Una illustrazione tratta dal libro "Acerbo sarai tu" di Silvia Vecchini e Francesco Chiacchio (Topipittori)
"Quello che amiamo dei bambini e degli animali è che non fanno niente apposta, gli viene così. Noi costruiamo percorsi, mappe, progetti, luoghi, discorsi e loro spostano tutto, scavalcano, cavalcano, bucano, scassano, impilano, ci disfano e ci rinascono". I versi dei e per i bambini contengono tutte le emozioni, la gioia e il dolore, il desiderio e la paura, i loro sentimenti non conoscono censure né confini, raccolgono tutto, si prendono cura di tutto e distruggono tutto, per ricominciare con immutato entusiasmo e rinnovato desiderio.
La poesia è un ottimo mezzo di espressione per i più piccoli: permette di volare alto e trovare un nuovo modo per comunicare, liberare i pensieri, curare le ferite. Lo sa bene la poetessa Chandra Livia Candiani che, da molti anni, porta nelle scuole primarie i suoi laboratori di poesia. Nel libro Ma dove sono le parole?, da lei curato insieme ad Andrea Cirolla, (Effigie edizioni, 2015) trovano posto i testi scritti, proprio durante i suoi seminari, dai bambini delle periferie multietniche di Milano. Il libro è uscito qualche anno fa ma si offre, ancora oggi, come una mappa sentimentale, senza scadenza, modello per poeti, insegnanti, genitori, educatori.
"Una maestra voleva un poeta a scuola e lo chiese a una sua vecchia insegnante di liceo che fece il mio nome - racconta Chandra Livia Candiani ricordando la sua esperienza in classe - Andai a scuola e, non sapendo che di solito i poeti vanno a parlare delle loro poesie e a farsi fare domande sull’arte di poetare, feci scrivere i bambini. Così, un po’ a tentoni. Alla maestra piacque, ma soprattutto i bambini chiesero poesia e poesia e insomma ritornai, e a poco a poco mi inventai un piccolo metodo. Quella prima volta una bambina cinese scrisse un tema che diceva: Credevo che le poetesse fossero noiosissime, invece questa aveva una vocina piccola piccola e quando ho visto le sue scarpe ho visto che portava forse il 32, quindi è una principessa. Quando lo lessi tremai, perché avevo brutte scarpe vecchie, ma lei vedendole piccole mi scambiò per una principessa".
“ Nel mio paese resta ancora la guerra / resta la morte e la paura. / Quando lascio i miei amici / mi resta la loro delicatezza. / Quello che resta del mondo nel mio cuore / è felicità e tristezza Baraa, dieci anni, siriana
Sono bambini tra gli otto e i dieci anni, quelli incontrati da Chandra Livia Candiani: pochi italiani, molti da Paesi lontani, da Cina, Uruguay, Brasile, Panama, Perù, Colombia, Bangladesh, Pakistan, Sri Lanka, Filippine, Marocco, Tunisia, Russia, Romania, Ucraina, Egitto, Siria, Ecuador. "Alcuni sono appena arrivati, altri sono in Italia da tempo, altri sono nati qui". Per lavorare con loro, la poetessa ha inventato un metodo inclusivo, per non emarginare chi parla lingue diverse dall'italiano: "Partiamo da un punto in cui conoscere molte parole non è affatto quello che conta. Partiamo dal corpo, dalla presenza e dagli stimoli sensoriali che la vita regala a ogni istante. Non inizio mai spiegando loro cos’è la poesia, ma segnando un leggero e variabile percorso per andare insieme in cerca del luogo in cui abitano le parole. Ma dove sono le parole? Un verso di un anonimo poeta nicaraguense dice: Un poeta siente: un poeta sente, percepisce, avverte, intende, ha sentore e presentimento. E così giochiamo con il sentire e scriviamo le tracce che i sensi lasciano in noi".
