Frame tratto da The Nobel Interview: Nadia Murad and Denis Mukwege | News Special di Al Jazeera English
In Somalia, alla fine di febbraio, una ragazzina di 12 anni è scomparsa per poi essere ritrovata morta poche ore dopo. Sono stati fermati alcuni uomini sospettati di averla stuprata e, in seguito, ammazzata. Nel 2016, nella regione somala del Puntland, è stata approvata una legge per la criminalizzazione dei reati sessuali. Il presidente della Regione, Said Abdullahi Deni, ha dichiarato che sarebbero stati presi dei provvedimenti concreti contro i colpevoli, ma delle attiviste sostengono che i sospettati vengano spesso rilasciati, ancor prima di essere processati.
Le donne, quindi, hanno deciso di protestare perché esigono giustizia, senza compromessi. Infatti, negli scorsi mesi, il problema degli stupri e della violenza ai danni della popolazione femminile si è reso così pesante, che alcune donne hanno dichiarato di sentirsi oppresse 24 ore su 24, di non avere una propria vita e di sentirsi minacciate dai loro ragazzi e uomini.
Il presidente della Sierra Leone, Julius Maada Bio, ha dichiarato il problema degli stupri emergenza nazionale, infatti le statistiche della polizia riportano che gli abusi dal 2017 al 2018 sono quasi raddoppiati, passano da 4750 casi a 8505. Lo scorso febbraio, a seguito di alcune testimonianze di sopravvissuti, il presidente ha deciso che gli attacchi ai minori, un terzo dei casi di violenza sessuale, verranno puniti con l’ergastolo.
Inoltre, tutti gli ospedali pubblici dovranno prestare gratuitamente cure, medicinali e certificati medici a tutte le ragazze e donne vittime di stupro. La first lady Fatima Bio lo scorso dicembre ha lanciato, riunendo le sue colleghe di altri paesi dell’Africa, la campagna Hands off our girls, incentrata non solo sul problema degli stupri, ma anche su quello delle spose bambine e della gravidanza durante l’adolescenza. La riduzione di questi fenomeni aiuterebbe l’emancipazione culturale, sociale ed economica della donna.
La Sierra Leone è un paese poverissimo con un alto tasso di disoccupazione e un sistema sanitario carente. Tra il 1991 e il 2002 fu teatro di una guerra civile, durante la quale le violenze sessuali si diffusero in forme diverse. In Somalia la guerra civile è tuttora in corso, nel 2017 l’Onu ha registrato 329 casi di abusi o violenze sessuali, relativi al conflitto, ai danni di donne e ragazze e un caso in cui la vittima era un ragazzino di 11 anni.
Le molestie e le violenze sessuali molto spesso trascendono il solo desiderio sessuale e hanno più a che fare con una forma di mortificazione, di assoggettamento e controllo della vittima. Lo stupro è assenza di rispetto verso l’altro ed è per questo che la sua diffusione diventa endemica in contesti di arretratezza e nei conflitti, in cui i diritti umani cessano di esistere, viene usato come un’arma. Durante la Seconda Guerra Mondiale tutte le parti in causa furono accusate di aver commesso uno stupro di massa, ma né a Tokyo né a Norimberga venne riconosciuto il reato di violenza sessuale.
Si dovette aspettare fino al 1992 perché il tema arrivasse al Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, a seguito di quanto stava accadendo in ex Iugoslavia: lo stupro organizzato e sistemico venne riconosciuto come un crimine internazionale. Nel 1993 lo Statuto del Tribunale penale internazionale per la ex Iugoslavia incluse lo stupro tra i crimini contro l’umanità e nel 2001 fu il primo tribunale internazionale a dichiarare la persona accusata, colpevole di stupro come reato contro l’umanità. Inoltre, aggiunse alla definizione di reato di schiavitù come crimine contro l’umanità, precedentemente limitata al lavoro forzato, anche quella sessuale. Invece, nel 1998, il Tribunale penale internazionale per il Ruanda è stato il primo tribunale internazionale a dichiarare la persona accusata colpevole di stupro in quanto reato di genocidio.
