Ad aprile la proposta di Joe Biden era quella di aumentare per il 2022 del 20%, portandolo a 10,2 miliardi di dollari, il finanziamento della National Science Foundation (NSF), l’agenzia governativa che sostiene la ricerca scientifica nei campi non medici (per la medicina c’è il National Institute for Health - NIH). Ora il Congresso degli Stati Uniti (l’equivalente del nostro organo legislativo, il Parlamento) ha più che raddoppiato il budget dell’NSF per i prossimi 5 anni.
L’aumento graduale dei fondi viene dettagliato nel teso del National Science Foundation for the Future Act votato alla Camera (House) il 15 giugno. Si parte dagli 8,5 miliardi di dollari del 2021, portandoli a 10,2 nel 2022. Saranno quasi 12,7 nel 2023, 14,1 nel 2024, 16 nel 2025 e 18,3 miliardi nel 2026. Ogni anno, all’incirca, verranno aggiunti 2 miliardi al budget dell’anno precedente per un aumento totale di quasi 30 miliardi di dollari in 5 anni (secondo uno schema 2+4+6+8+10).
Un progetto di finanziamento alla ricerca analogo è stato proposto anche in Italia, il Piano Amaldi, che vorrebbe un aumento di 15 miliardi di euro in 5 anni (1+2+3+4+5), passando da 9 miliardi del 2020 a 14 nel 2025. Nel PNRR la richiesta, considerata in un primo momento, non è stata accolta. Ora si spera nella prossima legge di bilancio.
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Il decreto statunitense prevede inoltre la creazione di un nuovo direttorato di ricerca all’interno dell’NSF dedicato a sostenere il trasferimento tecnologico, ovvero la traduzione delle scoperte della ricerca in tecnologie utilizzabili su larga scala. Il nuovo direttorato si affiancherà a quelli già esistenti dedicati alle scienze biologiche, all’informatica, all’ingegneria, alle geoscienze, alle scienze matematiche e fisiche, alle scienze sociali, comportamentali ed economiche, e alle risorse umane.
Il NSF for the Future Act è in realtà solo una piccola parte (140 pagine circa) dell’intervento massiccio e strategico che il Presidente e il Congresso statunitensi hanno scelto di operare sulla programmazione della ricerca scientifica.
Il Senato ha infatti approvato l’8 giugno un testo di 2367 pagine, lo United States Innovation and Competition Act of 2021, che alloca 120 miliardi di dollari, riporta Nature, ad alcune tra le principali agenzie e dipartimenti governativi che si occupano di ricerca, dalla Nasa al Dipartimento dell’Energia, per sviluppare progetti che vanno dall’intelligenza artificiale alle biotecnologie, dai semiconduttori al computer quantistico.
In questo quadro i finanziamenti all’NSF aumentano ancora rispetto a quelli previsti dall’NSF for the Future Act e arrivano a superare i 20 miliardi di dollari nel 2026. Nel prossimo quinquennio l’NSF riceverà quasi 80 dei 120 miliardi di dollari previsti dall’Innovation and Competition Act. Più di un terzo dei fondi dell’NSF saranno dedicati al direttorato per il trasferimento tecnologico, che inizialmente si pensava avrebbe dovuto ricevere una proporzione ancora maggiore, ma si è preferito preservare i finanziamenti alla ricerca di base, vera missione dell’NSF.
Del resto che la scienza giochi un ruolo di primo piano nella politica dell’amministrazione Biden non è una novità. L’Innovation and Competition Act prima di assumere questo nome si chiamava Endless Frontier Act. Quella frontiera senza fine è proprio la scienza: Science, the endless frontier è il titolo del rapporto che Vannevar Bush, consigliere scientifico di Franklin Delano Roosevelt, nel 1945 scrisse all’allora presidente statunitense delineando il ruolo della ricerca scientifica per i 75 anni a venire e fondando di fatto quella che oggi chiamiamo l’economia della conoscenza.
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Biden a sua volta, a inizio del proprio mandato, ha spedito una lettera al suo di consigliere scientifico, Eric Lander, chiedendo come fare a mantenere la scienza al centro della società e dell’economia statunitense per i prossimi 75 anni. Lander ha di recente rilasciato una breve nota che si limita a dire che c’è molto lavoro da fare.
La continua produzione di innovazione è il prerequisito per la leadership mondiale nell’economia della conoscenza. Lo sanno bene gli Stati Uniti, dove Democratici e Repubblicani alla Camera hanno votato all’unanimità l’aumento di budget all’NSF. In Italia, di contro, negli ultimi decenni il finanziamento alla ricerca non solo non è mai stato un tema politico all’ordine del giorno, ma si è avuta l’impressione che i rappresentanti parlamentari non fossero davvero interessati a ciò che la ricerca può dare alla società. La pandemia, da questo punto di vista, sembra almeno in parte aver rimescolato l’ordine dell’agenda politica, o almeno si spera.
Ma che la ricerca sia un pilastro portante di una società che voglia dirsi moderna e avanzata lo sa bene anche la Cina, che negli ultimi 20 anni ha accresciuto a ritmi elevati i propri investimenti in ricerca e sviluppo e quest’anno è arrivata a sorpassare per la prima volta gli Stati Uniti, in termini assoluti, per fondi dedicati a ricerca e sviluppo: 621,5 miliardi di dollari la Cina (1,98% del suo Pil), contro i 598,7 degli Usa (il 2,88% del loro Pil), secondo le previsioni del Global R&D Funding Forecast del 2021.
E la Cina è anche la principale preoccupazione proprio dell’Innovation and Competition Act statunitense: una serie di emendamenti sono volti a impedire che la Cina possa trarre beneficio dalle scoperte di proprietà intellettuale statunitense. Anche su questo Democratici e Repubblicani si trovano d’accordo, ma precauzioni simili potrebbero rendere difficoltose diverse collaborazioni internazionali, scrive Nature, anche su temi di interesse globale come la lotta al cambiamento climatico.