La sede nazionale della CDU. Foto: Reuters
Dopo la scoppola rimediata dalla Cdu nelle ultime elezioni regionali, resta un interrogativo cruciale, che in Germania definiscono la “K-Frage” (la questione K): chi sarà il prossimo candidato cancelliere (Kanzlerkandidat) per l’Unione Cristiano-Democratica? Armin Laschet, eletto presidente del partito pochi mesi fa, può ragionevolmente essere considerato il successore ideale, e credibile, di Angela Merkel, che il prossimo settembre, dopo quasi 16 anni vissuti da protagonista, lascerà la politica? Una transizione complicata, ormai è chiaro: ma è davvero lui il “cavallo” giusto? Probabilmente no. La sconfitta di domenica scorsa porta impresso un nome e un cognome ben leggibile: il suo. Anche se sarebbe ingeneroso attribuire all’ultimo arrivato la débâcle della Cdu (è il peggior risultato di sempre nei Land di Renania-Palatinato e Baden-Württemberg): non c’è la firma di Laschet sulla gestione, fin qui fallimentare, della pandemia in Germania, con un indice di contagi (oltre seimila al giorno) che nemmeno un ferreo lockdown durato oltre due mesi è riuscito a contenere. E nemmeno sullo scandalo delle mascherine, che ha travolto due deputati del partito di centrodestra: un parlamentare della Cdu (Nikolas Löbel), accusato di aver ricavato oltre 250 mila euro in commissioni di “mediazione” sull’acquisto di mascherine; l’altro (Georg Nüsslein) della Csu, l’Unione cristiano-sociale, partito-gemello della Cdu in Baviera, con l’accusa di aver intascato una commissione di 660mila euro per aver mediato tra una società privata e lo stato. Ma per Armin Laschet era comunque un primo test: fallito. Non è stato lui a provocare questo risultato, ma non è riuscito a impedirlo. E la sera della sconfitta alle elezioni nei due Land del Sud-Ovest, non ci ha messo la faccia. Non si è presentato davanti alle telecamere: ha mandato il Segretario regionale della Csu, Markus Blume, a commentare i risultati («È una «scivolata a sinistra», ha dichiarato Blume). Un vero leader non fa così.
L’ultima carta dei cristiano-democratici è Markus Söder
I cristiano-democratici minimizzano, dicono che il Kanzlerkandidat Cdu/Csu sarà indicato dopo Pasqua. Ma in realtà le manovre per la scelta del successore (potenziale) di Angela Merkel, anche alla luce del drammatico risultato delle urne, stanno convergendo sul nome di Markus Söder, leader apprezzato della costola bavarese del partito, governatore in carica del Land, senza dubbio più carismatico di Laschet. Già prima delle elezioni i sondaggi disegnavano una partita già definita: 53% di gradimento per Söder, 28% per Laschet (ma la forbice tra gli iscritti al partito diventava ben più ampia, con il primo preferito dal 74% degli intervistati). Il prossimo sondaggio amplierà il divario. Söder è in attesa, prudente. «Ne parleremo a tempo debito (della candidatura a cancelliere) e cercheremo la migliore formazione possibile che offra un successo comune», ha dichiarato. Appena un paio di mesi fa si schermiva: «Io a Berlino? Il mio posto è in Baviera». Qualora riuscisse davvero a ottenere la candidatura e la successiva elezione (ma le elezioni federali del prossimo 26 settembre si presentano assai incerte), Markus Söder sarebbe il primo Cancelliere della Csu nella storia della Repubblica Federale Tedesca.
