Era il 1619 quando venti africani sbarcarono a Jamestown, in Virginia, dopo aver attraversato l'oceano Atlantico su un'imbarcazione olandese. I venti, precedentemente asserviti agli spagnoli, erano stati vinti durante una battaglia navale tra le due potenze europee e sarebbero stati scambiati in America con cibo e provviste. Questo fu il principio di quel traffico di uomini e donne africani noto come tratta Atlantica o tratta Triangolare. Per comprendere meglio i retroscena di questo terribile commercio di esseri umani che si svolse tra il XVI e il XIX secolo, abbiamo contattato la professoressa Bianca Maria Carcangiu, docente di Storia e istituzioni dell’Africa all’università di Cagliari e fondatrice di Affrica, centro di Studi africani in Sardegna.
La schiavitù, come tale e non come commercio organizzato, esisteva già nel continente africano, così come in altre parti del mondo, sotto diverse forme: “Parliamo dell'Africa occidentale, perché è in quell'area che si svolsero i traffici di schiavi degli europei – spiega la professoressa Carcangiu – gli schiavi erano innanzitutto dei prigionieri catturati durante le guerre tra gli stessi africani, inizialmente intraprese per il possesso della terra e del bestiame. Queste popolazioni, una volta che si riunirono in veri e propri Stati e che entrarono in contatto con gli europei fornitori di armi da fuoco, ebbero maggiori possibilità di sottomettere le comunità e i villaggi più deboli, che non erano organizzati in vere e proprie istituzioni statali”.
Distribuzione degli schiavi nelle navi negriere, By Plymouth Chapter of the Society for Effecting the Abolition of the Slave Trade - This image is available from the United States Library of Congress's Prints and Photographs divisionunder the digital ID cph.3a34658
Gli schiavi venivano rimossi dalle loro società di origine. Una parte di questi veniva usata per il lavoro agricolo, generalmente erano considerati membri del gruppo sociale di cui faceva parte il loro padrone, però difficilmente potevano sfuggire al marchio della schiavitù. Tuttavia, nei grandi regni dell'Africa occidentale, col tempo, i loro discendenti e loro stessi diventavano membri del gruppo sociale a tutti gli effetti. Alcuni schiavi potevano diventare tali quando offerti come pegno per pagare dei debiti contratti fra villaggi o per sanare delle offese rivolte ai capi del villaggio. La loro importanza era dovuta al fatto che costituivano delle risorse per la produzione di merci da esportare, e perciò erano un importante sostegno allo sviluppo del commercio: “Raramente venivano vendute persone che facevano parte di una stessa società, fatta eccezione per i criminali veramente indesiderati e per coloro che venivano considerati fuori casta” sottolinea la fondatrice di Affrica.
Quando gli schiavisti europei arrivarono sulle coste dell'Africa sub-sahariana, inizialmente catturavano gli schiavi in prima persona, poi si resero conto che il sistema era poco redditizio e che potevano sfruttare le guerre interne, perciò si rivolsero ai capi africani che risposero positivamente. I mercanti bianchi difficilmente si addentravano nell'entroterra africano, per loro era un luogo sconosciuto e pericoloso, preferivano stare lungo le coste e tenersi ai margini di questo commercio interno che si svolgeva fra gli stessi africani.
La professoressa Carcangiu racconta alcuni episodi che accaddero in seguito agli accordi tra africani ed europei: “All'inizio del XVIII secolo la costa della moderna Guinea raggiunse un picco del numero degli schiavi da esportazione quando i musulmani fulbé, provenienti dal Futa Gialon, crearono un nuovo stato e quindi intrapresero una guerra santa contro i vicini. Il risultato fu un gran numero di prigionieri destinati alla vendita per la schiavitù. Così accadde per gli stati in espansione dell'Oyo, del Dahomey e dell'Asante che nel XVII e nel XVIII secolo ebbero dei picchi locali nella fornitura di prigionieri per la vendita agli schiavisti europei della costa”.
