SOCIETÀ
Millennials vs. Boomers: chi vincerà la sfida delle elezioni USA 2020?
Le prossime elezioni negli Usa potrebbero rappresentare un’importante svolta non solo per il risultato finale (negli ultimi sondaggi, Joe Biden si trova al 53,9% mentre Donald Trump al 47%) ma soprattutto per la tipologia di elettori che andranno alle urne a novembre. Dal 2019, infatti, i Millennials hanno superato di numero di Baby Boomer. Questo cambiamento generazionale potrebbe portare a un radicale cambiamento nella politica statunitense, mettendo al centro del discorso politico le tematiche legate all’attualità come i cambiamenti climatici, i diritti per le persone afroamericane e per la comunità LGBTQ+ e l’immigrazione.
Per inquadrare meglio la situazione è bene spiegare che cosa intendiamo con il termine Baby Boomers o semplicemente Boomers, Millennials e Generazione Z. Per quanto riguarda il primo caso, i Boomers sono coloro nati tra il 1946 e 1964: si tratta di una fascia di popolazione vissuta in un’America in crescita. Hanno beneficiato della vittoria del proprio paese nella Seconda guerra mondiale, hanno visto diventare la propria nazione una superpotenza a livello mondiale ed esplodere la propria economia: per ognuno di loro c’era un posto di lavoro con un buon stipendio.
A cavallo tra i Boomers e i Millennials troviamo la Generazione X che riguarda le persone nate tra il 1965 e il 1980. Hanno vissuto in un periodo di relativa stabilità sociale ed economica, mentre la generazione successiva offre invece una realtà molto diversa. Con il termine Millennials prendiamo in considerazione la popolazione nata tra il 1980 e il 1995. La loro America sta affondando: hanno subito in poco più di dieci anni due “schiaffi” in faccia, la grande recessione del 2008 e la pandemia di Covid-19. Una buona parte della loro vita è dettata dai debiti scolastici e l’immigrazione rappresenta una tematica cruciale. A questi temi si aggiungono la lotta per un’assistenza sanitaria accessibile a tutti e i movimenti contro i cambiamenti climatici. In poche parole, l'attivismo di questi ultimi anni ha fatto rinascere la voce di una generazione che si dava per mancante.
La Generazione Z è la novità di queste elezioni americane. Nati tra il 1996 e il 2010, sono molto più diversificati dal punto di vista etnico: molti di loro hanno origini africane, ispaniche o asiatiche, essendo figli di seconda o terza generazione. Incarnano il concetto di “nativi digitali” e la loro istruzione sembra essere superiore rispetto alle generazioni precedenti. Con i Millennials, la Generazione Z condivide molti punti di vista sulle questioni che la politica americana dovrebbe prendere in considerazione: l’unica differenza è che questa generazione ritiene che il governo dovrebbe prendersi carico dei problemi.
Secondo il Brookings Institution, un centro di ricerca no profit specializzato in scienze sociali, politica interna ed estera, ci fornisce un quadro della popolazione statunitense molto interessante: a luglio 2019 i Millennials, la Generazione Z e quella Post Z rappresentavano il 50,7% della popolazione statunitense, quasi 166 milioni contro i 162 dei Boomers.
William H. Frey, senior fellow del Brooking Institution, ha analizzato alcuni aspetti interessanti dal punto di vista sociologico e demografico che ci possono aiutare a definire con più precisione le caratteristiche delle “nuove generazioni” e le possibili trasformazioni della politica ed economia americana. L’attuale presidente Trump, durante la sua campagna elettorale e non solo, ha sfruttato il concetto di cambiamento demografico razziale, portandolo verso un significato negativo per attrarre elettori bianchi più anziani. Questo è uno sguardo contorto della popolazione americana: quasi la metà dei giovani (Millennials, Generazione Z e Post Z) appartengono a una minoranza etnica, un punto che ha favorito l’unione tra queste tre generazioni, che cercano la giustizia sociale, evidentemente lasciata da parte dall’attuale governo.
LEGGI ANCHE
Le ferite degli Stati Uniti: dall'emergenza sociale alla crisi sanitaria ed economica
Il Pew Research Center definisce ancora meglio questa posizione. Tenendo conto che l’elettorato è rappresentato da tutti i cittadini che hanno compiuto i 18 anni d’età, è proprio la Generazione Z con la sua eterogeneità etnica la vera punta di diamante. Per molti di loro sarà la prima volta, dato che nel 2016 una buona parte di queste persone non aveva ancora raggiunto la maggiore età (solo il 4% aveva diritto al voto): ora, nel 2020, rappresenteranno un elettore su dieci.
Il Center for Information & Research on Civic Learning and Engagement, un ente di ricerca indipendente e non politico focalizzato sull’impegno civico dei giovani negli Stati Uniti, ha dichiarato che il numero di giovani che si sono registrati per votare quest’anno è decisamente più elevato rispetto alle precedenti elezioni. Ma questi dati rassicuranti non possono costituire una base solida per il cambiamento: secondo i sondaggi, l’entusiasmo dei giovani, indipendentemente dallo schieramento politico, è schiacciato dal fatto che non si sentono rappresentati a dovere, o per meglio dire, si sentono ignorati da entrambi i candidati.
Pur avendo poco più della metà dei giovani dalla propria parte, il Partito Democratico deve cambiare rotta per avere la certezza di questi voti. Secondo in New York Times, i candidati Dem che hanno colpito maggiormente le giovani generazioni sono stati Bernie Sanders ed Elizabeth Warren. Il candidato ufficiale Joe Biden ha basato la sua campagna elettorale verso un pubblico non più giovane e a oggi fare marcia indietro forse è tardi. Il punto principale è stato il suo voler tornare alla normalità dopo quattro anni di governo Trump: questo però non basta a convincere i giovani elettori.
L’incertezza per il risultato delle prossime elezioni è dato proprio dalla poca fiducia che i Millennials e la Generazione Z hanno nei confronti di Biden: molti non sanno ancora se andare a votare a novembre, a causa della sensazione di non essere adeguatamente rappresentati e più in generale di frustrazione verso la politica e il governo. Anche se molti sondaggi hanno dimostrato come un candidato più giovane avrebbe spinto maggiormente le nuove generazioni al voto, l’unica soluzione ora è trainare il Partito Democratico verso un pensiero progressista, prendendo le preoccupazioni dei giovani come spinta verso un futuro più equo, sostenibile e giusto e non come semplici problemi da risolvere.