con un'impostazione multilingue, con significative variazioni tra paesi. Nel dettaglio, tra gli insegnanti di scuola secondaria inferiore, il 15% ritiene di aver bisogno di formazione su come insegnare in un ambiente multiculturale o multilingue e l'11% vorrebbe imparare a comunicare con persone di culture o paesi diversi.

Lo status di immigrato o immigrata è anche uno dei fattori che aumentano spesso il rischio di diventare NEET (Not in Education, Employment or Training), ovvero giovani adulti senza lavoro e non coinvolti in percorsi di studio né di formazione di altro tipo).
Nell'area OCSE, per quanto ci siano ampie variazioni a seconda dei singoli paesi, la quota di NEET tra i giovani e le giovani compresi tra i 18 e i 24 anni di età nel 2020 era del 15,1%. La percentuale è leggermente maggiore per le donne (16,5%) rispetto agli uomini (14%), per quanto le ragioni siano tendenzialmente diverse. Infatti, se spesso gli uomini NEET sono disoccupati, e quindi non riescono a trovare un impiego, le donne sono per lo più inattive, ovvero non hanno un lavoro perché non lo stanno cercando. Infatti, la percentuale di ragazzi NEET perché inattivi è del 50%, mentre quella di ragazze è del 70%.

Le ragazze tendono a completare più velocemente la scuola secondaria superiore (dove il 60% degli studenti ripetenti sono di sesso maschile), a preferire percorsi generici a quelli professionali (le donne rappresentano il 55% dei diplomati della scuola secondaria superiore nei programmi di studio generici e il 45% in quelli professionali) e ad iscriversi più spesso a percorsi di educazione terziaria rispetto ai ragazzi. Nonostante questo, i numeri cambiano quando si osservano i dati relativi all'educazione terziaria di livello più alto: nei paesi OCSE, infatti, solo il 45% degli adulti con un dottorato sono donne, e tale percentuale si riduce ancora di più nei campi di studi STEM.

Inoltre, il rapporto sottolinea che, nonostante il rendimento scolastico delle donne sia mediamente più elevato, il loro tasso di occupazione è inferiore a quello degli uomini, specialmente tra la popolazione con un livello di istruzione più basso. A prescindere dal livello di istruzione, inoltre, le donne guadagnano in media tra il 76 e il 78% in meno rispetto agli uomini.

Si riscontra, invece, un'elevata quota di donne tra il personale docente. Nelle scuole primarie e secondarie le insegnanti sono per la maggior parte donne. Tuttavia, costoro sono meno presenti nell'istruzione terziaria e in quella secondaria superiore a indirizzo professionale.
Nel 2019 la percentuale di insegnanti uomini nella scuola di infanzia era minore del 5%, in quella primaria era del 18% e in quella secondaria superiore del 40%. Gli uomini hanno meno probabilità di entrare e rimanere nella professione di insegnante, riporta l'OCSE, perché possono aspirare in media a uno stipendio più alto. Il compenso da insegnante di scuola primaria o secondaria, invece, è pari o superiore allo stipendio medio effettivo delle lavoratrici a tempo pieno. Inoltre, il tasso di abbandono della carriera da insegnante nelle scuole primarie e secondarie, che nei paesi OCSE varia tra il 3,3% e l'11,7%, è più alto tra gli uomini.



Nel complesso, il quadro delineato dal rapporto OCSE riflette una situazione in cui le differenze socioeconomiche, di provenienza e di genere possono ancora costituire degli ostacoli al raggiungimento di un'educazione paritaria e inclusiva nei paesi rappresentati nell'indagine. L'obiettivo del rapporto è perciò quello di fornire ai decisori politici delle informazioni utili affinché possano definire le strategie di intervento più adeguate per garantire a tutti gli studenti e le studentesse un'istruzione di qualità e delle opportunità di vita e di lavoro più eque.

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