SOCIETÀ

Comunismo, nazismo e lo scontro sulla memoria

La Seconda guerra mondiale, il conflitto più devastante della storia d'Europa, è iniziata come conseguenza immediata del famigerato trattato di non aggressione nazi-sovietico del 23 agosto 1939, noto anche come patto Molotov-Ribbentrop (…); i regimi nazisti e comunisti hanno commesso omicidi di massa, genocidi e deportazioni, causando, nel corso del XX secolo, perdite di vite umane e di libertà di una portata inaudita nella storia dell'umanità”.

Così la risoluzione del parlamento europeo “sull'importanza della memoria europea per il futuro dell'Europa che, approvata a larghissima maggioranza il 19 settembre 2019 con l’appoggio sia dei popolari che dei socialisti, in questi giorni sta suscitando un forte dibattito soprattutto in Italia. All’ennesimo scontro tra i partiti sul tema della moria infatti si è aggiunta anche l’Anpi, che ha espresso preoccupazione per un documento che accomuna “in un'unica riprovazione (…) oppressi ed oppressori, vittime e carnefici, invasori e liberatori”.

Le perplessità degli storici

Cosa ho provato quando ho letto? Profonda irritazione”, dice a Il Bo Live Carlo Fumian, direttore del Centro di Ateneo per la storia della Resistenza e dell'età contemporanea. “Documenti di questo genere sono opprimenti: tra premesse chilometriche e considerando vari assomigliano più alle delibere comunali sulle aiuole piuttosto che a documenti di spessore. Perché non fare un testo scritto bene, invece di un minestrone ideologico onnicomprensivo?”.

Questo non significa che non si debbano criticare i regimi: “Sono favorevolissimo a una discussione anche feroce sul comunismo e sui suoi contenuti criminali – spiega lo storico –. Anche paragoni e raffronti sono presenti da anni nel dibattito storiografico: pensiamo ad esempio all’opera di Kershaw e Lewin Stalinismo e nazismo. Dittature a confronto, pubblicata nel 2002. O allo straordinario Vita e destino di Vasilij Grossman, eccelsa opera letteraria su nazismo e comunismo da cui si impara ben più che da un libro di storia. Oppure alla Storia d’Europa di Norman Davies che faccio leggere ai miei studenti, che individua 17 punti chiave su cui i totalitarismi europei si sovrappongono: dall’uso del terrore e della polizia segreta all’uso massiccio della propaganda, fino al dogmatismo estremo”.

Paragoni e raffronti tra comunismo sovietico nazismo sono presenti da anni nel dibattito storiografico

Lo stesso concetto di totalitarismo è controverso e la sua parabola è molto istruttiva – continua Fumian –. Lo inventò nel 1923 sulle colonne del Mondo Giovanni Amendola, senatore liberale in seguito massacrato dalle squadracce fasciste, sostenendo che il fascismo aveva una vocazione totalitaria. Il termine poi venne paradossalmente accolto da Mussolini, che rivendicò per il fascismo una ‘volontà totalitaria’. In seguito, credo soprattutto attraverso l’opera di don Sturzo a Londra, la parola entrò nella pubblicistica anglosassone e successivamente, nel clima della guerra fredda, venne usata soprattutto in chiave antisovietica”.

Quindi i totalitarismi possono essere messi sullo stesso piano? “È facile dire che l’idea fondante del nazismo, quello della supremazia di una razza sulle altre, è terrificante ed eticamente indegna mentre i principi del comunismo – il lavoro e la liberazione degli oppressi – appaiono ben più nobili: di fatto entrambe le ideologie si sono trasformate ben presto in prigioni dogmatiche che hanno ingabbiato per anni popoli interi. Poi però ci sono anche le differenze: ad esempio nella durata, ma anche nel fatto che milioni di persone hanno visto nel comunismo un sogno di redenzione, segnalando come lo spessore ideologico sia ben diverso da quello del nazismo”.

Un percorso che arriva da lontano

Il provvedimento appena approvato non è che l’ultimo tassello di discorso più ampio: da anni infatti i totalitarismi sono associati in una medesima condanna dalle istituzioni europee. Già 10 anni fa, il 2 aprile 2009, il Parlamento Europeo aveva votato una “risoluzione su coscienza europea e totalitarismo”, mentre l’anno prima era stato stabilito per il 23 agosto di ogni anno, nella ricorrenza appunto della firma del patto Molotov-Ribbentrop, la "Giornata europea di commemorazione delle vittime dello stalinismo e del nazismo".

Il percorso è però iniziato ancora prima, con la caduta del muro e con il successivo allargamento a est dell’Ue: “Fino ad allora la politica della memoria in Europa era basata soprattutto sulla Shoah – spiega lo storico Filippo Focardi, direttore scientifico dell’Istituto Nazionale Ferruccio Parri –; poi, con l’arrivo dei Paesi dell’ex blocco sovietico, a questa si affianca progressivamente l’altro pilastro del paradigma antitotalitario, che assomma ai crimini del nazismo quelli del comunismo sovietico”.

