Il titolo potrebbe stupire, per quell’associazione di termini dalle connotazioni antitetiche. Ma il lettore che sfogli Armati di scienza (Raffaello Cortina Editore 2021) ne troverà motivo già nelle prime righe: “Quel che voglio suggerire con il richiamo alla necessità di ‘armarci’, specie nei tempi pandemici che stiamo attraversando, è la necessità di farsi letteralmente forza della scienza e del suo metodo. Un portentoso strumento per conoscere la realtà delle cose e affrontare un presente sempre più tumultuoso di fatti, eventi, informazioni senza correre il rischio di essere trascinati, privi di difese, da mode, narrazioni fantasiose e suggestioni pericolose – specie nella salute e in politica – per ciascuno di noi e la società tutta”.
E nei sette capitoli che compongono il volume, Elena Cattaneo, professoressa ordinaria di farmacologia all’università degli studi di Milano e senatrice a vita dal 2013, quel metodo lo illustra. Spiega che la scienza è un processo conoscitivo complesso, contraddittorio, fatto di conquiste e fallimenti. Non, dunque, un avanzamento lineare. Ed è un processo che richiede tempo. Una nuova scoperta scientifica deve seguire la strada della trasparenza e della riproducibilità. I risultati devono essere messi a disposizione dell’intera comunità scientifica, per permettere ad altri ricercatori di ripetere gli stessi esperimenti nell’ottica di ottenere (auspicabilmente) gli stessi dati.
È importante, sottolinea l’autrice, fornire ai cittadini gli strumenti proprio per comprendere la scienza come metodo, per capire che il “rischio zero” o l’“errore zero” non esistono, ma che la conoscenza viene acquisita esaminando prove e dati che devono essere resi pubblici, verificabili e ripetibili. In questo processo, secondo Cattaneo, è fondamentale che il ricercatore non concluda il suo lavoro all’interno del laboratorio, ma trasferisca i risultati della scienza fuori dall’accademia, spiegandoli e presidiandoli contro le manipolazioni.
Storicamente gli scienziati non sono mai stati chiamati a rendere conto del proprio lavoro “alle masse”, ma l’alfabetizzazione della popolazione e la rete permettono oggi ai cittadini di accedere alle informazioni e di chiedere conto dei risultati della scienza. Gli studiosi dunque devono essere percepiti come una risorsa “per aiutare il paese e la politica con un incremento di dibattito, di risultati e di progresso”. Si tratta, secondo l’autrice, di una nuova alleanza tra scienza e società.
Anche i media hanno il loro peso, perché la scelta delle parole e il modo di veicolare le informazioni possono fare la differenza. Probabilmente mai come nell’ultimo anno la scienza è stata sotto i riflettori nel suo divenire. Accanto a notizie attendibili e verificate, però, sono circolate dicerie e false informazioni che hanno contribuito a disorientare il pubblico: infodemia, polarizzazione di opinioni, fake news hanno frequentemente accompagnato in questi mesi la narrazione della pandemia da Covid-19.
Il giornalismo, come la scienza secondo Cattaneo, segue un proprio metodo, risponde a un’etica professionale e procede sulla base della verifica delle fonti. Quando questo metodo viene rispettato, nella scienza come nel giornalismo, il cittadino può contare su utili strumenti di conoscenza. All’argomento, e all’importanza di una corretta comunicazione scientifica, l’autrice dedica un capitolo, in cui si sofferma sul contributo di chi ha saputo tracciare una strada: “Pietro Greco, giornalista di riferimento per la comunicazione della scienza in Italia, scomparso a fine 2020, affermava che occorrerebbero giorni, o – diceva – forse anni, per parlare in modo esaustivo del rapporto tra giornalismo e comunicazione scientifica. L’uso corretto delle parole, l’essere netti e intransigenti nel distinguere la scienza dalle opinioni, il sapersi spiegare e il rendersi comprensibili erano esigenze che Greco proiettava tanto sullo scienziato alle prese con il grande pubblico, quanto soprattutto su chi comunica la scienza per professione”.
E aggiunge: “Pochi mesi dopo di lui, ci ha lasciati anche Rossella Panarese, inconfondibile voce radiofonica del giornalismo scientifico italiano che con Greco ha lavorato per anni a Radio Rai e che come lui ha saputo raccontare e trasmettere al vasto pubblico radiofonico il fascino della scienza restituendone con semplicità e accuratezza la meraviglia, ma senza rinunciare a dare conto della complessità e difficoltà del fare ricerca”.
I temi che vengono toccati nel libro sono molti. Cattaneo si sofferma sul rapporto tra scienza e politica, sui finanziamenti alla ricerca, sottolinea l’importanza di perseguire la libertà della ricerca, perché non possono essere posti limiti alla conoscenza. Sostiene la necessità di fare “rete”, non solo tra scienziati a livello internazionale, ma anche con i malati e le associazioni (nel caso della ricerca medica nello specifico). Dedica un capitolo al tema della prevenzione e dei vaccini, “il farmaco esistente più sicuro”, e conclude ripercorrendo l’ultimo anno di pandemia da Covid-19, con un occhio rivolto al passato e ai progressi consentiti dalla ricerca e uno al presente e a come stanno evolvendo le conoscenze sul nuovo coronavirus.
Nel libro sono numerosi i riferimenti a vicende balzate agli onori della cronaca in questi anni, come i casi Stamina e Di Bella o la decisione della Francia di eliminare i rimborsi per l’acquisto di omeopatici a partire dal 2021, dopo l’esame di oltre 800 studi scientifici da parte dell’Haute Authorité de Santé. Si leggono le storie, tragiche, di ricercatori come Giulio Regeni e Ahmadreza Djalali, ma anche i risultati brillanti di scienziate come Emmanuelle Charpentier, Jennifer Doudna, Rita Levi Montalcini.
Il volume riprende e integra riflessioni esposte da Elena Cattaneo tra il 2015 e il 2021 su quotidiani e riviste nazionali, porgendole al pubblico con incedere agile e snello. Pur nella linearità della trattazione, articolata in sette macroargomenti, il lettore può scegliere di procedere “saltellando” tra le pagine, facilitato in questo dalla brevità dei paragrafi dedicati ognuno a uno specifico tema.