SOCIETÀ

Disegno onirico: dall'incubo della guerra al sogno che cura

Quando non è possibile dirlo con le parole, si possono seguire altre vie: forme, colori, simboli "per far sentire", o dovremmo dire "mostrare" la propria voce. Cosa accade quando l'espressione del proprio mondo interiore passa attraverso la composizione di un disegno, anche solo di uno scarabocchio, e incontra la dimensione del sogno, che a sua volta si esprime e ci "parla" attraverso i simboli? Cosa accade quando l'arte incontra la psicologia?

Negli anni Settanta Maria Grazia Dal Porto e Alberto Bermolen, docenti del dipartimento di Antropologia dell'università Kennedy di Buenos Aires, insieme all'artista argentino Abel Luis Raggio, sviluppano la tecnica del disegno onirico, partendo dallo studio del disegno simbolico e delle sue connessioni con le teorie dell'arte dadaista e surrealista. Nel disegno onirico, espressione diretta dell'attività inconscia, l’antropologia, la pedagogia, la psicologia si intrecciano ed esplorano i territori delle arti visive, plastiche, musicali e, non ultime, teatrali, con lo psicodramma che permette di portare in scena i simboli emersi dal disegno. È possibile far emergere un alfabeto segreto, risvegliare le forme "addormentate" nel nostro inconscio e trasferirle sulla carta. La tecnica dell'automatismo grafico permette al mondo interiore di affiorare in forma simbolica. Il vantaggio, oltre a quello di portare in superficie una conoscenza sepolta, è di riuscire a trovare un significato, modelli di identificazione e soluzioni. Le funzioni sono quattro: quella narrativa, attraverso la quale il soggetto narra il proprio vissuto in modo grafo-pittorico, quella rappresentativa, con cui il soggetto riproduce la realtà per come la vive, nel qui e ora, la funzione proiettiva, per proiettare appunto la propria “visione” di un evento accaduto, e infine la funzione terapeutica, con valore catartico, che permette alla persona di trasferire all'esterno la riproduzione del motivo del proprio conflitto interiore come segno grafico, visione, elaborazione.

"Il disegno onirico si inserisce nel grande orizzonte delle arti terapie - spiega la professoressa Ines Testoni, docente del dipartimento di Filosofia, sociologia, pedagogia e psicologia applicata (FISPPA) all'università di Padova e psicoterapeuta -, nello specifico è una espressione di drawing therapy, quindi una terapia che utilizza il segno con funzione terapeutica. Così come l'illuminative artwork, che ha molti punti in comune con il disegno onirico e utilizza la tecnica del disegno per permettere alle persone di prendere coscienza del proprio stato esistenziale, emotivo, mentale. E ancora l'action painting, che ci fa subito pensare all'arte di Pollock e utilizza i colori fluidi invece delle matite lavorando su grandi tele o fogli su cui vengono versate delle vernici. A seconda del tipo di gesto che viene compiuto, ovviamente, le vernici assumono forme particolari. Il disegno onirico unisce queste due caratteristiche con l'obiettivo di permettere alla persona di agire con strumenti che tracciano un segno grafico in modo non riflessivo, vale a dire lasciando che la mano si muova liberamente. Tutto questo prende ispirazione dall'arte informale, che ha destrutturato il segno grafico per liberare l'espressione inconscia. Il primo a intercettare la connessione tra il disegno e la sua funzione terapeutica di liberazione interiore, che inizia ad assumere una sua forma già a partire dagli anni Venti del secolo scorso, è stato Jung: lui stesso dipingeva, pensiamo alle tavole contenute nel suo Libro rosso. Negli anni Settanta, poi, questo aspetto ha acquisito sempre maggiore importanza grazie agli studiosi Dal Porto, Bermolen e il pittore Abel Luis Raggio, che hanno approfondito la ricerca di Jung: una ricerca psicologica e anche spirituale, alchemica. Ma è importante sottolineare che il disegno onirico non è una ricerca esoterica, anzi, non vi è nulla di condiviso con questa dimensione: semplicemente punta a esplorare il nostro universo interiore, attraverso qualcosa che somiglia molto al sogno".

Dall'incubo della guerra al sogno che cura

Ora un progetto curato dalla professoressa Testoni, in collaborazione con Larysa Rybyk, psicologa, psicoterapeuta e presidentessa dell’associazione Psicologi ucraini, punta a sostenere madri e bambini ucraini intervenendo sia nei territori martoriati dalla guerra sia nei Paesi che li hanno accolti come profughi. Si tratta di una significativa esperienza di intervento psicologico. "Nel maggio 2021, io e Larysa Rybyk abbiamo condotto insieme il nostro primo seminario in cui abbiamo parlato di lutto ed educazione alla morte - spiega Testoni -. L'incontro ha riscosso grande interesse e oltre cinquecento psicologi ucraini hanno partecipato via zoom". Il 24 febbraio 2022 scoppia la guerra e in Ucraina tutto cambia, le vite delle persone vengono travolte da un evento catastrofico impossibile da accettare: "Larysa ha mantenuto costantemente viva la rete di psicologi per consentire loro di sostenere la popolazione traumatizzata e sofferente, in particolare le donne e i bambini, poiché gli uomini sono stati nel frattempo impegnati nella difesa del territorio. I nostri rapporti si sono intensificati e abbiamo lavorato insieme per proporre un metodo di intervento per iniziare a elaborare il trauma".

