UNIVERSITÀ E SCUOLA
La laurea in Europa: uno slalom burocratico tra tasse, borse e agevolazioni
Quanto costa frequentare l’università in Italia rispetto agli altri Stati europei? Il tema dell’accesso all’istruzione superiore, con gli oneri che comporta, ha caratterizzato l’ultima campagna elettorale. Per paragonare i diversi requisiti economici richiesti in Europa è utile consultare il rapporto annuale di Eurydice, la rete tra i Paesi partecipanti al programma Erasmus+. Il documento passa in rassegna costi e benefici per gli studenti di 37 Stati europei (28 dell’Unione più altri 9) per un totale di 42 entità nazionali (il Regno Unito è considerato nelle sue quattro componenti, mentre il Belgio è distinto in comunità di lingua francese, fiamminga e tedesca). Senza addentrarci nelle complesse motivazioni che determinano in ogni Paese le politiche finanziarie per l’università, tentiamo una rapida panoramica su alcuni dati di base che Eurydice presenta in chiave comparativa.
Il problema di fondo è quali criteri adottare per stabilire se in uno Stato l’istruzione accademica sia più o meno onerosa. Eurydice sceglie di considerare due parametri principali: da un lato la percentuale di studenti che pagano tasse universitarie (sono trascurati gli importi annui fino a 100 euro); dall’altro la percentuale di studenti che ottengono borse di studio. Incrociando queste due voci nei 42 territori oggetto dell’indagine, si ottiene un grafico che consente di valutare in un colpo d’occhio le differenti politiche, raggruppando i Paesi in quattro macrogruppi.
Prima di analizzarli, una precisazione: i dati sulle tasse si riferiscono in genere agli iscritti 2017/2018 a un corso del primo ciclo (la laurea triennale), ma per l’Italia sono inclusi anche i corsi del secondo ciclo (laurea magistrale); i dati sulle borse di studio riguardano invece gli iscritti 2016/2017 (più recente dato disponibile), e tengono conto solo delle borse assegnate a tutti gli studenti (universali) oppure ottenute sulla base di requisiti economici, uniti o meno a parametri di merito (sono quindi escluse le borse attribuite per solo merito, senza criteri economici).
Il primo gruppo (A) comprende i cinque Stati con le politiche più favorevoli agli studenti: qui nessuno paga tasse, mentre la grande maggioranza degli studenti (due terzi e più) prende una borsa di studio. Si tratta di Malta, Svezia, Danimarca, Scozia e Finlandia.
Del secondo gruppo (B) fanno parte 14 Paesi (più presumibilmente la Grecia, che ha fornito dati incompleti) che puntano sul binomio poche tasse/poche borse: in questo caso a pagare è in genere meno di un terzo degli studenti, e in sei casi (Norvegia, Slovenia, Germania, Polonia, Cipro e Grecia) non paga nessuno. L’intero gruppo di Paesi, per contro, consente di ottenere borse di studio solo a una minoranza di universitari (meno del 30% degli iscritti, come ad esempio la Germania, che è al 25%; unica eccezione è la Norvegia, che arriva al 48,8%).
Il terzo gruppo (C, 17 componenti più presumibilmente il Liechtenstein, con dati parziali) è quello degli Stati con condizioni meno favorevoli. In questi Paesi a pagare le tasse è la maggioranza degli studenti (e in 9 casi paga il 100% degli iscritti: Belgio tedesco e fiammingo, Portogallo, Paesi Bassi, Macedonia, Svizzera, Bosnia, Islanda e Serbia). Per quanto concerne le borse di studio, vi accede in genere non più del 30% degli iscritti (eccezione: Francia e Irlanda, intorno al 40%). Questo è il gruppo dell’Italia, che occupa una delle posizioni più svantaggiate tra le 42 entità considerate nelle quattro suddivisioni: secondo Eurydice, da noi in media il 90,2% degli studenti paga tasse (in Francia è il 60,8%, in Spagna il 70%), mentre solo il 9,4% dei nostri iscritti ottiene una borsa (in Spagna è il 30%).
