Città di Aqrah nel Kurdistan iracheno. Foto: Pexels/Hejaar
Perché in questo periodo si sente parlare tanto dei curdi? Gli episodi di cronaca che provengono dal vicino e medio oriente coinvolgono Siria, Iran, Iraq, Turchia, per non parlare degli Stati Uniti. E poi coinvolgono i curdi, un gruppo etnico che conta circa 30 milioni di persone spesso descritto come un grande popolo senza stato. La questione naturalmente non si riduce a questo, ed è fin troppo facile fraintenderla o banalizzarne la complessità. Per questo ne abbiamo parlato con Vera Costantini, turcologa e ricercatrice universitaria di storia del vicino e medio oriente dall'avvento dell'islam all'età contemporanea all'università Ca' Foscari di Venezia.
Si può parlare di un'identità curda? Quali sono le tradizioni, la lingua e la cultura di questo popolo?
La definizione di questa identità è plurale e tutt'altro che unica. Si tratta innanzitutto di un gruppo di popolazioni che parlavano una lingua indoeuropea che viene classificata dai linguisti come la più prossima all'avesta, ovvero una traduzione dei veda, che sono una forma di poema epico che è stato redatto millenni fa e che costituisce l'antenato comune delle lingue indoeuropee in ambito vicino orientale, compreso il persiano. Esiste uno spettro di lingue indoeuropee che sono riconducibili ad alcune lingue curde che vengono parlate in quest'area. Ma il curdo in quest'ottica si classifica come una lingua più vicina all'avesta che non lo stesso persiano, anche se l'avesta viene classificata generalmente come un persiano antico. In particolare, tuttavia, la presenza di una consonante nasale nell'avesta e nelle lingue curde pone una parentela più stretta tra il curdo e l'avesta che non tra l'avesta e il persiano. È più corretto, poi, parlare delle culture curde, perché non esiste “un'unica cultura curda” in Turchia, come anche nel resto del vicino oriente. Possiamo dire che l'ambito culturale-linguistico di stabilimento di queste popolazioni indoeuropee nella zona della mezzaluna fertile si colloca in un ambito che da un punto di vista religioso era zoroastriano. L'islamizzazione avvenne solo molto più tardi, e comunque in modo parziale perché una parte dei curdi rimane zoroastriana; è il caso degli Yazidi che sono balzati alla cronaca qualche anno fa a causa delle persecuzioni da parte dello stato islamico. Inoltre, la parte islamizzata dei curdi in realtà è divisa tra sciiti e sunniti, due realtà che naturalmente sono molto diverse. In ambito anatolico, la minoranza di curdi sciiti è chiamata alevita: si tratta dei seguaci di quella parte dei principi anatolici che nel corso del 1400 si sono legati alla figura di Shāh Ismāʿīl, il capostipite della dinastia Safavide in Persia, invece che al sultano ottomano diventato sempre più rappresentante della maggioranza sunnita. Nel corso della storia ottomana, trattandosi di un popolo che si collocava al confine tra due sistemi imperiali come quello ottomano da un lato e Safavide dall'altro, ha spesso avuto un ruolo di stato cuscinetto nei casi di contrapposizioni militari e di vero e proprio ago della bilancia dal punto di vista delle milizie locali per il controllo di un territorio conteso. Questo non riguarda tanto la questione dell'Iraq, che è più complessa, ma soprattutto il Caucaso e le zone dell'Anatolia centrale in generale. Il discorso sull'Iraq è più complicato, perché lì si trova anche una popolazione araba di fede sciita e, in generale, c'è uno spettro confessionale molto più ampio e complesso, a causa della diversa vocazione anche commerciale ed economica del territorio, rispetto all'Anatolia.
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Ha senso allora parlare di un senso di identità nazionale dei curdi, dato che si sente spesso dire che la loro volontà è quella di unificarsi in uno stato nazione indipendente?
I messaggi che ci arrivano dalle agenzie di stampa sono spesso molto confusi, per cui è perfettamente comprensibile un po' di confusione su questi temi. Innanzitutto bisognerebbe capire “loro” chi sono. Chi è che vuole o non vuole uno stato nazione? “Loro” sono i curdi sunniti, sciiti, o yazidi? Sono i curdi stabiliti nelle città, o che abitano in ambito rurale? Quelli militanti in frange militari o paramilitari? Nell'analisi politica negli stati occidentali noi non diremmo mai “gli Americani vogliono Trump”, bensì “una parte del partito repubblicano, nonostante la contrarietà di Trump, ha votato per le sanzioni alla Turchia”. Si tratta di una dimensione molto più attenta a tutte queste dinamiche. Invece, quando si parla di medio oriente, improvvisamente, i Turchi diventano tutti sostenitori di Erdogan, e i curdi diventano tutti sostenitori di uno stato nazione. Bisogna utilizzare termini come “noi”, “loro” e “stato nazione” con moltissimi distinguo. Per esempio, nell'Iraq del nord, c'è stato una sorta di stato curdo nel quale giustamente non tutti i curdi si riconoscevano. L'emergenza degli stati nazione nel vicino oriente è una questione che non può naturalmente essere risolta né confusa con delle rivendicazioni di tipo politico o democratico che sono proprie di tutta la popolazione della Turchia, nelle loro pluralità. Ci sono state tante occasioni, anche recenti, in cui la popolazione turca, indipendentemente dall'appartenenza etnica o religiosa, ha optato per una svolta democratica. I curdi che militavano all'interno di queste rivendicazioni democratiche non volevano un nuovo stato nazione, ma chiedevano delle libertà e diritti non in quanto curdi, ma in quanto cittadini della Turchia plurale. Quindi ci sono moltissime varianti e variabili specialmente in questo ambito, ed è un peccato che vengano sempre dimenticate dalla stampa, che preferisce, quando si tratta di vicino oriente, semplificare o banalizzare delle questioni che sono invece assai molto complesse. Come è naturale in ogni popolo, la cornice istituzionale è un punto di riferimento per alcuni, mentre per altri no. È una questione molto relativa, specialmente se prendiamo in considerazione la regione in questione, cioè il vicino oriente, dove le emergenze nazionali sono un fenomeno che è nato nell'ottocento e che ha un suo sviluppo storico che va comparato tra le varie emergenze nazionali per essere compreso in rapporto a un'identità plurale che veniva portata avanti dall'etile ottomana delle riforme.
Come si può allora commentare la situazione attuale descritta dai media come un tentativo dei curdi di avere un proprio stato nazione senza banalizzare o generalizzare?
Deve essere un'occasione per la riflessione sulla democrazia nel vicino oriente. La questione delle rivendicazioni che vengono portate avanti da una parte della popolazione curda così come da una parte della popolazione turca, e dalle altre anime della Turchia, come tante altre volte è successo, deve essere presa in considerazione come un importante messaggio per una democratizzazione del vicino oriente. Per questo contesto occorre ovviamente cercare di non puntare i riflettori esclusivamente nei momenti di conflitto militare, perché in quei momenti la situazione è molto deteriorata. In realtà sono anni che si sta deteriorando in quella zona della Siria del nord, non è che adesso viene fuori una situazione inedita, sono più di dieci anni che la situazione è ai limiti dell'ingestibilità. In questo bisogna dare atto che il sistema paese della Turchia è riuscito a gestire delle emergenze umanitarie che sono state gravissime, perché si parla di più di due milioni di immigrati, e questo non può essere dimenticato, soprattutto in Italia.