“ Un’inondazione che spazza via tutto / L’acqua che scorre sui tetti delle case / La pioggia che scorre negli occhi / Le urla della gente che chiedono aiuto / E una festa che nasce nel sorriso Alessandra, nove anni, filippina (dedicato al tifone delle Filippine)
Ora, non so che effetto vi facciano queste parole, a me arrivano con forza, come un colpo di vento improvviso, spalancano finestre e mi offrono inaspettate epifanie. Leggendo, abbiamo il privilegio di incrociare le vite e i pensieri di bambini con storie molto diverse tra loro, "bambini con le cicatrici in faccia, bambine con il velo, bambini che ridono da far saltare in aria le pareti, bambini vecchini che trascinano i piedi in corridoi desolati, bambini stanchissimi, bambini maestri di essenziale".
"Ho imparato a riconoscere i bambini rom perché quasi tutte le loro poesie parlano della notte. Loro la notte la conoscono sulla pelle, nelle ossa, come la pioggia: [...] Quando torno a casa e vado a dormire, sono piena zeppa di facce, di musi, di storie, di parole a metà, di versi spacca-petto, di sorrisi di trionfo, di lacrime che avevano bisogno di capirsi, di mani sudate e me li tengo tutti e me li porto nei sogni, li salvo, fino al giorno dopo". Ramayana, nove anni, scrive: "Le mani che scrivono le poesie / sono le stesse mani / che fanno le pulizie". E Maria, dieci anni, si presenta così, con una poesia che è una carta d'identità: "Vengo dalla Romania. / L’amore del mio paese / è nel mio cuore. / Penso ancora al mio paese. / L’aria del mio giardino / mi fa sentire un amore / chiuso".
“ Io sono come un mare in bufera / il silenzio non lo conosco, / quando non sono attenta / ho gli occhi come foglie che cadono, / per il vento. / Ho le lentiggini come la sabbia fine, / infinita, / morbida Valentina, nove anni, italiana
"Ho sognato un parco giochi, un tunnel / un tubo d'acqua in cui cadevo / acceleravo al buio / senza freno verso il fondo, / veloce scivolavo giù, scendevo / ho sognato che nascevo". Questa è invece una delle poesie scritte da Silvia Vecchini per Acerbo sarai tu, un piccolo libro illustrato magnificamente da Francesco Chiacchio per la collana Parola magica della casa editrice Topipittori. Qui è una autrice adulta a scrivere per i più piccoli ed è per questo che il progetto risulta particolarmente ambizioso. Vecchini riesce in un'impresa ardua: comprendere e svelare le "emozioni bambine", entrando nei loro nascondigli. Al centro dei suoi testi ci sono gli anni difficili della crescita attraversati dallo stupore, dal dolore, dalla noia, dal desiderio, dall'immaginazione e dalle contraddizioni. "La noia del pomeriggio è un diario vuoto, / un orario provvisorio in bianco, / non sto facendo nulla, eppure / sono stanco".
“ Il mio silenzio è il suono paura / suono terrore suono sentimento suono / terribile suono felice e suono forte. Cheng, undici anni, cinese
Ritornando ai versi scritti dai bambini, ecco cosa pensa della poesia Leo, 9 anni, nel libro Da grande voglio fare il poeta, a cura di Azzurra D'Agostino (ElectaKids): "La poesia non è una fotografia / sta in una scia e dopo vola via / La fantasia può essere descritta / e scritta, però deve essere dritta". Un bel ritratto, una visione a cui avrebbe potuto agganciarsi anche Gianni Rodari, che il poeta l'aveva addirittura mandato sulla Luna...
"[...] Ha da essere un poeta sulla Luna ad allunare: / con la testa nella luna / lui da un pezzo ci sa stare. / A sognar i più bei sogni / è da un pezzo abituato: / sa sperare l’impossibile / anche quando è disperato. / Or che i sogni e le speranze / si fan veri come fiori, / sulla luna e sulla terra / fate largo ai sognatori".
“ Certe volte le parole sembrano / un muro perché sono dure. / I pulcini quando piangono sembrano / parole che vogliono cantare Davide, dieci anni, italiano