Da dove venivano esattamente questi europei e quali affari conclusero nel continente africano? “Fin dal 1434 i portoghesi si instaurarono per le loro attività commerciali e di esplorazione lungo le coste dell'Africa occidentale a sud del Sahara, fondando una piazzaforte nel territorio dell'attuale Ghana. Inizialmente si rifornivano di schiavi sia per lo stesso Portogallo, che era un paese scarsamente popolato, sia per le isole produttrici di zucchero scoperte nel 1480: Madeira, São Tomé e Principe. Dal XVI secolo procurarono gli schiavi anche per l'America spagnola. Il momento cruciale della tratta fu segnato dallo sviluppo delle piantagioni di canna da zucchero in Brasile: essendo necessaria la forza lavoro, crebbe la domanda di schiavi. A partire dalla seconda metà del XVII secolo prese avvio la vera e propria tratta degli schiavi sull'Atlantico. In quel periodo, infatti, molte isole delle Antille e della Virginia (negli attuali Usa) furono sottoposte a sistemi intensivi di piantagione e nel XVIII secolo la richiesta di schiavi aumentò notevolmente anche per la produzione di tabacco, caffè, riso indaco e cotone”.
Gli europei in Africa, oltre agli schiavi, cercavano materie prime quali gomma, avorio, oro e tessuti che potevano anche rivendere agli stessi africani. Inoltre, acquistavano delle cibarie che servivano per il nutrimento dei lavoratori nei depositi commerciali costruiti lungo le coste, per i marinai e per gli schiavi che erano in attesa di essere imbarcati. Quali erano, invece, i prodotti fortemente richiesti dagli africani in cambio delle merci-uomo e degli altri oggetti? Principalmente i fucili e la polvere da sparo, poi i tessuti che venivano dall'Asia e dall'Europa, perle, metalli greggi e lavorati, acquavite e tabacco.
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Questo traffico commerciale interessò tre continenti, da qui la definizione Triangolare. La professoressa Carcangiu ci spiega che: “Le navi iniziavano il loro viaggio partendo dall'Europa, dalla Gran Bretagna e dalla Francia in primis. Porti importanti quali Liverpool, Bristol, Bordeaux, Amsterdam furono coinvolti: qui le navi cosiddette negriere venivano caricate di tutte quelle merci precedentemente dette. Si salpava in direzione degli empori che erano stati costruiti lungo le coste dell'Africa occidentale a sud del Sahara. Una volta approdati sulle coste africane, venivano comprati e caricati gli schiavi e le altre merci. Da qui le navi negriere partivano alla volta dell'America dove mettevano in vendita la preziosa merce umana, scambiata con altre merci dei prodotti coloniali: principalmente zucchero e cotone”.
Quante persone vennero portate via dall'Africa occidentale attraverso la tratta Atlantica? “Negli anni gli storici hanno discusso parecchio sul numero di schiavi che venne coinvolto in questo brutale commercio. I documenti a disposizione erano soprattutto giornali di bordo, perciò non possono essere considerati esaustivi. Comunque, considerando anche quelle persone che morivano durante la tratta, si è arrivati grosso modo a un numero di 12 milioni. A questo bisogna aggiungere che il numero di schiavi portati via variava da una zona all'altra, quindi danneggiava un territorio più di un altro. Dalla tratta trassero vantaggio i portoghesi, gli olandesi, gli inglesi, i francesi e altre nazioni europee. Ricordiamo che le zone interessate da questo fenomeno furono il Senegambia, la Guinea, la Costa d'Oro (attuale Ghana) e soprattutto quella zona chiamata Costa degli schiavi dal Dahomey alla foce del fiume Niger. Poi si scese ancora più a sud nella regione del Loango, in quello che era il Congo francese, poi il Congo colonia del Belgio e l'Angola colonia portoghese”.
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