In Ruanda nel 1994, in soli tre mesi, furono stuprate tra le 100mila e le 250mila donne. Le agenzie delle Nazioni unite calcolano che più di 60mile donne siano state stuprate tra il 1991 e il 2002 durante la guerra civile in Sierra Leone, più di 40mila in Liberia tra il 1989 e il 2003, fino a 60mila nell’ex Iugoslavia tra il 1992 e il 1995, e almeno 200mila nella Repubblica democratica del Congo durante gli ultimi 12 anni di conflitto.
“ Rape is not just a physical, violent act perpetrated against one victim, it is an assault on humanity Denis Mukwege
Non a caso il premio Nobel 2018 per la pace è stato assegnato al medico congolese Denis Mukwege, un ginecologo che si occupa di intervenire sugli organi interni danneggiati dalle violenze e a Nadia Murad, donna yazida, portata via dal suo villaggio da miliziani dell’Isis che la resero una delle loro schiave sessuali, dopo essere sfuggita a quel destino brutale è diventata un’attivista e ambasciatrice di buona volontà delle Nazioni unite.
Per meglio capire la forza annientatrice che comporta lo stupro di guerra, però, non dobbiamo scollarci solo dall’idea che la violenza sia connessa al desiderio sessuale, ma anche dalla convinzione che le vittime siano solo di sesso femminile.
Il Williams Institute dell’università della California ha condotto uno studio secondo il quale circa tremila uomini e ragazzi vennero stuprati durante la guerra in Bosnia. Tuttavia, l’Istituto ha spiegato che la reticenza nel denunciare quanto avvenuto ha impedito alle vittime di ottenere giustizia. Solo 10 casi su 78 portati avanti dal Tribunale penale internazionale per l’ex Iugoslavia, riguardavano abusi contro maschi: il tribunale fece un grande passo in avanti riconoscendo che l’imposizione di atti sessuali di vario genere sugli uomini costituisse un crimine internazionale.
Nello studio di Lara Stemple Male Rape and Human Rights si afferma che è stata documentata la violenza sessuale di guerra a danno di uomini in Cile, Grecia, Croazia, Sri Lanka, El Salvador, Iran, Kuwait, nell’ex Unione Sovietica, nella Repubblica democratica del Congo e nell’ex Iugoslavia. Uno studio su seimila prigionieri dei campi di concentramento nell’area di Sarajevo, ha rilevato che l’80% dei maschi detenuti ha dichiarato di essere stato stuprato. Alcuni ragazzi del sud Sudan, catturati e schiavizzati, hanno riportato di essere stati abusati sessualmente e sottoposti a stupri di gruppo da soldati del governo.
Altre testimonianze dall'Africa raccontano di violenze quotidiane, che hanno lasciato segni fisici ed emotivi indelebili: l’impossibilità di sedersi normalmente, il sanguinamento e le infezioni, l’essere costretti a mangiare solo cibo morbido, la famiglia che ti ripudia, la moglie che ti abbandona. Sono solo alcune delle conseguenze con cui questi ragazzi e uomini sono costretti a convivere per il resto della loro vita. Tutto ciò si aggiunge alla quasi impossibilità di essere aiutati, a causa della mancanza di strutture adeguate, e alla pericolosità di denunciare in paesi in cui gli atti omosessuali sono illegali.
Questa è la potenza distruttrice dello stupro di guerra: mina alle fondamenta le comunità, semina il terrore. Perché si stuprano le donne? Per fare pulizia etnica, perché i loro figli abbiano il sangue “puro” del carnefice, per umiliarle, per spezzarle. Perché si stuprano gli uomini? Perché non si sentano più tali, perché la società di appartenenza li rifiuti e si dissolva, perché le loro donne non si sentano mai più sicure. Le conseguenze sono: la diffusione di malattie, l’infertilità, la stigmatizzazione della vittima vista come traditrice, la stigmatizzazione della possibile prole, la perdita di controllo sul proprio corpo, traumi psichici, l’impossibilità di condurre una vita sessuale normale, la solitudine, il suicidio. Ferite profonde che si protraggono oltre l’atto e che, a battaglia finita, rendono ardua la pace fra le diverse comunità.
“ The shame that I have shown everybody... it is for humanity Nadia Murad
Per approfondire:
Premio Nobel alla pace a Mukwege e Murad
Gbowee: l'Africa, i diritti delle donne e un Nobel per la pace