Sono stati raccolti in volume una ventina di articoli pubblicati da metà gennaio a metà novembre 2020 su Il Bo Live, questa bella e restaurata rivista online dell’Università di Padova, direttore il docente scienziato Telmo Pievani e caporedattore il giornalista scientifico Pietro Greco, con la quale collaboro da qualche anno. Il Bo Live costituisce oggi di gran lunga la rivista accademica italiana più letta (le altre hanno numeri di molto inferiori); risulta più letta di quella di Harvard, pur considerato che il mero dato quantitativo può non essere decisivo; negli ultimi 30 mesi i frequentatori sono aumentati di quasi sei volte, in continua crescita dagli iniziali 50 mila, fino a novembre 2020 quando si sono stabilizzati attorno ai 280 mila medi mensili (con picchi di oltre 400 mila a febbraio e marzo scorsi); i contatti non sono limitati al Veneto o al nord Italia, riguardano lettori di tutte le regioni e molti italiani all’estero.
Greta è la collana scelta dalla casa editrice marchigiana per ospitare il volume; tendenzialmente seleziona narrazioni che intrecciano saggistica e letteratura, mai da considerare mondi separati e addirittura contrapposti. La collana si ispira alla giovane esemplare Greta Thunberg, allarmata dai cambiamenti climatici antropici globali e dai ritardi o errori dei governi (di tutti i paesi emettitori inquinatori) nel trarne le conseguenze; mette così in discussione l’idea e le pratiche di dominio antropocentrico sulla Terra, affermando la necessità di pensieri e parole che spezzino le sfere chiuse e si arricchiscano delle differenze, come hanno contribuito a sottolineare e praticare i movimenti ecologisti, femministi e pacifisti. Il Forseprende spunto dall’esimio compaesano Giacomo Leopardi e riassume il senso dell’incerto precario rapporto tra falso e vero, antico e moderno, poetico e scientifico, cuore e intelletto, come tra i due corni di ogni dinamica schematicamente binaria.
Gli articoli scelti sono stati raggruppati in tre parti distinte: quelli di commento alle origini, alla descrizione e agli sviluppi della malattia Covid-19; quelli di argomento scientifico connesso o più ampio; quelli relativi a parole, temi e personalità rilevanti o vicende parallele emerse nel 2020. Non sono in ordine cronologico d’uscita, seguono un filo conduttore legato agli argomenti, pur mantenendo il contesto culturale e la musicalità espressiva legati alla sede che li ha ospitati. Non hanno subìto revisioni, nemmeno formali o stilistiche, nemmeno nei titoli; perlopiù la trattazione originale ha retto all’usura del tempo; è stato ritenuto utile presentarli ancora, e insieme, visto il tema non scaduto e la persistenza dell’allarme sanitario; di per sé la dimensione cartacea è poi un’altra cosa; inedite sono la prefazione del fraterno maestro Pietro Greco (Barano d’Ischia, 20 aprile 1955 - Ischia Porto, 18 dicembre 2020), l’introduzione, la nota alla seconda parte e tre recensioni di libri pubblicati in piena pandemia (che vi si riferiscono).
La prima parte del volume si apre con un articolo redatto alla fine di febbraio, quando stava verificandosi una svolta nel vivere civile in tutto il mondo e iniziò a diminuire il grado delle libertà di movimento e di migrazione a tutti noi concesso dall’esplosione dei contagi in ogni continente. L’incipit della seconda parte dà il titolo all’intero volume: «Forse la malattia Covid-19 condizionerà per anni la vita della comunità di donne e uomini sapiens sul pianeta Terra. La previsione è abbastanza certa. Premettere l’avverbio ‘forse’ allerta il lettore sulla presenza di molte variabili rispetto alla successiva concreta verifica». L’accento è sul ‘forse’, un avverbio citatissimo nei testi del volume (quasi cento volte). Pur senza scriverne ancora, ho poi continuato a cercare se Leopardi avesse davvero da qualche parte espresso la frase sull’avverbio a lui attribuita troppo superficialmente; ho consultato senza successo altri testi di frasi celebri e di citazioni sbagliate; resta valido quanto comunicai allora. Solo in italiano e per un poco di tempo, forse.
