SOCIETÀ
Risse tra adolescenti: l'origine della violenza e il ruolo dei social
Da Roma a Venezia, nelle ultime settimane, in piena pandemia, gruppi di adolescenti si sono ritrovati in luoghi noti, in spazi aperti, nelle piazze del loro ritrovo serale, scatenando risse e assembramenti, nella maggior parte dei casi senza utilizzare le mascherine per proteggersi dal contagio.
L'origine della violenza
Viene spontaneo interrogarsi sull'origine di tutta questa violenza per cercare anche di capire in cosa potrebbe trasformarsi. A questa domanda risponde la professoressa Michela Gatta, referente del gruppo di lavoro e ricerca di Neuropsichiatria infantile di Padova, con le colleghe Silvia Zanato e Annalisa Traverso. "Senz’altro sono molti i fattori che entrano in campo a spiegare da dove nasce tutta questa violenza. Lasciamo in questo caso da parte le condizioni dell’ambito clinico caratterizzate da fragilità narcisistica patologica, discontrollo degli impulsi, tendenze antisociali. Di frequente, connesse a quanto si esprime come violenza, è possibile rinvenire rabbia da frustrazione (sono tante le ragioni per cui i ragazzi oggi si sentono frustrati), noia (intesa come stato emotivo spiacevole piuttosto che come anestesia emotiva o ideativa), moda. Questa ultima sembra forse meno associabile alla violenza, ma se pensiamo per esempio alla musica quale dimensione che impregna la fase adolescenziale, possiamo verificare l’attualità del genere trap, così comune e diffuso tra i ragazzi fin dall'età della scuola secondaria di primo grado, che di fatto inneggia alla violenza con testi cupi e minacciosi, i cui temi tipici di vita di strada tra criminalità e disagio, povertà e droga, si sono diffusi quale cultura giovanile. Certo stride questa modalità di riproporre la realtà americana riferita a luoghi abbandonati e degradati nei sobborghi in cui si spacciavano sostanze stupefacenti, nel diverso contesto del nostro Paese e in questo momento storico - in aggiunta, ma si presta quale risposta a rabbia da frustrazione, noia e senso di affiliazione".
Quelle di Roma e Venezia vengono definite maxi-risse per il numero elevato di partecipanti e di ragazzi che accorrono ad assistere. In piena pandemia, con gli assembramenti vietati, si tratta di una evidente provocazione. C'è un messaggio dietro questi eventi?
"A vedere bene risse e baby gang sono fenomeni pre-covid, tra i giovani - precisa la professoressa Gatta - Forse ora è possibile leggerci anche un messaggio sociale di presa di posizione di fronte a limiti percepiti come imposti e magari ingiusti. Per chi lavora in ospedale come noi è scontato e sensato il limitarsi per contenere la diffusione covid e quindi fare il bene comune, ma per chi non è dentro a questa realtà, la stessa può apparire esagerata. Molti adulti - non solo giovani - attivano comportamenti contrastanti rispetto alle attuali norme preventive e, in generale, rispetto alla realtà che stiamo vivendo da circa un anno. Negare l'evidenza, attuando comportamenti rissosi all'insegna della forza e prevaricazione, può anche costituire una forma difensiva nei confronti di una condizione che causa angoscia, frustrazione e senso di impotenza".
Il ruolo dei social network
I ragazzi si danno appuntamento in chat e poi, sempre attraverso i social, condividono e diffondono le immagini delle risse. La rete e i social network hanno un ruolo centrale in tutto questo.
"La diffusione tramite strumenti digitali sfrutta l'immagine che ha le caratteristiche di una comunicazione immediata e molto reale, oltre che una diffusione istantanea su larga scala che non tiene conto dell'interlocutore o di eventuali sue fragilità - continua Michela Gatta con il suo gruppo di ricerca - Per alcuni comportamenti può accadere che questo tipo di comunicazioni inneschi un effetto di contagio sociale, secondo il quale l'azione condivisa diventa una sorta di prescrizione nell'orientamento del comportamento di altri che si riconoscono simili. Il meccanismo alla base di questo è l'imitazione, che è una caratteristica innata dell'essere umano. Per esempio, i video e la musica più di tendenza sui social, suggestionano e attivano imitazione tra i giovani, orientando gli atteggiamenti e i comportamenti, fungendo da modello che assicura fama, successo e like. Se pensiamo che oggi si cresce in un contesto dove il successo e la fama vengono prima di tutto, non è difficile comprendere come la violenza, quale moda, prenda piede sulla base della necessità di sentirsi parte di un gruppo che fa tendenza, che riscuote popolarità, che ti fa sentire ‘forte’. Il rischio che questi eventi si trasformino in fenomeni di moda pertanto è reale, e ci fa riflettere su quanto sia importante la comunicazione negli anni che stiamo vivendo, sollevando la necessità che si plasmi una società di adulti responsabili, che sappiano trasformare i messaggi in comunicazioni che abbiano effetto protettivo o che sappiano mediare sulle comunicazioni. L'epoca dell'emergenza sanitaria di sicuro non aiuta ma impone che, a fronte dell'esplosione massiva dell'uso del digitale, vi sia un obbligo educativo all'utilizzo di questi strumenti".
Servizio di Francesca Boccaletto, montaggio di Barbara Paknazar
Sul ruolo dei social si esprime anche il professor Alessio Vieno, docente e responsabile scientifico di Lab ID, laboratorio di ricerca e intervento su internet e dipendenza dell’università di Padova: "Siamo di fronte a un fenomeno in continua evoluzione. I social media e le nuove forme di comunicazione rapida rendono immediata la fruizione di ogni cosa. La velocità è la caratteristica di questo mezzo, cosa che porta a una riduzione del tempo del pensiero. In generale, gli adolescenti sono sempre meno in grado di procrastinare, di attendere la soddisfazione di un desiderio, soprattutto con l'arrivo dello smartphone".
Sulle risse delle ultime settimane e sul rischio che questi eventi si trasformino in una moda aggiunge: "Siamo di fronte a un fenomeno vecchio che si realizza con modalità nuove [...] Il rischio di emulazione esiste da sempre, fa parte dello sviluppo adolescenziale. Siamo esseri che apprendono emulando dei comportamenti ed è inevitabile che alcuni comportamenti in questa fase della vita siano esplosivi: questo non vuole dire giustificare, ma osservare il fenomeno con le lenti dei social media che rendono tutto immediato [...] Il problema è dato dalla rapidità di diffusione dei video diffusi in rete e dalla platea ampia, oggi l'amplificatore è davvero molto potente".
Infine, Vieno riflette sul ruolo del caregiver, l'adulto, chiamato ad accompagnare i giovani, a comunicare con loro: "A me sembra che le nuove tecnologie siano spazi arricchenti per gli adolescenti, ma nascondono insidie e rischi, del resto anche vivere è rischioso. Gli adulti non devono usare questi mezzi come silenziatori, devono interagire con i ragazzi anche attraverso queste nuove tecnologie, non devono lasciarli soli ma aiutarli ad affrontare, anche e soprattutto, questo periodo delicato, che nella loro vita lascerà un segno indelebile".