SOCIETÀ

Nutrirsi dopo il Covid: meno sprechi e più biodiversità

Pane, pizza, pasta: quanti si sono trovati in questo periodo ad ammassare farina e lievito, a lungo quasi introvabili. O a spadellare nel tentativo di sfogare l’istinto creativo e un bel po’ di stress. Un modo forzato per riscoprire la centralità del cibo, bisogno essenziale e fulcro della vita familiare ma anche elemento essenziale per l’economia: “La filiera agroalimentare è una delle poche ad essere rimaste attive, anche se la ristorazione ha avuto grosse difficoltà, solo parzialmente compensate dall’aumento della produzione da asporto”.

A parlare è Andrea Segrè, docente di politica agraria internazionale e comparata all’università di Bologna, nonché fondatore e presidente di Last Minute Market-Impresa socialespin off accreditato presso il medesimo ateneo specializzato nello sviluppo di progetti e servizi per la prevenzione e riduzione degli sprechi. “Dal punto di vista dei numeri l'agricoltura conta ancora relativamente poco per la nostra economia, come in tutti i Paesi sviluppati: qualche punto percentuale in termini di prodotto interno lordo e di occupazione, qualcosa di più se considera la filiera e l’indotto. Con il lockdown però qualcosa è cambiato: è come se il settore agroalimentare avesse riacquistato una centralità che aveva in qualche modo aveva perso”.

Eppure oggi il settore è messo in pericolo dalle spinte protezionistiche che stanno emergendo dal naufragio della globalizzazione: “A noi piace raccontare la vendita diretta, il chilometro zero, la filiera corta: in un’ottica più ampia però il sistema è in salute soprattutto se esporta. Qui dobbiamo stare attenti e presentarci come Paese che ha una massa critica importante, organizzato, e magari approfittarne per recuperare sui mercati esteri una quota di cibo italian sounding, che indica una voglia diffusa di prodotto italiano. Quella è la strada: abbiamo dovuto interromperla in questa fase ma appena sarà possibile dobbiamo riprenderla”.

La reclusione forzata è stata anche l’occasione per costruire un nuovo rapporto con il cibo, basato su minori sprechi e maggiore sostenibilità. A dirlo sono i dati del Rapporto #iorestoacasa 2020 dell’Osservatorio Waste Watcher di Last Minute Market / SWG, basato su un’indagine condotta dal 29 aprile al 5 maggio su 1.200 soggetti. Se da una parte durante il lockdown è aumentata la spesa per il cibo, allo stesso tempo i numeri dicono che gli italiani hanno scommesso sulla qualità oltre che sulla quantità, diminuendo addirittura lo spreco. Per un italiano su due la quantità di rifiuti è rimasta la stessa del periodo ante-quarantena, mentre per uno su cinque (19%) la quantità è addirittura scesa. Allo stesso tempo nelle settimane di lockdown ben 7 italiani su 10 si sono cimentati ai fornelli con frequenza più rilevante rispetto a prima, e ben 4 su 10 lo hanno fatto con rilevanza estremamente superiore rispetto al passato.

“Quella che registriamo è la conferma di una tendenza già in atto – continua Segrè –. Nel nostro Paese lo spreco sta diminuendo da tempo, anche a causa della crisi e di campagne di sensibilizzazione come quella per lo Spreco Zero, che abbiamo lanciato 10 anni fa. Poi, stando a casa, forse abbiamo anche imparato a fare la spesa bene, una volta a settimana e con la lista pronta. Per molti è stato un vero e proprio corso accelerato di economia domestica: del resto che senso ha produrre cibo buono e sostenibile, se dopo non si comprende il suo valore e lo si getta via, tra l’altro generando rifiuti e quindi altri costi? Inoltre la crisi ci sta impoverendo, quindi buttare via il cibo oggi ha ancora meno senso”.

Ancora oggi, ci ricorda l'Osservatorio Waste Watcher, ogni italiano butta in media ogni giorno 100 grammi di cibo, che diventano 37 chili pro capite e 85 a famiglia ogni anno: un valore per ogni nucleo familiare pari a 450 euro, ma anche un costo per smaltire i rifiuti e un peso sull’ambiente sempre meno giustificabile. Dati proveniente dall’ultimo libro di Segrè, Il metodo spreco zero (Rizzoli 2019), che elenca anche alcuni modi per incidere in maniera significativa sulla sostenibilità delle proprie abitudini alimentari.

Non è tutto, perché il lockdown sembra risvegliato negli italiani anche una maggiore attenzione per la biodiversità, come rilevato da un altro studio: il Rapporto #Biodiversità, I care 2020, sempre dell’Osservatorio Waste Watcher di Last Minute Market / SWG, diffuso in occasione del 5 giugno, Giornata Mondiale dell’Ambiente dedicata quest’anno proprio alla Biodiversità. “Questo risveglio dell’ambiente attorno a noi, mentre eravamo chiusi in casa, ci ha fatto capire anche il valore della biodiversità – conclude Andrea Segrè –; all’inizio può sembrare un termine astratto ma in realtà è una grande ricchezza: basta lasciarle un po’ di spazio per averne tutti grandi benefici. Questa pandemia è stata soprattutto una tragedia: cerco però di vedere anche il bicchiere mezzo pieno, magari di buon vino, perché questo tempo sospeso sia in realtà ben speso. E magari anche l’opportunità per cambiare in meglio comportamenti oggettivamente sbagliati, come appunto lo spreco e l’inquinamento. Capisco chi dice di voler tornare alla normalità, ma a mio avviso la normalità di prima era un problema”.

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