Il primo testo della terza parte affronta un rovello della vita, probabilmente non mi è quasi mai convenuto cercare di essere gentile, per quanto non sia stato esente da scatti o scarti incoerenti (affievolitisi nel tempo), e oggi un ottimo Papa e un grande scrittore rilancino il valore della gentilezza. Chi la riceve pensa perlopiù che gli sia dovuta o che ci sia sotto qualcosa d’altro. Nonostante l’avessi intuito già in fasce, fin dall’adolescenza ho pensato che comunque avrei fatto meglio così, non ci si perde niente a dire tanti e troppi ‘grazie’ o ‘scusa’ o ‘forse’, oppure ad annuire e sorridere anche verso chi spesso sta pensando a tutt’altro che a noi, oppure ad autolimitare e censurare i pur rari ma inevitabili scatti e scarti di rabbia non violenta per stress o per non darla vinta nelle dinamiche relazionali. La valutazione riguarda i rischi che si preferisce (cercare di evitare, ma) correre, semplificando da una parte manierismo e affettazione, dall’altra maleducazione e aggressività. Non è offensivo sforzarsi di buonismo. Ancor più quando aleggiano cattivi virus per l’aria.
Il volume si chiama Il Forse. Cronache dalla pandemia in corso tra scienza ed etica della responsabilità (Ventura Edizioni, pag. 206 euro 12). Ognuno ha vissuto l’evoluzione formale e comune della malattia con le proprie differenze ediseguaglianze, alcune ingenerose o ingiuste, talora incidentali o volute o connesse a sopraffazioni e discriminazioni umane; differenze e diseguaglianze di morfologia e capacità, di contesto climatico e sociale, di stato ed ecosistema, di reddito familiare e opportunità formativa, di lavoro e affetti, di percezione e competenza, di abilità e disabilità, di scienza e coscienza. Covid-19 è comunque entrata nel vissuto e nell’immaginario della quasi totalità di donne e uomini sapiensviventi, se non altro per i servizi e le regole con cui le differenti nazioni e istituzioni pubbliche hanno cercato di far fronte alla malattia, di gestirla (non sempre bene) dopo che non eravamo stati capaci di prevenirla o almeno di organizzarci per prevedibili previste pandemie.
Può, dunque, essere utile riflettere su quanto avvenuto nell’indimenticabile 2020, verificare le effettive contingenze e specificità accanto alle dinamiche estese di più lungo periodo, accompagnando l’esame descrittivo del fenomeno sanitario con altri aspetti della vita sociale e culturale di noi cittadini, in particolare d’Italia e d’Europa. Ora, al termine dell’anno, la crisi è fortissima, anche in Italia stiamo di nuovo limitando quasi ogni attività, tendenzialmente ovunque, pur se maggiormente in certe regioni e in certe ore (sulla base dei noti ‘indicatori’). Era più o meno già accaduto a metà marzo scorso. Le diacroniche ondate della pandemia occupano l’intero mondo, provocando infausti decessi, malattie diffuse, paura universale, chiusure e limitazioni, conflitti istituzionali e sociali dentro e fra gli Stati. La priorità dovrebbe essere aiutare e garantire la salute di ogni individuo umano, della specie e degli ecosistemi in cui viviamo.
Inutile fare previsioni minuziose, adottiamo la prudenza e la medicina di comunità, qualcosa dipende ovviamente dal freno che riusciremo a imporre alla grande diffusione attuale della malattia. Appare decisamente altrettanto certa la presenza nel 2021 e nei prossimi anni di fatti drammatici non connessi alla Covid-19 e meno legati a nostre scelte più libere: conflitti irriducibili, guerre sempre ‘incivili’, eventi meteorologici estremi da fronteggiare, altre malattie da prevenire o curare, altri incidenti e inghippi della vita. In Italia, in Europa e in tante altre parti del pianeta si sta cercando di attivare drastici interventi di limitazione della mobilità e di distanziamento fisico, lavando spesso mani e superfici e anche portando praticamente sempre la mascherina; ora in qualche modo sono arrivati Natale e Capodanno 2020, dovremmo essere stati tutti comunque un poco più buoni, ognuno nel proprio contesto familiare e sociale. Buona fine e buon principio!
Ulteriori cure più efficaci (soprattutto gli anticorpi monoclonali a inizio malattia) e vaccinazioni diffuse potrebbero essere ben disponibili nei primi mesi del 2021. A novembre esistevano già 11 candidati vaccini giunti nei pressi dell’avanzata fase 3 di definizione, per l’ultimo test di sicurezza ed efficacia prima di sottoporli ad esperti indipendenti e alle autorità sanitarie. Alcuni paesi hanno già iniziato da settimane la somministrazione, gli stati dell’Unione Europea hanno cominciato il 27 dicembre. I vaccini sperimentati hanno ovviamente qualcosa in comune (perlopiù rivolti contro la proteina Spike del virus) e l’offerta dovrà coprire una domanda di vari miliardi di dosi. Bisogna conservarli, confezionarli, spedirli, gestirli e distribuirli in svariati ecosistemi umani (vicino o lontano al luogo di produzione) come bene pubblico primario, rendendoli accessibili in modo rapido e sicuro, innanzitutto alle fasce più esposte; poi progressivamente a larga parte della popolazione di tutti gli Stati, con un’efficiente informatizzazione integrata della raccolta dei dati e una comunicazione semplice, capillare e convincente; in parallelo controllandone esiti voluti ed eventuali effetti collaterali. Si tratta di compiti organizzativi e logistici, sia materiali sia immateriali, che non possono essere realizzati in pochi mesi.
