Foto di Anna Bellettato
Il mondo dello sport è ricco e variegato, perciò spesso è difficile essere a conoscenza di tutte le discipline sportive esistenti. Una di queste, forse ancora poca nota in Italia, è il sitting volley cioè la pallavolo da seduti. Nata in Olanda nel 1956 come tecnica riabilitativa, arriva in Italia solamente nel 2013, grazie al riconoscimento da parte del Comitato italiano paralimpico (Cip) e della Federazione italiana pallavolo (Fipav).
Nadia Bala, atleta e ambasciatrice del sitting volley italiano nonché studentessa di Diritto dell'economia all'università di Padova, si allena nel palazzetto dello sport di Trecenta. Questo centro sportivo, in cui ha investito la fondazione Cariparo, è completamente accessibile: sono presenti le indicazioni per i ciechi e delle rampe azzerate piuttosto che ripide. Inoltre, ci sono cinque bagni attrezzati per persone con disabilità e le docce col seggiolino richiudibile che permette l'uso in completa autonomia.
Riprese e montaggio di Anna Bellettato
L'atleta ha contribuito a fondare, col suo allenatore e col coinvolgimento di tante altre persone, la squadra in cui gioca: "Siamo stati la prima squadra di sitting volley in Veneto. La promozione è stata indispensabile, abbiamo affisso una locandina dove si diceva che volevamo iniziare a fare questo sport. Hanno iniziato a chiamarci ragazzi da tutta la provincia (di Rovigo ndr) che giocano ancora con noi. Poi abbiamo aiutato a far nascere una squadra a Treviso". L'obiettivo è quello di organizzare un campionato regionale, magari del Triveneto e, perché no, anche uno a livello interregionale.
Cosa rende speciale il sitting volley? Può essere giocato da quasi tutti, normodotati e persone con disabilità, purché si abbia il controllo del busto. Le differenze con la pallavolo sono pochissime: il campo più piccolo che misura 6x10 m e la rete più bassa, 1.05 m nel femminile e 1.15 m nel maschile. Il resto è pura pallavolo.
Foto di Anna Bellettato
Il regolamento attuale prevede che in campo si debba schierare obbligatoriamente un minimo di due persone con disabilità. Perciò, spesso, il resto degli atleti sono normodotati, magari già pallavolisti o persone che hanno voglia di mettersi in discussione. In proposito Nadia Bala afferma: "Io mi auguro che un giorno possano giocare in questi campionati italiani solo atleti con disabilità e che quelli normodotati siano un aiuto, ma non i protagonisti del sitting volley".
Far conoscere una disciplina sportiva che sia giocabile da persone con disabilità e far sì che questa accolga il maggior numero di persone è essenziale. Ci sono tanti ragazzi con disabilità che non fanno sport, magari proprio perché non sono a conoscenza dell'esistenza di discipline inclusive. L'importante è mettersi in discussione quando si entra in campo: "Poi si capisce che non siamo unici al mondo per la nostra disabilità, ma per le nostre esperienze di vita. Noi ci rivolgiamo soprattutto ai ragazzi con disabilità perché facciano sport di squadra. Sitting volley, basket o rugby in carrozzina, qualsiasi disciplina che permetta di confrontarsi con le altre persone" conclude l'atleta. Nadia Bala sarà presente il 5 novembre a Padova per la seconda edizione del Festival della cultura paralimpica.