CULTURA

Lucrezia e il fardello di essere una Borgia

La storia di Lucrezia si dipana tra matrimoni, presunti amori, giochi di potere e dolorose delusioni. Figlia del papa che viene ricordato come il grande corruttore della storia romana e sorella di Cesare Borgia, accompagnato dalla fama di essere uno spietato uomo di potere, in un periodo difficilissimo in cui la fragilità del sistema italiano era palese, Lucrezia portava addosso lo stigma di essere una Borgia. Verrà accusata infatti di incesto, di promiscuità, e di essere una crudele maestra dell'arte di preparare veleni, come scrive Victor Hugo, nel 1833, nel dramma teatrale a lei dedicato, ripreso in italiano da Gaetano Donizetti.

Nel 2019, a 500 anni dalla sua morte, questo misterioso personaggio non smette di far parlare di sé. Resta solo da capire come se ne parla. Sembra infatti che la figura di Lucrezia sia stata rivalutata negli ultimi anni; ma a cosa è dovuta la perversa reputazione che l'accompagnò per secoli?

Lucrezia fu una sposa bambina come tante nel Rinascimento; il suo primo matrimonio, infatti, fu uno dei molti sposalizi mirati a stringere rapporti di tra uomini di potere. Nel caso di Lucrezia si trattava di suo padre, il cardinale spagnolo Rodrigo Borgia, e la famiglia Sforza, che aveva contribuito alla sua elezione a pontefice nel 1492, con il nome di Alessandro VI. Il primo marito di Lucrezia era perciò Giovanni Sforza, signore di Pesaro.

“Lei era uno strumento politico in mano a suo padre, che combinò matrimoni ad altissimo livello. Il matrimonio, in quell'epoca, era a tutti gli effetti uno strumento familiare”, chiarisce Giovanna Paolin, professoressa di storia delle donne e di genere all'università di Trieste. “Era così a tutti i livelli sociali. Si trattava solo e sempre di stabilire rapporti di potere decisi dalle famiglie. Quindi, usare la figlia in equilibri politici non era affatto strano, per cui lei non fu un'insolita vittima della situazione. Nonostante il concilio di Trento, i matrimoni rimasero combinati fino a tutto il Settecento almeno”.

L'unione di Lucrezia, però, non era destinata a durare a lungo. Nel 1497 Giovanni fuggì da Roma, temendo una congiura da parte del suocero. Ne ottenne in cambio l'annullamento del matrimonio e cercò di vendicare la sua condizione alimentando alcune dicerie riguardo a dei presunti rapporti incestuosi tra Lucrezia e suo padre. “Era questo il genere di strumenti polemici che si usava per attaccare singoli personaggi o famiglie importanti come quella dei Borgia. Erano scontri durissimi quelli che avvenivano a quel livello di potere. Una donna, poi, era ancora più esposta, e quindi diventava molto più facile attaccarla”, commenta la professoressa Paolin. “Altre accuse simili erano quella di omosessualità, per esempio. Si trattava di denunce che ricorrevano costantemente nelle lotte dell'epoca. Questo è accaduto a tutte quelle donne che hanno sfiorato i livelli del potere. Elisabetta I di Inghilterra non ne è stata esente, e neanche la regina Giovanna (detta la “regina triste”) di Napoli”.

Le voci infamanti su Lucrezia crebbero ancora di più quando, tra il primo e il secondo matrimonio, passò lunghi periodi nel convento di San Sisto, dove sembra che diede alla luce un bambino, Giovanni Borgia, detto “l'Infante romano”. Non ci sono prove che fu Lucrezia la madre, mentre la paternità venne attribuita prima a Cesare Borgia, suo fratello, e in seguito ad Alessandro VI. Questa confusione non contribuì di certo a stroncare le chiacchiere sulla famiglia Borgia. In quegli anni, poi, ci fu il misterioso ritrovamento del cadavere di suo fratello Juan Borgia nel Tevere, che alimentò i pettegolezzi sulla famiglia, specialmente riguardo a Cesare, da molti considerato il mandante dell'omicidio. Le voci infamanti sui Borgia non tacquero nemmeno quando Lucrezia fu data in sposa ad Alfonso d'Aragona, principe di Salerno, che venne ucciso, probabilmente da alleati di Cesare, nel 1500.

