“L'ideologia liberale è sopravvissuta ai suoi propositi”
“Il multiculturalismo non è più sostenibile”
Sono affermazioni forti quelle che Vladimir Putin ha rilasciato qualche tempo fa in un'intervista al Financial times.
Il leader russo rileva un certo risentimento pubblico verso la gestione delle questioni attuali, in primo luogo quelle dell'immigrazione e del multiculturalismo, secondo i principi tipicamente occidentali del liberalismo.
Insomma, a detta di Putin, tali problematiche hanno fatto sì che la mentalità degli abitanti dei paesi occidentali stia progressivamente abbandonando la fiducia nei valori promossi dal liberalismo, avvicinandosi sempre di più a un populismo nazionalista.
Ecco perché arriva a sostenere che “l'ideologia liberale è diventata obsoleta. È entrata in conflitto con gli interessi della stragrande maggioranza della popolazione”.
Alcune di queste affermazioni, insomma, sembrano far trasparire una certa incompatibilità tra i valori nazionalisti e gli ideali di uguaglianza e solidarietà tra i popoli, promossi dal liberalismo e dai diritti umani. Davvero è ora di mettere da parte l'ideologia liberale in vista di qualche bene maggiore, come quello della difesa dell'identità nazionale?
Ne abbiamo parlato con Paola Degani, professoressa di politiche pubbliche e diritti umani all'università di Padova.
Davvero c'è una generale perdita di fiducia nei principi liberali da parte della popolazione degli stati europei?
“Indiscutibilmente in questa fase storica le dimensioni critiche che hanno in qualche modo favorito lo sviluppo di populismi e appelli più o meno manifestamente orientati a valori di destra sono molteplici e provengono da aree geopolitiche diverse. In questi anni le democrazie nate sulla scia dell'esperienza della seconda guerra mondiale, anche esposta all'esperienza dei totalitarismi, hanno manifestato alcune criticità, le quali però sono legate non tanto al loro funzionamento sul piano istituzionale quanto, verosimilmente, a una gestione da parte della classe politica non sempre adeguata a dare un'implementazione piena ai principi giuridici, ai vincoli, alle regole e alle aspettative che la politica crea nella cittadinanza. I modelli democratici sono ancora i modelli rispetto ai quali noi dobbiamo assolutamente sviluppare, produrre e portare avanti le uniche istanze che in qualche modo possano costruire un discorso comune tra i popoli e i paesi. In qualche modo sono le stesse istanze che sono racchiuse anche nel paradigma dei diritti umani con tutti i riconoscimenti delle specificità, delle differenze che i diritti umani devono accogliere”.
A cosa è dovuta allora l'inadeguatezza di alcuni governi ad applicare tali modelli?
“Prima di tutto alla corruzione. Poi allo smantellamento dei sistemi di welfare e all'inadeguatezza della risposta pubblica rispetto ai bisogni che la popolazione esprime per via della crisi economica, dell'incremento delle disuguaglianze legate alla globalizzazione e delle aspettative che la stessa globalizzazione crea dal punto di vista della comunicazione e dell'informazione. Si tratta di aspettative che non trovano una corrispondenza in quello che molti paesi oggi non sono più in grado di offrire. Sul discorso delle migrazioni, ad esempio, non è che si giochi un pezzo della civiltà, ma quasi. Sicuramente la gestione politica dalle migrazioni oggi mette in luce alcuni aspetti di criticità nell'applicazione dei diritti costituzionali e nei diritti universalmente garantiti, che sono stati disegnati e definiti a partire proprio dalla fine della seconda guerra mondiale. Questa gestione sta mostrando delle inadeguatezze, come il venir meno di principi umanitari fondamentali, rispetto ai quali non possiamo rimanere indifferenti, come il dovere di solidarietà.
Quindi non è stata l'ideologia liberale che ha fallito, ma il modo in cui è stata gestita dai governi?
“A tutte le dimensioni regolative che si ispirano ai principi e alle logiche della democrazia va data una corretta implementazione. La globalizzazione spesso non governata, per alcune ricadute che sta dimostrando in maniera manifesta, crea tutta una serie di problemi che riguarda poi l'ingovernabilità complessiva di alcuni fenomeni, tra cui anche l'immigrazione. È ben vero che il modello con cui fino adesso ci siamo misurati è entrato in crisi, ma è entrato in crisi perché non abbiamo saputo dare a questo modello un'attuazione conforme ai principi che erano ad esso sottesi, per cui bisogna assolutamente che la politica prevalga su un'economia che spesso va ben oltre le regole che sono state stabilite, che sono alla base di un patto sociale che adesso fa fatica a riproporsi nei termini in cui era riconosciuto, vigente e compatibile fino a un paio di decenni fa.
Quali sono allora le strategie che dovrebbero adottare i governi dei singoli stati per far fronte a questa situazione?
“Non penso sia possibile ragionare in termini di governi dei singoli stati. Credo che ci sia bisogno di un patto più ampio, che prenda in considerazione le grandi sfide che ci sono in questo momento: l'ambiente, l'economia, i diritti, la gestione dei fenomeni migratori, tutta una serie di macro-questioni che non sono ascrivibili (almeno, non solo) alla gestione di governi dei singoli paesi. Richiedono delle risposte politiche concertate di più ampio respiro rispetto alle quali è necessario predisporre un disegno di più ampio raggio. In questo senso credo che l'intergovernativisimo potrebbe giocare un ruolo diverso, ma mi sembra obbiettivamente che l'impasse che le istituzioni dell'unione europea manifestano rispetto alla governance di alcune questioni politiche che pure rientrano a pieno titolo nelle competenze dell'unione, non trovi una soluzione adeguata, come nel caso dell'immigrazione”.
Questo può essere dovuto anche alla crescita del senso di nazionalismo presente in molti paesi?
“Sicuramente l'intergovernativismo è espressione dei governi. In questo momento vi è un appello populistico che in parte richiama matrici di tipo nazionalistico. C'è quindi una effettiva ripresa dei nazionalismi; quanto sia in qualche modo utilizzata nella comunicazione politica per rappresentare in una maniera diversa la natura reale dei problemi e quanto sia invece una questione che rientra all'interno di un disegno dei singoli governi non è chiaro, ma sicuramente c'è un appello in questa direzione”.
“ Sono fondamentali la tutela dei diritti umani, il riconoscimento delle differenze e la salvaguardia dei diritti economici e sociali perché sia permesso a tutti di vivere con dignità, a partire da un diverso rapporto con il lavoro e con le tutele sociali Prof.ssa Paola Degani