Infine, il quarto gruppo (D) consiste in quattro componenti che puntano sull’abbinata molte tasse (le pagano tutti)/molte borse: Lussemburgo (ottiene il beneficio il 96,8% degli studenti), Galles, Irlanda e Inghilterra (tutti oltre il 50%). È da notare che l’Inghilterra si trova in questo gruppo solo in forza delle attuali erogazioni di borse di studio agli studenti già iscritti negli scorsi anni accademici: a partire dal 2016/2017, infatti, le matricole hanno perso il diritto alla borsa, che ora può al massimo essere sostituita da un prestito. Di conseguenza l’Inghilterra è destinata a “scivolare” nel gruppo C man mano che i vecchi iscritti conseguiranno il titolo, per arrivare entro alcuni anni alla posizione in assoluto più sfavorevole (il 100% di studenti paga le tasse, nessuno ottiene la borsa).
Ci sono poi altri criteri importanti da considerare. Accanto alla percentuale di coloro cui è richiesto di pagare tasse o che ricevono borse, è significativo capire di che cifre assolute stiamo parlando. Per quanto riguarda le tasse universitarie, secondo Eurydice in Italia l’ammontare medio annuo è di 1.316 euro per la laurea triennale, che salgono a 1.467 per la magistrale: in Europa il nostro Paese si colloca in una fascia medio-alta, quella preceduta solo da un piccolo numero di Stati al cui vertice si trova l’Inghilterra, con una tassazione annua per il primo ciclo intorno ai 10.000 euro. Il dato è importante anche perché, come abbiamo visto, l’Italia è una delle nazioni con la più alta percentuale di studenti che pagano tasse.
Venendo all’importo delle borse di studio, la nostra posizione nazionale è invertita rispetto a quella normalmente registrata per gli altri parametri. In questo caso ci troviamo nel “gruppo di testa”, quello che eroga le borse più ricche. A parte Germania, Galles e Svizzera, Paesi in cui la cifra annuale supera i 5.000 euro (in Svizzera l’importo medio arriva a 7.529 euro), l’Italia è nella fascia immediatamente successiva, quella tra i 3.000 e 5.000 euro annui: la media italiana è di 3.248 euro. Il dato va però collocato entro limiti precisi perché, come si è detto, la percentuale di nostri studenti che ottengono una borsa è molto bassa.
Vi sono altri benefici cui gli universitari europei possono accedere. Accanto alle borse di cui abbiamo parlato finora (universali o basate, almeno in parte, su criteri economici), c’è un piccolo numero di nazioni (Bosnia, Serbia, Montenegro) che eroga soltanto borse di studio basate sul merito, senza considerare la fascia economica di appartenenza dello studente.
In un notevole gruppo di Paesi è diffuso il sistema dei prestiti agli studenti. Generalmente è un’opzione possibile in Stati che erogano anche borse di studio, con l’eccezione dell’Islanda e (per i nuovi iscritti) dell’Inghilterra, che utilizzano solo i prestiti. Il tasso d’interesse medio è intorno all’1-2%, e in genere è consentita la restituzione del capitale a partire da uno o due anni dopo il termine degli studi. La durata della rateazione è di solito pari o superiore alla durata legale del corso. In Europa comunque il ricorso ai prestiti conosce una diffusione limitata: solo in 15 Stati se ne avvale più del 5% degli studenti.
Accanto agli strumenti di sostegno diretto, ci sono infine le forme di supporto indiretto, di cui sono beneficiarie le famiglie degli universitari. Il supporto indiretto esiste in circa la metà dei 42 soggetti considerati dall’indagine: ne sono esclusi i Paesi nordici, il Regno Unito, la Spagna e l’area balcanica. Si articola in due principali benefici: gli assegni familiari, legati a requisiti dello studente (età, reddito, residenza presso i genitori, presenza di figli) e le agevolazioni fiscali, che possono assumere diverse forme (in genere è possibile dedurre dal reddito o detrarre dalle imposte dei familiari, come avviene in Italia, una percentuale delle spese per gli studi o un ammontare massimo per ogni figlio universitario).
In sintesi, in Europa il sistema costi/aiuti è complesso e con forti differenziazioni, che risentono delle diverse politiche nazionali e di approcci culturali distinti. In chiave comparativa, l’Italia appare ancora un Paese in cui per studiare si spende molto, a causa di una combinazione decisamente svantaggiosa: l’esigua frazione di studenti esentati dalle tasse (il 9,8%), l’elevato importo medio richiesto, e soprattutto la percentuale così ridotta di universitari che ottengono una borsa di studio, meno di uno studente su dieci.