SCIENZA E RICERCA

Studiata l'emissione ad alta energia proveniente da una magnetar nella galassia dello Scultore

Il 15 aprile 2020, la nostra galassia è stata attraversata da un breve segnale luminoso ad alta energia proveniente da una stella magnetizzata, o magnetar, che si trovava nella galassia dello Scultore, a circa 11,4 milioni di anni luce di distanza. Quest'onda di raggi X e raggi gamma è stata rilevata grazie agli strumenti del sistema di localizzazione GRB InterPlanetary Network (IPN) e nei mesi successivi è stata oggetto di accurate analisi, i cui risultati sono stati pubblicati su Nature.

Allo studio ha preso parte anche Elisabetta Bissaldi, ricercatrice del dipartimento interateneo di fisica dell'università e del politecnico di Bari, e dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare della sezione di Bari. La dottoressa Bissaldi fa parte della collaborazione Fermi dal 2005. A lei abbiamo chiesto di parlarci dell'importanza di questa scoperta.

Cosa sono le magnetar e quali loro caratteristiche sono ancora sconosciute, a causa delle difficoltà che si incontrano quando si cerca di studiarle con gli strumenti a disposizione?

“Le magnetar sono stelle di neutroni che presentano i campi magnetici più potenti conosciuti: fino a mille volte l'intensità di quelli delle tipiche stelle di neutroni”, chiarisce la dottoressa Bissaldi. “Piccoli disturbi al loro campo magnetico possono causare delle vere e proprie “eruzioni” della stella, che può emettere sporadici lampi o bursts di raggi X per lunghi periodi, settimane o più. Più di rado, le magnetar producono enormi eruzioni, chiamate brillamenti o flare giganti, caratterizzate da un intenso flash di raggi gamma, la forma di radiazione di più alta energia, seguito da una coda più graduale di emissione periodica. Queste variazioni derivano dalla rotazione della magnetar, che porta ripetutamente la posizione del segnale dentro e fuori dal campo di vista della Terra, proprio come la luce di un faro.
Ad oggi sono state catalogate 29 magnetar nella nostra galassia, la Via Lattea. La maggior parte di queste magnetar galattiche mostra occasionalmente attività nella banda X, ma solo due di queste hanno prodotto brillamenti giganti. L'evento più recente, che risale al dicembre 2004, ha prodotto cambiamenti misurabili nell'atmosfera della Terra, nonostante la magnetar in questione si trovasse a circa 30 mila anni luce di distanza.
L’estrema intensità di questi eventi ha sempre “accecato” o saturato gli strumenti scientifici che li hanno rilevati, e quindi molti quesiti sono rimasti irrisolti. Varie teorie hanno proposto che questi flare delle magnetar costituissero un sottoinsieme dei più famosi lampi di raggi gamma brevi, o short Gamma-Ray Bursts (GRB). Tuttavia, la sensitività degli strumenti attualmente operativi ci ha sempre impedito di rivelare la coda periodica dell’emissione, e di poter quindi ottenere una osservazione conclusiva. Inoltre, la saturazione strumentale durante il flash iniziale ha di fatto precluso uno studio approfondito delle caratteristiche intrinseche dei brillamenti giganti”.

Quali circostanze hanno quindi permesso di studiare la luce della magnetar del 15 aprile 2020, senza che gli strumenti fossero accecati?

Il 15 aprile 2020, moltissimi strumenti su missioni spaziali internazionali come Fermi, Swift, Wind, Mars Odyssey e INTEGRAL, che partecipano a un sistema di localizzazione di GRB chiamato InterPlanetary Network (IPN), operativo dalla fine degli anni '70, hanno registrato un segnale sia in banda X che in banda gamma proveniente dalla stessa zona del cielo, ed in un brevissimo intervallo di tempo. L'IPN ha prontamente localizzato questo segnale, inizialmente identificato prodotto da un GRB breve e quindi denominato GRB 200415A, nella regione centrale di una luminosa galassia a spirale situata a circa 11,4 milioni di anni luce di distanza, nella costellazione dello Scultore, denominata NGC 253.

Un'analisi dettagliata dei dati del Gamma-ray Burst Monitor (GBM), di Fermi e dello strumento BAT di Swift ha fornito una forte evidenza che GRB 200415A sia diverso dai tipici lampi gamma brevi osservati fino ad ora. La capacità del GBM di risolvere il segnale su scale temporali di microsecondi si è rivelata fondamentale. Le osservazioni hanno mostrato la presenza di più impulsi, con il primo che appare in soli 77 microsecondi, quasi 100 volte più rapidamente di uno short GRB prodotto dalla fusione di due stelle di neutroni. Il GBM ha anche rilevato rapide variazioni di energia nel corso del flare che non erano mai state osservate prima.
Tali caratteristiche, ovvero l’inizio rapido, i tempi molto rapidi di variabilità del segnale, e l’evoluzione spettrale su scale inferiori al millisecondo corrispondono bene a quelle previste per un brillamento gigante prodotto da una magnetar, ma stavolta sono state possibili poiché questa si trovava a grandissima distanza dalla Terra, essendo quindi una magnetar extra-galattica. La distanza ha fatto sì che gli strumenti non fossero accecati”.

Quali nuove conoscenze ha permesso di acquisire il rilevamento di quel bagliore? E quali domande restano ancora da indagare riguardo alle magnetar e ai loro brillamenti?

“Le caratteristiche sono quelle che ho appena descritto, quindi temporali e spettrali, ovvero in grado di spiegare quanta energia viene emessa da questo tipo di sorgenti, e in quanto tempo”, spiega la dottoressa Bissaldi. “Ci sono vari aspetti che rendono questo evento spettacolare, come il ”tempo di salita” del primo impulso, ma anche la durata complessiva del segnale, di soli 140 millisecondi. E’ necessario inoltre ricordare che i brillamenti giganti sono poco conosciuti, ma gli astronomi pensano che siano il risultato di un'improvvisa riorganizzazione del campo magnetico. Una possibilità è che il campo molto al di sopra della superficie della magnetar possa diventare troppo “attorcigliato”, rilasciando improvvisamente energia mentre si assesta in una configurazione più stabile. In alternativa, potrebbe essere stato un vero e proprio “terremoto” della crosta stellare ad innescare l'improvvisa riconfigurazione. I dati del GBM mostrano tracce di vibrazioni sismiche durante l'eruzione.

Altre caratteristiche dei dati suggeriscono che l'esplosione abbia espulso una nuvola di elettroni e positroni che si sono propagati nello spazio a velocità ultrarelativistica. Questo ha causato anche una delle osservazioni maggiormente sorprendenti dell'evento. I raggi X a più alta energia registrati dal GBM di Fermi hanno raggiunto 3 milioni di elettronvolt (MeV), ovvero circa un milione di volte l'energia della luce blu. Anche lo strumento principale a bordo del satellite Fermi, il Large Area Telescope (LAT), ha rilevato tre raggi gamma, con energie di 480 MeV, 1,3 miliardi di elettronvolt (GeV) e 1,7 GeV, la radiazione di più alta energia mai rilevata da un brillamento gigante prodotto da una magnetar. La cosa sorprendente è che tutti questi raggi gamma sono apparsi molto tempo dopo che il segnale era diminuito in altri strumenti.
Il brillamento del 15 aprile 2020 dimostra che questi eventi potrebbero dunque costituire una sottoclasse di GRB: una piccola percentuale dei GRB brevi potrebbe essere dovuta in realtà da brillamenti giganti di magnetar”.

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