Foto: Angela Davoli
All’estremità meridionale della “punta” della nostra Penisola, là dove il Mar Tirreno si congiunge con lo Jonio, vi è un piccolo borgo, ormai da alcuni decenni privo dei suoi abitanti ma ancora ricco di storia: è Pentedattilo, oggi frazione del comune di Melito di Porto Salvo, in provincia di Reggio Calabria.
Pentedattilo sorge alle pendici del Monte Calvario, una parete rocciosa che, come racconta il nome greco del borgo, ricorda un’enorme mano aperta: quella di un gigante – forse di un ciclope, secondo il mito – disteso a guardare il mare. La storia di questo borgo è antica: probabilmente l’insediamento risale, anche se non se ne hanno testimonianze certe, alla Magna Grecia, e il paese rimane per molti secoli un importante snodo di collegamento tra il mare, con il grande polo di Reggio Calabria, e le montagne dell’Aspromonte. Terra difficile, ostile per gli umani, il borgo inizia a subìre un lento spopolamento già sul finire del ’700, quando viene danneggiato da un potente terremoto. Viene poi ufficialmente abbandonato all’inizio degli anni ’70, quando gli ultimi abitanti sono costretti a trasferirsi a valle per ragioni di sicurezza.
Paese fantasma, dunque; ma anche paese di fantasmi. Si narra infatti che, verso la fine del ’600, il borgo fu teatro di un truce dramma, che vide protagoniste due famiglie nobili del luogo, gli Alberti e gli Abenavoli. Bernardino Abenavoli, signore di Montebello Jonico, un paese vicino, era profondamente innamorato della giovane Antonietta Alberti, figlia dei marchesi di Pentedattilo; ma quando questa venne data in sposa, per ragioni politiche, a don Pedrillo Cortez, figlio del consigliere del Viceré di Napoli, Bernardino decise di vendicarsi del dolore e dell’onta subìti. Introdottosi, con il favore della notte, nel palazzo nobile di Pentedattilo, uccise quasi tutta la famiglia Alberti e portò via con sé l’amata Antonietta, che sposò – pur contro il volere di lei – pochi giorni dopo.
La vicenda è rimasta a lungo impressa nella memoria collettiva, dando vita a numerose leggende: secondo alcuni, quando il vento si insinua tra le dita di roccia del gigante, si possono ancora udire i gemiti degli uccisi che reclamano vendetta. L’atmosfera del luogo, in effetti, solletica facilmente la fantasia: nel suo lungo declino, il paese è rimasto pressoché inalterato, conservando un’aura di affascinante mistero.
Da alcuni anni a questa parte, il borgo ha vissuto una vera e propria rinascita: gente del luogo e artisti da tutto il mondo hanno dato nuova vita alle strade di Pentedattilo aprendo piccole botteghe, riscoprendo antiche tradizioni artigiane e riportando alla luce l’antica cultura della zona grecanica della Calabria, di cui Pentedattilo è uno splendido esempio. Qui, infatti, l’influenza della millenaria cultura greca ha lasciato impronte profonde: basta ammirare la chiesa del paese, risalente al XVI secolo, la cui architettura è di sapore squisitamente bizantino, per accorgersi di essere nel cuore dell’area grecanica calabrese, anche detta Bovesia.
In quest’area della Calabria, l’eredità della Magna Grecia è ancora ben viva non solo nelle tradizioni, nelle usanze e nei modi di vivere, ma anche nella toponomastica (Roghudi, Condofuri, Roccaforte del Greco sono solo alcuni dei tanti paesini dai nomi evocativi) e, soprattutto, nella lingua: sono diverse, ancora oggi, le comunità che parlano una forma di lingua greca, riconosciuta e tutelata dallo Stato italiano come parte del patrimonio linguistico nazionale.
Il borgo, nei secoli, ha ammaliato chi vi si è imbattuto. Non mancano, tra chi ne ha lodato bellezza e fascino, viaggiatori illustri, come il celebre artista olandese Maurits Cornelius Escher, che realizzò di Pentedattilo numerose incisioni, e lo scrittore inglese Edward Lear, il cui viaggio a piedi in Calabria ha ispirato la creazione di uno splendido cammino – il “sentiero dell’inglese”, appunto.
Oggi Pentedattilo, forte della sua rinascita culturale, è un luogo aperto a chi lo voglia scoprire: molte delle antiche case in pietra formano un albergo diffuso, e tra le vie del borgo, restaurate nel rispetto della tradizione, sono sorti il Museo delle tradizioni popolari e il Piccolo Museo del Bergamotto, il profumato agrume tipico di questi luoghi. Degno di nota è anche il castello, i cui resti dominano dall’alto l’intero paese, a lungo feudo nobiliare.
Che sia punto di arrivo dalle spiagge del Mar Jonio o punto di partenza per scoprire la natura selvaggia del Parco Nazionale dell’Aspromonte, Pentedattilo, adagiato nella mano del ciclope, è una porta per uscire dal presente ed immergersi nella Storia, riscoprendo colori, suoni, usanze e tradizioni di un tempo che non c’è più, ma la cui eco risuona ancora tra quelle pietre.