CULTURA

Il mondo dietro di te: un racconto per immagini più che un romanzo

Il mondo dietro di te di Rumaan Alam (La Nave di Teseo, 2021) non è un thriller, al contrario di quanto ha affermato il Washington Post. Lo precisiamo perché, se ci si aspetta un libro di questo genere, è inevitabile rimanere delusi, perché del thriller gli manca praticamente tutto. A partire dalla trama, che non c'è proprio.
Certo, c'è della suspense, e parecchia, ma non è del genere che ti fa girare pagina fino a tarda notte perché non resisti se non arrivi alla fine, anzi: potrebbe anche succederti di doverti fermare, perché la tensione a tratti diventa troppo disturbante. Il che, intendiamoci, può piacere, ma a un target diverso da quello che si fionda sui thriller di Donato Carrisi appena escono in libreria.

Ora che abbiamo scongiurato il fraintendimento, passiamo alla trama, se di trama si può parlare. Amanda e Clay sono una coppia di newyorkesi che organizzano una vacanza in una casa isolata nel Long Island, presa in affitto su Airbnb. Attorno a questa villetta di lusso, il nulla, cioè tutto ciò che cercavano per staccare da una vita quotidiana troppo incalzante, tipica della metropoli. Con loro, i figli Rose e Archie, due adolescenti con caratteri molto diversi.
Una notte bussano alla porta due sconosciuti, che dicono di essere i proprietari della casa e che sono spaventati perché a New York è in corso un blackout e quindi sono fuggiti e chiedono di entrare. Cercando di verificare che non siano dei malintenzionati, Amanda scopre che i cellulari non prendono più, e che una notifica sulla situazione a New York è visualizzabile solo a grandi linee, perché i caratteri non si vedono.
Nel libro, in pratica, succede solo questo. Tutto il resto è angoscia e riflessioni di vario tipo. Ogni tanto spunta il narratore onnisciente, che dice cos'è successo, così en passant, come se non fosse importante. Ed effettivamente per lui, forse, importante non lo è davvero, visto che tra l'altro le sue spiegazioni non possono soddisfare il lettore, perché di fatto non chiariscono nulla (per esempio, perché un breve rumore assordante dovrebbe far cadere i denti?). Il tutto, alla lunga, può diventare fastidioso: il narratore onnisciente forse non ritiene i lettori degni di sapere?

Questo modo di presentare la situazione è un artificio per trasmettere l'angoscia di una domanda che, più o meno inconsciamente, ha sfiorato la mente di ognuno di noi: come sarà la fine del mondo? In questo senso il romanzo è davvero notevole: più che da fatti, è costituito da immagini, visivamente molto efficaci, tra stormi di fenicotteri in piscina e centinaia di cervi che corrono (vicino alla casa, non in mezzo a una metropoli  come fa intendere la splendida copertina di Martin Stranka). L'autore è così attento all'atmosfera che viene da pensare che abbia sbagliato mestiere: Il mondo dietro di te, più che un libro, sembra un soggetto cinematografico ancora grezzo (non a caso diventerà un film con Julia Roberts e Denzel Washington prodotto da Netflix), che raccoglie un'ambientazione affascinante, delle immagini di impatto e piccoli fatti utili a capire come ragionano le persone quando sentono che sta succedendo qualcosa di terribile, ma non hanno elementi per prendere alcun provvedimento, fosse anche solo riempire le vasche da bagno.

Qualsiasi cosa pensassero di aver capito non era sbagliata ma irrilevante Rumaan Alam

La reticenza dell'autore è sicuramente voluta, perché vuole mettere i lettori nella stessa situazione dei protagonisti, che rimangono quasi paralizzati di fronte a un pericolo senza nome. Alam si comporta un po' come l'Hitchcock de Gli uccelli perché anche in quella pellicola le ragioni dell'invasione erano solo vagamente accennate e mai spiegate del tutto. Al cinema può funzionare, in un romanzo non tanto: a un certo punto è probabile che crolli il palco, e il lettore si stanchi della pura atmosfera, anche se creata magistralmente.

Durante la narrazione emergono anche alcuni argomenti molto attuali, che però rischiano di rimanere sullo sfondo: la dipendenza dell'essere umano dalla tecnologia, il conflitto di classe, il razzismo (i ricchi proprietari della villa sono negri, e Clay e Amanda faticano a superare un'iniziale diffidenza: potrebbe riflettere l'esperienza dell'autore, che raccontava di sentirsi integrato, fino a quando la madre del suo capo, a una festa, non lo ha scambiato per l'autista, e a quel punto lui ha capito che la questione razziale non è così immediata nemmeno nella parte più democratica degli Stati Uniti). I personaggi, però, non sono mai realmente indagati, non si arriva in profondità, perché quello che importa all'autore va al di là della storia personale, ed è ciò che sta succedendo a un mondo sempre più maltrattato.

Nel complesso alcuni tratti del libro sono di una forza notevole, e non a caso è arrivato in finale al National Book Award. Forse, se ci fosse stata una trama degna di questo nome, avrebbe anche potuto vincerlo: l'ansia per l'ignoto che si fa a ogni pagina più palpabile e le immagini che oscillano tra il grottesco e lo spaventoso svaniscono, trasformandosi in un'occasione persa, che speriamo possa essere recuperata almeno dal film. Magari gli sceneggiatori decideranno che un'ambientazione così potente meriti anche un intreccio e una fine.

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012