SCIENZA E RICERCA

Un software per identificare le pinne di squalo e contrastare il commercio illegale

Nell'ultimo decennio è aumentata l'attenzione e la preoccupazione internazionale per quanto riguarda lo stato di conservazione di squali e razze, considerando il massiccio sfruttamento di specie di grandi dimensioni che si riproducono con estrema lentezza. "Nell'ambito del commercio internazionale dei prodotti di squali e di razze è aumentata la richiesta di pinne di squalo, soprattutto da parte dei mercati asiatici, e questo ha causato un impatto non sostenibile sulla pesca degli squali, soprattutto dei grandi squali pelagici, che sono da sempre soggetti a catture accidentali nella pesca di tonno e pesce spada. Ad aggravare la situazione, si è aggiunto l'interesse economico a sbarcare quante più pinne possibili". Dunque, nel corso del tempo, si è notata una pesca non solo eccessiva ma anche insostenibile dal punto di vista della pratica con cui veniva svolta: "Lo squalo veniva pescato, si conservava la pinna e poi si ributtava tutto lo squalo in mare. Uno spreco alimentare enorme e una pratica crudele per il pesce stesso". 

Il piano internazionale di azione e conservazione degli squali del 1999 nasce proprio per rispondere a una urgenza di regolamentazione (a partire dall'utilizzo dell'intero squalo, non solo delle pinne). Nel 2013 più specie di squali e razze sono state incluse nella Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche minacciate di estinzione - CITES (la decisione presa nel marzo 2013 è entrata in vigore nel settembre 2014) ed è a questo punto che inizia il lavoro per realizzare il software iSharkFin, ora al centro della nostra attenzione.

A presentare e approfondire il progetto è Monica Barone, consulente internazionale per la FAO e specialista di squali, che così introduce il contesto in cui si inserisce un progetto e lo studio che ne descrive gli esiti: si tratta di una tecnologia nata per consentire l'identificazione delle pinne di squalo, da un punto di vista morfometrico, negli sbarchi di pesca, prima che entrino nel commercio internazionale.

Montaggio: Elisa Speronello

"Si è sempre riscontrato un problema di raccolta dati, anche perché molte specie di squali pelagici sono simili. Ci si è un po' nascosti dietro a scuse come "sono tutti uguali, non li sappiamo riconoscere, non li sappiamo tracciare, non li possiamo valutare correttamente" e intanto sono passati vent'anni. In questi vent'anni il commercio internazionale è diventato insostenibile". E Barone introduce gli sforzi fatti e gli obiettivi: "All'interno della CITES è possibile votare per listare le specie protette all'interno della convenzione, ogni tre anni: per commercializzare un prodotto, i Paesi devono dimostrare di pescarlo in modo sostenibile, legale, senza impattare sulla popolazione in modo eccessivo. Si tratta di un processo da dimostrare, ma dal 2013 in poi si è avuto sempre maggior interesse a listare specie di squali e si è sentita la necessità di identificare questi prodotti sui mercati internazionali. Il commercio deve essere tracciato. Pinne e filetti sono prodotti che devono essere riconosciuti".


Questo il link della guida FAO per identificare le pinne


Il software iSharkFin

L'identificazione della specie risulta essere fondamentale per impedire il commercio illegale e uno studio ora presenta i primi risultati delle prestazioni del sistema iSharkFin. "Sono stati convertiti alcuni strumenti per identificare i pesci, in modo da utilizzarli per identificare le pinne degli squali da un punto di vista morfometrico, partendo dalle foto". Il software si rivolge a ispettori portuali, agenti doganali, commercianti di pesce. "In questi anni abbiamo stimolato la partecipazione, invitato i Paesi a produrre materiale inviando fotografie per rendere sempre più accurato il software". Gli utenti devono scattare una foto, selezionare alcune caratteristiche della pinna e scegliere alcuni dettagli relativi alla forma, fatto questo iSharkFin analizza automaticamente le informazioni e individua la specie.

Lo strumento, sviluppato dalla FAO in collaborazione con l'Università di Vigo con il sostegno finanziario del governo del Giappone e della CITES, è disponibile sul sito della FAO, è gratuito, si può scaricare. Ad oggi sono state raccolte 1147 fotografie di pinne dorsali bagnate di 39 specie di squali da 12 Paesi e sono state utilizzate per addestrare l'algoritmo nell'arco di quattro anni. 

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