Fino al 2004 la politica della memoria in Europa era basata soprattutto sulla Shoah Filippo Focardi

In gioco c’è la ridefinizione identitaria dell’Europa: tema su cui lo stesso Focardi (con Bruno Groppo) ha curato il libro L’Europa e le sue memorie. Politiche e culture del ricordo dopo il 1989 (Viella 2013). “Negli ultimi tre decenni, soprattutto a partire dagli anni Novanta del secolo scorso – scrivono Focardi e Groppo –, il tema della memoria è diventato sempre più importante nelle società europee, come pure a livello mondiale”. Un vero e proprio memory boom che vede impegnate istituzioni nazionali e internazionali, oltre ai più diversi gruppi politici, sociali ed etnici, spesso attivi non solo sul piano locale ma anche internazionale.

Anche il cammino che porta alla recente mozione non viene quindi dal nulla ma nasce soprattutto da esponenti tedeschi del Ppe che fin dai primi anni 2000 stabiliscono un rapporto privilegiato con le élites politiche dei Paesi dell’est. Già tre mesi prima dell’ingresso nell’Ue di otto Paesi provenienti dall’ex blocco orientale il XVI del Partito Popolare Europeo, svoltosi a Bruxelles il 4 e il 5 febbraio 2004, adotta la risoluzione “Condemning totalitarian communism”, nella quale sono già presenti molti degli elementi che ritroveremo nei documenti europei successivi. In seguito nel 2011 viene creata a Praga, per iniziativa dei Paesi del gruppo di Visegrad, la Piattaforma della memoria e della coscienza europea, che oggi conta 18 Paesi aderenti e mira a diffondere, “una maggiore consapevolezza pubblica sui crimini commessi dai regimi totalitari” attraverso conferenze, eventi commemorativi e pubblicazioni.

I limiti delle politiche della memoria

Come si vede l’obiettivo polemico della mozione dello scorso 19 settembre non è tanto l’ideologia comunista in sé quanto il comunismo sovietico e, nemmeno tanto sottotraccia, la Russia di Putin, che negli ultimi anni sta tentando di valorizzare i vecchi fasti dell’Urss: l’ultimo punto della risoluzione impegna infatti il presidente del parlamento (l’italiano David Sassoli) a trasmettere il documento alla Duma russa. Allo stesso tempo, complice una certa ambiguità del testo, è comprensibile  che soprattutto nei Paesi dell’Europa meridionale – Italia e Francia, ma anche Spagna e Portogallo – la risoluzione abbia causato un certo sgomento. Qui infatti, come per certi versi nei Paesi latinoamericani, i partiti comunisti  hanno partecipato alla resistenza contro i regimi fascisti (i grandi assenti nell’ultimo documento europeo) e alla costruzione dello stato democratico, oltre ad essere presenti per anni sulle schede elettorali.  

Stiamo attenti a puntare tutto su un antitotalitarismo generico e rigido allo stesso tempo – continua Focardi –. È vero che nell’Europa occidentale c’è spesso una scarsa conoscenza storica degli orrori delle dittature comuniste; allo stesso tempo però anche a est si deve tenere presente che il comunismo di un Berlinguer, con tutti i suoi limiti, era profondamente diverso da quello di Stalin: lo sforzo conoscitivo deve venire da entrambe le parti”.

Invece di cianciare di memoria sarebbe meglio fare storia Carlo Fumian

Negli ultimi anni invece la memoria è stata spesso un terreno di scontro più che di incontro, dove le forze politiche si sono battute per la conquista di un’egemonia sullo spazio pubblico a colpi di monumenti e di giornate di commemorazione. Un approccio parziale, che mostra sempre più i suoi limiti: il rischio infatti – suggerisce lo storico Markus Prutsch in uno studio pubblicato nel 2015 sempre dal Parlamento Europeo – è che serva più a scaricare la coscienza collettiva dagli orrori del passato che a comprenderne le responsabilità. Tanto il soldato sovietico quanto la SS nazista sono rappresentati come stranieri e in qualche modo ‘alieni’ alla cultura europea, mentre ad esempio spesso  si tace sul fenomeno del collaborazionismo.

Ecco, invece di cianciare di memoria sarebbe meglio fare storia – conclude Carlo Fumian –; non ha invece senso fissare versioni ufficiali e istituire un’altra pletora di celebrazioni e giorni della memoria, sanzionando magari chi dissente. Poi cosa facciamo, ci mettiamo a multare chi ha ancora qualche via dedicata a Lenin?”.

POTREBBE INTERESSARTI

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012