Alessandro VI affidò per un periodo a Lucrezia la guida di Spoleto, finché non decise di farla sposare per la terza volta con il futuro duca di Ferrara Alfonso d'Este. Fu allora che la donna conobbe gli umanisti e letterati del tempo, tra cui Ludovico Ariosto, presente anche alle sue nozze, e Pietro Bembo, con cui intraprese una assidua corrispondenza letteraria. “Era una donna molto sveglia che aveva imparato molte lingue, aveva molto gusto, infatti fu un'ottima mecenate, molto più raffinata di suo fratello Cesare. Si circondava di personaggi illustri, e li appoggiava anche prima della corte estense. Dimostrava sempre di essere aperta dal punto di vista culturale. Aveva una personalità notevole, si era affinata nel tempo ed era riuscita ad accreditarsi”, spiega la professoressa Paolin.

I pettegolezzi su Lucrezia crebbero ancora pochi anni dopo. Si diceva, infatti, che avesse una relazione con il cognato Francesco Gonzaga, marito di Isabella d'Este. Le voci secondo le quali i due amanti si scambiassero lettere grazie all'aiuto del poeta Ercole Strozzi, assassinato poco dopo, furono smentite dai rispettivi coniugi. Alfonso, diventato duca nel 1508 affidò a Lucrezia l'importante incarico della gestione delle istanze dei cittadini presso il principe, compito che lei eseguì con entusiasmo e competenza.

“Certo che se un uomo aveva altre vicende extra matrimoniali era assolutamente ovvio, nel caso si tratta di una donna, anche se è una sovrana, entrano in gioco tutta una serie di discrediti e di giudizi inclementi, commenta la professoressa Paolin. “Gli ultimi studi condotti su di lei, testi e libri, che hanno riaperto il dibattito su Lucrezia Borgia, ma la leggenda completamente contraria alla sua figura, quella che la metteva in una luce assolutamente negativa è stata superata. Ora c'è un giudizio più equilibrato si di lei tanto che mette in luce come sia stata una buona governante, nonostante non abbia avuto una formazione specifica. Mentre nel caso del maschio era prevista una preparazione specifica, le donne ricevevano una formazione più “occasionale”, ascoltavano cioè quello che facevano il fratello o il padre ma non venivano istruite espressamente per ricoprire questo ruolo. Nonostante questo, Lucrezia si dimostrò molto abile e molto preparata”.

Durante gli anni successivi, Lucrezia ebbe altri tre figli, l'ultimo dei quali la portò alla morte, nel 1519. Poco prima della fine, comunque, ebbe una specie di conversione come se ne facevano molte in quel periodo. All'interno del cattolicesimo ci fu infatti un momento in cui molte figure cercarono la conversione, una nuova spiritualità, ravvedendosi per i costumi del passato. “Sono percorsi all'interno di movimenti che alla fine del Quattrocento in poi erano molto più forti. Alla fine anche Lucrezia assunse una notevole fama di donna seria, religiosa e devota, mostrando di aver modificato certi suoi parametri”, aggiunge la professoressa.

Insomma, i Borgia furono una delle famiglie più odiate e temute della storia italiana, e ciò ha gravato moltissimo sulla figura di Lucrezia, come nota la professoressa Paolin. “È stata vista in negativo prima di tutto perché figlia del papa, dimenticando che in quell'epoca non era una cosa così strana. A metà del Cinquecento, nonostante fosse un'epoca in cui le problematiche del concilio di Trento erano ampiamente dibattute, questi avvenimenti non scandalizzavano nessuno”.

Come fu interpretata, però, la sua figura dagli storici dei secoli successivi? Nell'Ottocento ci fu una grande ondata di risentimento contro lo Stato della chiesa, ritenuto responsabile di aver impedito il raggiungimento dell'unità in Italia. Era il periodo della costituzione dei grandi stati nazionali, mentre l'Italia fu colei che rimase frammentata ed esposta al controllo esterno. Si dava la colpa alla Chiesa per aver impedito ai singoli stati italiani di alzare la testa, di unificarsi e di espandersi.

“Fu in quel periodo che nacque la grande leggenda nera sui Borgia, che raccoglie accuse che erano già del loro tempo, ma che furono gonfiate perché era in corso la polemica contro il papato, che verteva non su questioni di religione e di fede, ma puramente di politica. I Borgia assunsero perciò la fama di rovina dell'Italia, a cominciare da Alessandro VI, che era stato un personaggio politico che aveva partecipato a giochi di potere sia con Venezia che con Napoli, per tenere sotto controllo il papato. Lucrezia, in fondo, è quella che ne viene fuori meglio. Lei era una pedina del papato, non si può chiederle di essere una santa in quel periodo, ma non si può neanche farne una erinni o una dissoluta. Era una donna brillante che faceva parte di una società brillante in cui i costumi erano molto liberi, specialmente per le donne potenti che potevano anche permettersi di sfuggire (fino a un certo punto) al codice d'onore”, conclude la professoressa.

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