CULTURA
La "discrezione" è un reato
Damien North, professore universitario di filosofia, studi sul ‘modello ottico nella filosofia classica’. Dalla morte della compagna, 10 anni fa, conduce una vita volutamente scialba e appartata, tenuta il più possibile al riparo da ogni coinvolgimento emotivo. Finché, all’improvviso, le sue corazze e le sue abitudini vengono stravolte e spezzate da un’accusa infamante: quella di aver scaricato foto pedopornografiche da internet.
È questo il punto da cui inizia a dipanarsi la trama di Un uomo discreto, presentato dall’autore Alexandre Postel durante l’ultima edizione della Fiera delle parole. Romanzo lineare ma sofisticato, semplice ma coinvolgente, che va ben al di là delle categorie del giallo e del noir per toccare diversi temi di scottante attualità. Postel, scrittore francese giovane (33 anni) e promettente, non si limita a raccontare la discesa all’inferno del protagonista, la progressiva costruzione mediatica e sociale del ‘mostro’: oggetto di riflessione è la società attuale nel suo complesso, in apparenza aperta e sessualmente liberata come non mai, in realtà dominata da un controllo tanto pervasivo quanto sfuggente. “Michel Foucault parlava di biopotere – spiega l’autore al Bo –: oggi il potere non si esprime più attraverso l’uso della violenza, quale può essere la tortura o la pena di morte, bensì con il controllo costante sui corpi e sulle loro pulsioni”.
Una società quella odierna in cui resta traccia di ogni azione, e in cui l’essere poco social, ogni tentativo di riserbo e di autonomia di giudizio sono guardati con malcelato sospetto. Cosa nasconde Damien North, perché non vuole essere notato? Se lo chiedono vicini e colleghi, i media e la polizia. A ritorcersi contro di lui, più che le sue azioni, è il suo carattere, il suo essere un uomo riflessivo, ‘discreto’. E un po’ alla volta è lo stesso protagonista – un po’ come Benjamin Malaussène, che nei romanzi di Daniel Pennac lo fa di mestiere – a calarsi, pur sapendosi innocente, nella parte di vittima sacrificale. Non ha alternative: il fatto stesso di non voler ammettere la propria colpa diventerebbe anzi la prova definitiva della sua colpevolezza. “Cerchi di capire, nella sua situazione – gli dice il suo avvocato –. Hanno trovato quei file sul suo hard disk, sono lì... Un hard disk non mente, non è come un essere umano... Capisce cosa voglio dire? Dichiararsi non colpevole, in queste circostanze, potrebbe essere interpretato come un’impertinenza...”
Il libro sviluppa una fitta rete di rimandi, non solo letterari – certamente Kafka e Pirandello, Cechov per la minuzia e precisione di certi dettagli – ma anche cinematografici: da Hitchcock e Garde à vue di Claude Miller, con Michel Serrault e Lino Ventura, fino al recente Il sospetto del regista danese Thomas Vinterberg. Su tutto domina la dissociazione del protagonista, la sua progressiva adesione al ruolo che gli è imposto. “Ero attratto dalla differenza tra il modo in cui ci si considera e quello in cui si viene percepiti – continua lo scrittore –. In fondo nella vita di tutti i giorni abbiamo raramente l’occasione di riflettere sulla nostra vera identità, su chi siamo veramente. A meno di non frequentare uno psicanalista, o di incorrere in una disavventura come quella accaduta al protagonista del mio libro”. Per spiegare questo fenomeno di alienazione Postel ricorre più volte nel libro alle illusioni ottiche: “Dimostrano che questa distanza tra reale e percepito fa parte di noi. Nemmeno l’occhio, il nostro principale organo di senso, non riesce a percepire la realtà senza modificarla”.
Con tutto questo il romanzo riesce a non essere cupo: “Per certi versi ho anzi l’impressione di aver scritto un libro comico – continua Postel –. Il protagonista commette ogni genere di errori e di gaffe: ogni sua azione gli torna indietro come un boomerang, un po’ come in un film di Charlie Chaplin”. Alexandre Postel, che ha frequentato l’École normale supérieure a Lione, oggi insegna lettere nelle scuole superiori e Un uomo discreto è il suo primo romanzo. Il percorso attraverso il quale è arrivato alla letteratura è quanto di più normale: “Ho sempre desiderato scrivere, quindi anche nella scelta dell’università mi sono orientato verso le materie letterarie. Dopo i 20 anni ho iniziato a farlo con una certa continuità, mandando i miei testi alle case editrici. Finché al quarto tentativo sono finalmente riuscito a pubblicare un libro”. Una carriera quindi agli inizi, ma che ha già avuto una svolta con l’attribuzione del prestigioso premio Goncourt 2013 per il miglior esordio.
Daniele Mont D’Arpizio