Ma le elezioni regionali hanno detto anche altro. Anzitutto che Winfried Kretschmann, leader dei Verdi del Baden-Württemberg, e il socialdemocratico Malu Dreyer in Renania-Palatinato, resteranno in carica per altri cinque anni. Qui gli elettori hanno premiato la continuità, promuovendo di fatto le politiche fin qui attuate. Nel Baden-Württemberg i Verdi (Die Grünen) sono alla terza vittoria consecutiva e dunque in grado di “muovere” le alleanze: 32,6% dei voti, contro il 24,1% della Cdu. In calo i socialdemocratici (11%), bene i liberali (FDP, al 10,5% con un +2,2), molto male l’estrema destra dell’Afd (Alternative für Deutschland), che scivola al 9,7% perdendo oltre 5 punti percentuali. Winfried Kretschmann ha già avviato i colloqui per formare il nuovo governo regionale: basterebbe l’accordo con la Cdu per formare un’alleanza verde-nera, ma non è da escludere l’ipotesi di una “coalizione semaforo”, con il verde dei Verdi, il giallo dei Liberali e il rosso dei socialdemocratici. La stessa coalizione che governa (e che probabilmente, sul filo, governerà per i prossimi 5 anni) in Renania-Palatinato, anche se con “pesi elettorali” differenti: qui il dominio è dei Socialdemocratici della Spd (35,7% dei voti), seguiti dalla Cdu (27,7%), poi i Verdi al 9,3% (che quasi raddoppiano i voti dall’ultima consultazione), l’ultradestra all’8,3% e i Liberali al 5,5%.
L’incubo (per la Cdu) della “coalizione semaforo”
È la prova provata che un’altra coalizione è possibile, anche se molte roccaforti della Cdu resistono. Ma il campanello d’allarme, per la Cdu, suona forte anche a livello nazionale. Non c’è dubbio che un cambio di passo (anche rapido a questo punto) sia indispensabile per recuperare un’immagine compromessa dallo scandalo mascherine (ma togliersi di dosso il marchio del “partito corrotto” è impresa ardua) e dalle scelte operate dal governo per fronteggiare la pandemia (si continua a viaggiare attorno ai 6500 nuovi casi al giorno, con i decessi che hanno superato quota 73mila), a fronte d’una campagna vaccinale che continua a viaggiare a rilento. L’ex ministro dell’ambiente della Cdu, Norbert Röttgen, ha esortato a prendere rapide decisioni: «La CDU nel suo insieme deve prendere contromisure». Ma in queste ore continua a crescere il nervosismo nel partito della Merkel, dovuto anche alla considerazione che molti dei voti di domenica scorsa sono stati espressi per corrispondenza, dunque prima che diventasse di dominio pubblico lo scandalo delle mascherine. Come dire: la fuga degli elettori, a livello nazionale, potrebbe essere ben più ampia. Il successivo “fuorionda” di Armin Laschet riportato dallo Spiegel è indicativo: «Il leader della Cdu ha presentato un codice di condotta per il partito e li ha avvertiti di non farsi illusioni sulla via alle elezioni federali di settembre». E riporta la frase: “Non è stato dato da Dio che la Cdu nominasse il cancelliere dopo le elezioni federali in autunno. Dobbiamo combattere”. Un concetto ribadito dallo stesso Söder: «Una cosa è stata chiara da domenica sera: in teoria ci sono maggioranze al di fuori dell’Unione. In ogni caso, non è più certo al cento per cento che l’Unione possa decidere chi sarà il cancelliere». E il “pericolo” maggiore, per la Dc tedesca, viene proprio dai Verdi, che sempre più stanno drenando elettori dal centrodestra, diventando uno dei principali punti di riferimento politico per il paese, con un elettorato rappresentato in tutte le fasce d’età. L’ipotesi di un cancelliere “Verde”, per la prima volta nella storia della Germania, questa volta è fondata.
Da qui a settembre la strada è ancora lunga e densa di appuntamenti elettorali, dove sarà possibile testare nuovamente la tenuta dei partiti. Il 6 giugno si terranno le elezioni statali in Sassonia-Anhalt. Il 12 settembre appuntamento con le urne in Bassa Sassonia, che sarà di fatto la prova generale delle elezioni federali del 26 settembre, che disegneranno il nuovo Bundestag. Quello stesso giorno si terranno elezioni statali in Turingia, Meclemburgo-Pomerania occidentale e Berlino. Sei mesi che saranno decisivi, e tutt’altro che semplici, per i Cristiano-Democratici. Come scrive Der Tagesspiegel: «La Cdu è in balia del voto degli elettori. La santa patrona Angela Merkel è quasi scomparsa. E il nuovo leader del partito Armin Laschet sembra ancora troppo debole per questo ruolo».