Larysa Rybyk e suo figlio Antony si trovano a Kiev quando scoppia la guerra, trovano rifugio in un bunker e lì restano a febbraio e marzo. Con loro ci sono altre madri, bambini e anziani. Lo spazio è stretto, ci sono pochi pastelli e matite, qualche foglio. Rybyk decide di utilizzare i pochi strumenti a disposizione per disegnare: coinvolge le madri e i bambini e prova così a elaborare un'esperienza condivisa per affrontare ed elaborare dolore e paura. Tra marzo e aprile Larysa Rybyk e Antony riescono a lasciare Kiev e vengono accolti da una famiglia di Parigi. Rybyk riesce a mantenere i contatti con la rete dei colleghi psicologi ucraini, supportando madri e figli rimasti in Ucraina e quelli che hanno trovato rifugio in altri Paesi. E il lavoro sta continuando.

"Per questo progetto abbiamo potuto contare sulla collaborazione del nostro ateneo - precisa Ines Testoni -, in particolare dei dipartimenti di Psicologia generale (Dpg), di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione (Dpss), di Filosofia, sociologia, pedagogia e psicologia applicata (Fisppa). A cui si è aggiunto il prezioso sostegno dello PsychoClub, dell'Ordine degli psicologi del Veneto e, infine, del Centro universitario padovano che ci ha aiutato ad accogliere Larysa Rybyk".

Il disegno onirico è stato utilizzato anche nei bunker in Ucraina

Il disegno può dunque essere utilizzato per elaborare gli incubi derivanti da esperienze traumatiche. Può aiutare a trasformare un incubo in un sogno nuovo, a ritrovare benessere e speranza. "Le arti terapie, come metodo emergente di psicoterapia non verbale, mirano a migliorare la salute fisica e mentale attraverso attività creative. Inoltre, influiscono positivamente sui meccanismi di coping psicologico e sulla qualità della vita di bambini e adolescenti. Il disegno è una tecnica di arte terapia spesso utilizzata per elaborare traumi e comunicare qualcosa che non può essere espresso verbalmente". Testoni e Rybyk l’hanno dunque utilizzato nei bunker ucraini e in altri luoghi improvvisati nei Paesi che hanno offerto accoglienza a chi fugge, con bambini che non avevano tele, che usavano quel che c'era.

"I disegni realizzati sono molto tristi. Per questo progetto abbiamo scelto il disegno onirico perché la parola onirico trasmette un importante messaggio: ti insegno a sognare a occhi aperti, a rappresentare quel sogno per poterlo riconquistare, superando l'incubo. Questa è la formula utilizzata in Ucraina e con i profughi in tutta Europa. Per attivare il progetto, abbiamo chiesto la consulenza di Lucia Moretto, psicologa e psicoterapeuta che aveva proposto il disegno onirico durante la guerra nei Balcani". La situazione è drammatica, "le persone vivono un inferno - commenta Testoni -. Ricordiamoci che, prima di questa guerra l'Ucraina si stava ricostruendo soprattutto grazie al sacrificio delle donne, venute in Italia per prendersi cura dei nostri anziani, le quali mandavano regolarmente i soldi alle loro famiglie, nel loro Paese. Oggi vivono un incubo".

Veniamo ai disegni dei bambini e delle bambine disegni. "Quelli realizzati in questi ultimi mesi esplicitano chiaramente la disgregazione - spiega Testoni -. La pietra più dura che esista è il diamante, e solitamente si fa questo esercizio: chiediamo di visualizzare e disegnare questo diamante indistruttibile. Alcuni bambini ucraini hanno disegnato un diamante in mille pezzi, perché la guerra li ha distrutti dentro".

Durante una guerra si vivono esperienze terribili che non si possono dire a voce. Ecco allora cosa può avvenire durante un incontro: "Per prima cosa invitiamo le persone coinvolte a disegnare lasciandosi andare, liberamente, facendo in modo che mano destra e mano sinistra si muovano senza doverle comandare. Poi, dopo questo primo esercizio, chiediamo di immaginare qualcosa di molto forte con cui potersi immedesimare: per esempio, un animale potentissimo che riescano a sentire dentro di loro, una forte energia capace di superare qualsiasi difficoltà. Il percorso onirico, così, si orienta dal distress alla resilienza".

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