SOCIETÀ

Terra dei fuochi, ora è urgente bonificare seriamente

La sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CtEDU), emessa il 30 gennaio scorso sul caso Cannavacciuolo e Altri contro Italia sulla situazione di inquinamento nella cosiddetta “Terra dei fuochi”, nel territorio tra Napoli e Caserta, dove vivono tre milioni di persone, sta avendo un certo impatto mediatico e pubblico.

Il caso è stato avviato dai ricorsi fatti ormai più di 10 anni fa da alcuni residenti in quei comuni, classificati a rischio per la salute dovuto all’abbandono, l’interramento e l’incendio illegale di rifiuti. La vicenda si snoda in un lungo periodo, tra gli anni ’80 del secolo scorso e gli anni ’10 di questo, nel corso del quale il traffico illegale e la scorretta gestione dei rifiuti tossici sono stati sistematici e continui.  

Ora la sentenza della Corte europea, nelle sue oltre 170 pagine, dice chiaramente che l’Italia ha violato l’art. 2 (diritto alla vita) della Convenzione europea dei diritti umani (CEDU). E che deve porre rimedio, mettendo in campo azioni di riqualificazione ambientale che verranno valutate nei prossimi due anni.

La sentenza e le misure da attuare

Chi scrive, oltre a essere epidemiologo ambientale del Cnr, è stato uno dei consulenti dei ricorrenti.

La sentenza in questione, nel richiamare l’attenzione sulla criticità della situazione ambientale e sanitaria nella Terra dei Fuochi, ripropone più in generale l’urgenza di azioni efficaci di rimozione o mitigazione dei rischi che minacciano la salute in aree palesemente inquinate, tanto che per legge sono definite “siti da bonificare”, ma che stentano o tardano ad esserlo: un paradosso che si alimenta da oltre 20 anni, con effetti pesanti su ambiente, salute, e anche sui diritti fondamentali.

Va poi sottolineato che la Sentenza non è della corte di Giustizia della UE (CGUE), quella che si era espressa di recente su Ex-Ilva di Taranto, ma arriva dalla Corte europea per i diritti umani (CtEDU), un organo giurisdizionale internazionale, istituita nel 1959 dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, cui aderiscono tutti i 46 membri del Consiglio d'Europa.

La sentenza si poggia sui capisaldi stabiliti dalla succitata Convenzione Europea, in particolare sul rispetto del Diritto alla vita (art.2), alla vita privata e familiare (art.8), a un ricorso effettivo (art.13). Vale la pena di rileggere quest’ultimo: “Ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella presente Convenzione siano stati violati, ha diritto a un ricorso effettivo davanti a un’istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali.”

Infine, in accordo con l’articolo 46 “Forza vincolante ed esecuzione delle sentenze”, la Corte prescrive misure dettagliate da attuare entro due anni dal passaggio in giudicato della sentenza, per affrontare il problema della Terra dei Fuochi, ravvisando “la necessità di una strategia globale che riunisca le misure esistenti o previste, un meccanismo di monitoraggio indipendente e una piattaforma di informazione pubblica” (con rinvio a casi analoghi pendenti non ancora notificati al Governo).

Messa in sicurezza e bonifica non sono la stessa cosa

Per non restare ripiegati sul passato occorre però valutare in modo approfondito gli interventi già realizzati e quanto rimane da fare. Se è vero che, come rivendicato dal vice presidente della regione Campania, Fulvio Bonavitacola, sono stati eseguiti numerosi e significativi interventi di risanamento, specie da quando le aree sono passate da siti nazionali a siti regionali, è vero anche che il bicchiere non è ancora neanche mezzo pieno. Infatti, come si può ricavare dall’anagrafe degli interventi di bonifica conclusi e non conclusi della stessa Regione Campania, i siti ancora da bonificare sono più numerosi di quelli su cui si è interventuti.

Un altro aspetto importante che merita di essere chiarito riguarda il periodo temporale a cui la sentenza è riferita, che non riguarda affatto solo “cose vecchie” come riportato su diversi media. Infatti, l’iter prese sì avvio con quattro ricorsi presentati nel 2014 e 2015, ma era poi stato aggiornato nel settembre 2019, con osservazioni dei consulenti dei ricorrenti in risposta a quelle presentate dal Governo.

Questo non è un aspetto secondario, perché la situazione descritta a supporto dei ricorsi non risulta sanata nel tempo, per diversi motivi. In primo luogo molte malattie hanno una latenza medio-lunga dal momento dell’esposizione dannosa al momento della diagnosi o del decesso e, come una molla che impiega tempo per caricarsi, necessita tempo anche per scaricarsi. “Latenza” significa infatti che le malattie possono manifestarsi anche molto tempo dopo che una persona è in qualche modo entrata in contatto con l’inquinante: anche se si attenua l’esposizione si prolunga il rischio di ammalarsi.

Inoltre, molte pressioni ambientali che per tanti anni hanno minacciato e poi alterato la salute sono tutt’ora presenti. In particolare l’inquinamento di terreni e acque di falda e delle matrici alimentari da metalli pesanti e sostanze organiche in siti non bonificati. Le attività di risanamento effettuate sono del tutto insufficienti e spesso si è trattato di interventi di messa in sicurezza, importanti ma da non confondere con bonifiche vere e proprie.

Cosa dicono i dati epidemiologici

I dati dell’ultimo “rapporto Sentieri” (che dal 2011 fornisce i dati epidemiologici della maggior parte dei Siti da bonificare) continuano a riportare numerose anomalie della mortalità nell’area del Litorale Domizio Flegreo e Agro Aversano (77 Comuni con quasi 1 milione e mezzo di abitanti): eccessi di mortalità sia a carico dei maschi sia delle femmine del 9% per tutte le cause, di oltre il 10% per tutti i tumori, del 7% per le malattie del sistema circolatorio, a carico delle femmine per malattie degli apparati respiratorio, digerente, urinario. Situazione analoga nell’area “Litorale Vesuviano” (11 comuni con oltre 400 mila abitanti).

Va detto che la situazione anomala non dipende solo dall’inquinamento ambientale, che tuttavia ha un ruolo rilevante, come risulta dai lavori scientifici che hanno considerato sia l’esposizione ambientale sia i fattori di rischio individuali.

La Sentenza rafforza l’impegno ad accelerare le attività di risanamento e bloccare definitivamente i fenomeni che portano nuovo inquinamento, come quello dell’interramento e combustione dei rifiuti, e nessuno dovrebbe rallegrarsi, anche se sono stati fatti passi positivi.

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