A fine 2020 la crisi è drammatica e non siamo ancora al picco del contagio mondiale. La pandemia da Covid-19 sta forse creando una divaricazione evolutiva, perché stiamo rispondendo e risponderemo alla minaccia di un comune agente patogeno, o attraverso maggioritari egoismo, tribalismo, improvvisazione, scontri, sovranismo e nazionalismo, o nel senso opposto, sviluppando maggioritari altruismo, socialità, scienza, incontri, partecipazione e lungimiranza istituzionale. In parte in un modo e in parte nell’altro, un combinato disposto altrettanto drammatico che riguarda non solo il coronavirus, bensì anche le altre emergenze, innanzitutto appunto i cambiamenti climatici. Andrebbe ridimensionata proprio la logica di polarizzazione binaria e non sarebbe male iniziare a pensare e a comportarsi come quella singola specie meticcia che noi siamo, piuttosto che come tante tribù e nazioni individuali, come persone ed ‘eghi’ (il plurale di ego) che lottano l’un contro l’altro ‘armati’. Nel volume si fa talora riferimento ad antropocentrismo e Antropocene. Ecco, egocentrismo e antropocentrismo sono premesse oggettive di ciascuno, sappiamo che sono fallaci e comunque non bastano. Coltiviamo una coscienza di soggettiva imperfetta finita specie meticcia, perché no?
In molti articoli si trovano spunti di conseguenti politiche necessarie, suggerimenti di modifiche non contingenti a come partecipiamo alla vita collettiva. La pubblicazione di un volume riassuntivo potrà consentire di prenderli in considerazione di nuovo e tutti insieme. Mai costituiscono, ora, nelle mie intenzioni, nelle mie attuali condizioni, una linea politica unitaria. Piuttosto, si tratta di uno stimolo culturale. Sì, culturale! Si può danzare con le parole anche se non si sa ballare, e nemmeno bene leggere o scrivere. Danzare con sé stessi e con altri, imparando a compiere meno passi falsi, inciampi, distrazioni, sgambetti, distorsioni guerriere e ‘viriliste’. L’ignoranza non è un valore né positivo né negativo, dipende da contesti e obiettivi, è socialmente sanabile, nel tempo e nell’ecosistema. S’investe da più parti, talora facilitati dalla supponenza assoluta e loquace di ‘eghi’ esperti, sul valore dell’ignoranza, sul rifiuto di ragionare e parlare, sull’agire senza fronzoli e rovelli, sulle reazioni spontanee e non pensate (con parole ponderate), sul lasciar libero sfogo ad ‘autentiche’ rabbia e paura. Come se, in tempi comunque di infodemia, gli istinti e le reazioni e i consumi e le sensazioni fossero davvero innocenti, autentici, definitivi, ‘naturali’. Il sovraccarico di informazioni, analogiche o digitali che siano, e di disagi psichici investe pure superficiali, effimeri, distratti, indifferenti, ricchi, potenti.
I testi avevano una finalità di informazione d’attualità e si è deciso di metterli insieme solo da poche settimane. Alcune propensioni comunicative erano scelte: i ritardi cognitivi certificati suggeriscono di conoscere cosa può essere migliorato e cosa non può esserlo; c’è una musicalità necessaria, più o meno cercata, nella scrittura destinata alla stampa (pur talora con troppe allitterazioni, virgolette, corsivi); le parole e la loro connessione in frasi dicono immediatamente cose diverse da quelle pensate, esplicito e implicito si mescolano; le metafore minimamente argomentate possono essere molto utili; le teorie (come le paure) si esprimono nominando fatti ed esperimenti; elementi nuovi vanno fondati su altri noti; l’ultima stesura è necessariamente frutto provvisorio di errori, distrazioni, difetti, vuoti, riletture, affinamenti e ripensamenti; si devono puntare il modo di ragionare e la coscienza degli interlocutori, non stare per forza in pace con i propri; articoli, saggi, racconti, liriche, lettere, barzellette, post, probabilmente anche i silenzi, sono comunque narrazioni letterarie da ponderare e curare, ognuno a proprio modo (proprio del comunicante, proprio dei comunicati, proprio dello strumento).
Ultima notazione, di servizio: l’incredibile 2020 sta finendo, nel bene e nel male, bene o male. Un cordiale augurio di un buon 2021, per ciascuno un poco migliore, più gentile e ironico comunque.