CULTURA
Le librerie? Chiuse per kindle
La carta è in crisi. E non solo quella dei giornali. Un po’ dappertutto le librerie chiudono o si accorpano, persino quelle appartenenti alle grosse catene. Colpa di Amazon e dei centri commerciali, oppure il libro come lo conosciamo è destinato scomparire, lasciando spazio ad altre forme di lettura? Sul tema si moltiplicano le riflessioni e le analisi. Chiuso per Kindle (Bompiani 2014), scritto da Pier Francesco Leofreddi e da Massimiliano Timpano, si definisce ad esempio come il “diario di un libraio in trincea”, tracciando attraverso una serie di storie e di aneddoti il quadro gustoso e arguto di un mondo in crisi, ma non senza speranza. Perché, questa è la tesi di fondo, anche le piccole librerie possono farcela. A patto di smettere di inseguire i miti del digitale e dell’online per tornare a svolgere un ruolo fondamentale e insostituibile: quello di cerniera tra lettori, scrittori e case editrici. Perché il libro, quello vero, fatto di sensazioni tattili e di odori, la cui lettura richiede tempo e concentrazione, resisterà anche a questa buriana.
Anche Rocco Pinto, da oltre 30 anni nel settore, ha pubblicato per Voland Fuori catalogo: storie di libri e librerie: 11 racconti in cui realtà e finzione si fondono, protagonisti sempre libri, librai e lettori. Lo contattiamo nella sua libreria Il ponte sulla Dora, aperta nel 2012 in un quartiere semiperiferico di Torino. La situazione è davvero così drammatica come sembrano suggerire alcune notizie? “Normalmente il mercato del libro regge anche durante crisi, oggi però ci troviamo a fronteggiare un momento durissimo, forse peggiore dal Dopoguerra”. La colpa però, secondo il libraio, non è tutta da attribuire a tablet e e-book: “Il problema è piuttosto che ci sono sempre meno lettori: tanti adolescenti si allontanano dai libri dopo la scuola, ma soprattutto metà della popolazione non legge nemmeno un libro all’anno. E questo nonostante 1.800 premi letterari e i 1.200 festival presenti ogni anno in Italia”.
Dopo anni passati a dirigere una storica libreria in centro, Pinto ha deciso di mettersi in proprio e di ricominciare da capo: “È stato il frutto di una sana incoscienza: quando la libreria in cui lavoravo è passata a una grande catena ho deciso di buttarmi. Subito mi hanno chiesto se mi rendessi conto di quello che facevo. In realtà sapevo che c’era la crisi, ma non ne immaginavo ancora le dimensioni”. Come reagire? “Con un intenso lavoro sul territorio. In un anno e mezzo non abbiamo solo organizzato decine di incontri con scrittori, mostre e attività culturali, ma abbiamo cercato anche di coinvolgere le scuole e i commercianti della zona. Animiamo il quartiere e la città, ad esempio con l’iniziativa ‘portici di carta’: chilometri di bancarelle che abbelliscono ogni anno Torino e coinvolgono oltre 100 librerie. Tutte iniziative che i librai svolgono gratuitamente, a volte con poco sostegno da parte delle istituzioni, cercando sempre di mettere al centro il lettore”. Come utilizza internet per il suo lavoro? “Anche se non vendiamo ancora e-book anche noi usiamo il web. Il nome della libreria è ad esempio stato scelto tramite concorso nazionale promosso attraverso il nostro blog. Abbiamo inoltre un sito molto nutrito e una newsletter”.
Di cosa avrebbero bisogno i librai? “Ad esempio di agevolazioni fiscali sulle attività culturali, come riduzioni o incentivi per l’occupazione del suolo pubblico o per la Siae. Ma non ci si può sempre concentrare sugli eventi, né rivolgersi esclusivamente ai lettori forti: il problema è trovarne di nuovi. Per questo però è necessario la lettura e non solo i libri”. Mancano allo stato attuale la visione e le politiche pubbliche: “In Francia da più di 30 anni c’è una normativa organica sul libro, la Legge Lang, che ad esempio permette uno riduzione massima del 5% sul prezzo di copertina. In Italia attualmente sono regolati soltanto gli sconti, ma ci sono talmente tante promozioni che il limite del 15% è continuamente aggirato”. Dopo il flop delle detrazioni per l’acquisto di libri, promesso lo scorso anno dal governo Letta e concretamente conclusosi con un nulla di fatto, al momento è all’attenzione del Parlamento un progetto di legge che promette nuove incentivi e strategie e soprattutto una strategia e un coordinamento per l’effettiva promozione del libro. Una cosa sembra certa: non ci si salva da soli. “In Sardegna ad esempio i piccoli librai si stanno consorziando – conclude Pinto – Le librerie devono comunicare soprattutto con le scuole e le biblioteche pubbliche. Dove funzionano biblioteche e scuole funzionano le librerie”.
Daniele Mont D’Arpizio