Pare proprio che i primi bambini a succhiare latte di animali non umani – di ruminanti, nella fattispecie – siano stati europei vissuti 6.000 anni fa o giù di lì. Il bello è che avevano a disposizione delle tazze con beccuccio realizzati a bella posta. Lo affermano Julie Dunne, ricercatrice della Organic Geochemistry Unit, della School of Chemistry della inglese University of Bristol, Bristol e un gruppo internazionale di suoi collaboratori con un articolo scientifico pubblicato sulla rivista Nature.
Il gruppo ha esaminato l’”impronta digitale” lasciata dagli acidi grassi contenuti in latte di animali non umani in tre diversi contenitori, come quelli che vedete qui in figura.
Con analisi chimiche e radiochimiche piuttosto complesse, Julie Dunne e colleghi hanno trovato indizi sufficienti ad affermare che le “tre tazze con beccuccio” esaminate contenevano latte di ruminanti con cui alimentare i bambini del neolitico europeo, nello specifico dell’età del bronzo e del ferro.
Se l’analisi è corretta, quei bambini sono stati i primi al mondo a bere latte probabilmente vaccino o ovino o caprino.
La scoperta si presta ad alcune considerazioni. L’alimentazione a base di latte di animali non umano è iniziata dopo la grande transizione dall’economia fondata sulla caccia e la raccolta a quella fondata sull’agricoltura e sull’allevamento. Il latte in questione era dunque munto da animali da allevamento.
La seconda considerazione è che questa abitudine alimentare sembra essere nata in Europa. Non era scontato e non è in ogni caso scontato. Facciamo un esempio: fino a qualche tempo fa si pensava che l’arte rupestre fosse nata in Europa, all’incirca 35.000 anni fa. Poi sono state scoperte forme quasi omologhe un po’ in tutto il mondo e risalenti a prima di 40.000 anni fa. L’errore era dovuto al fatto che nella notte buia del tempo profondo abbiano cercato tracce di arte dove era il lampione (l’Europa con una forte comunità di antropologi). E lì le abbiamo trovate subito. Nel momento in cui in giro per il mondo si sono accesi altri lampioni, lo scenario sull’origine dell’arte rupestre è profondamente cambiato.
Potrebbe essere così anche nel caso del latte per bambini? Certo potrebbe. Ma in questo caso l’intolleranza al latte vaccino da parte degli orientali, ben superiore a quella che si registra in Europa, corrobora l’ipotesi di Julie Dunne e dei suoi colleghi. Alcune variazioni genetiche hanno reso noi europei capaci di assorbire il latte di altri animali. Queste variazioni non si sono ancora verificate in oriente perché, probabilmente, non c’è stato il tempo sufficiente.
Dunque, questa volta, il primato europeo non è dovuto al fatto che il primo lampione si è acceso qui.
Restano però alcune domande, sottolineate sempre su Nature da Siân Halcrow dell’università di Otago in Nuova Zelanda, perché i nostri antenati neolitici hanno iniziato a somministrare latte di ruminanti ai loro bambini? La domanda non è banale. Il latte di altri animali contiene meno sostanze nutritive per gli umani di quello materno. Probabilmente ha provocato forme di intolleranza diffuse e anche una serie di malattie infettive, come le gastroenteriti, per esempio.
Né Siân Halcrow né il gruppo di Julie Dunne avanzano ipotesi a riguardo. Ma noi ne possiamo azzardarne una. Le mamme dei bambini europei del neolitico non avevano abbastanza latte per soddisfare la fame dei loro bimbi, così hanno pensato a un surrogato: il latte degli animali allevati. Questa è solo un’inferenza, che rimanda a un’altra domanda: perché le mamme umane avevano l’esigenza di ricorrere al surrogato?
Siân Halcrow sostiene che potremo trovare risposte a queste domande indagando ancora e cercando tracce rivelatrici nei denti dei bambini di quel periodo. Un fatto è certo, però: un accidente si è congelato. Una occasione nuova e strana ha consentito ai bambini sopravvissuti al nuovo tipo di alimentazione di selezionare geni che hanno diminuito se non annullato, in Europa, l’intolleranza al latte non umano.
A riprova che il nostro cammino evolutivo non è un percorso lineare di progresso, ma, appunto, il risultato – genetico e anche culturale – di una serie di casi particolari. Di accidenti congelati. O, per essere attinenti al tema, cagliati.
Un esempio di accidente cagliato di tipo culturale sono proprio le tazze con beccuccio: realizzate, con notevole tratto artistico, per alimentare i bambini con il bianco liquido animale.