CULTURA

Il mondo filosofico e politico dietro ai cartoni animati

Che si tratti di anime o di cartoons, di Walt Disney o della Hanna-Barbera, i cartoni animati appassionano bambini e non: fanno sognare, ridere e riflettere. Infatti, è ormai noto che la banalizzazione del cartone animato, che tende a relegarlo al solo mondo dell'infanzia e a denotarne un'inesistente superficialità, sia sorpassata. L'esempio più eclatante, forse, è dato dalle avventure della famiglia gialla di Springfield, I Simpson, che da quasi vent'anni costituiscono una delle critiche più feroci e irriverenti della società odierna, in particolar modo statunitense. Anche le recenti animazioni, ad esempio della Pixar o della DreamWorks, hanno dimostrato che il cartone animato non sia solo un mezzo per intrattenere i bambini, ma anche per formarli.

Andrea Tagliapietra, Professore di Storia della filosofia, ha scritto un libro intitolato La filosofia dei cartoni animati – Una mitologia contemporanea, di cui parlerà sabato 7 settembre alle 11.30 al Festival della Politica 2019 di Mestre. Nella sua opera, Tagliapietra, fa una riflessione sull'entità dell'immagine, partendo dal principio che questa sia la copia di un'originale: “Le immagini sono derivate e, soprattutto in passato, venivano contrapposte al logos. È un antico debito che fa sì che diamo più valore a un ragionamento logico piuttosto che all'immaginazione. Nell'ultimo secolo questa concezione viene messa in discussione, per via del fatto che ci immergiamo in una società che comunica sempre più attraverso le immagini, mentre il linguaggio verbale è sempre meno essenziale”.

Nella storia del cinema, specialmente coi film dal vero, la tecnica è spesso improntata al realismo: “Tutte le risorse del cinema – continua Tagliapietra – anche gli effetti speciali, servono ad aumentare il realismo. Persino l'illusione è efficace quanto più fa riferimento a una struttura ontologica rigida della realtà. Nei cartoni animati questo non succede: se vedo Topolino non sto guardando l'immagine di un topo, ma appunto Topolino, è un'immagine senza originale perché è lui stesso un originale. C'è un'animazione dell'inanimato, come dice il nome cartone animato, e quindi il rovesciamento della grande ripartizione tra viventi e non viventi. Tratti distintivi delle animazioni sono l'elevazione a personaggio di oggetti o gli animali parlanti. Non a caso uno dei grandi cicli dell'animazione è Toy Story, in cui dei giocattoli prendono vita quando noi non li guardiamo”.

Questo è quello che fanno i cartoni animati, secondo Tagliapietra: ci restituiscono lo sguardo, rovesciando la situazione: “Noi guardiamo le cose confinandole nell'inanimato, il fatto di essere guardati dagli animali e dagli oggetti, ci fa entrare in una realtà completamente diversa: questa è la mitologia contemporanea. Perciò, il cartone animato, essendo fruibile da miliardi di persone, è un modo per criticare il mondo e sostituirlo con un altro più attento alla realtà della natura, dei viventi. Il bisogno della nuova generazione di prendersi cura del pianeta è evidente e questo nell'animazione contemporanea appare, in particolare in quello giapponese, ad esempio con Miyazaki. Wall-E, capolavoro assoluto coproduzione della Pixar e della Disney, racconta dell'umanità che viene restituita alla sua naturalità tramite la presa di coscienza di una macchina: paradossalmente i robot diventano più umani di noi”.

Una parte del libro è dedicata alla politica dei cartoni animati che si incentra sulla funzione del ribelle: “Questa figura appare quasi sempre. Si pensi ai cartoni ambientati nel mondo degli insetti, infatti un altro tema importante è il rapporto grande-piccolo, nella misura in cui il piccolo rovescia il rapporto di forza col grande, come accade per esempio in Tom&Jerry. Il singolo, spesso ape o formica, si ribella all'omologazione del formicaio o dell'alveare per conquistare la propria indipendenza di pensiero di vita. Un altro elemento politico è la commistione rivoluzionaria che determina quello che io chiamo il rovesciamento dell'arca di Noè: nei cartoni animati contemporanei, come Madagascar o la Gang del Bosco non c'è più l'accoppiamento specifico. Si esce dal filone della Bibba e di Darwin: Clarabella, una mucca, è innamorata di Orazio, un cavallo, in Madagascar la giraffa si innamora dell'ippopotamo. Si tratta di una rappresentazione intraspecifica e rivoluzionaria rispetto al mandato di conservazione e riproduzione”.

Sicuramente uno dei grandi temi dei cartoni animati è l'amicizia, spesso tra diversi, come spiega il filosofo: “L'amicizia è il grande operatore di contraddizione in un mondo contemporaneo che impoverisce sempre più gli spazi della socializzazione. Perciò è molto significativo che dei film dedicati all'infanzia, ma anche ai genitori e agli appassionati, parlino dell'essere amici. L'amicizia è la più negletta delle virtù umane, ma quella di cui abbiamo più bisogno: il rapporto con l'altro è necessario per diventare ciò che si è. Pensiamo al film d'animazione Cars: vediamo due forme di amicizia piuttosto importanti. La prima è quella orizzontale tra Saetta McQueen, macchina sportiva e velocissima, e Cricchetto, mezzo di soccorso arrugginito, che insegna alla macchina, che sa andare solo veloce e sempre più veloce in avanti, l'importanza degli specchietti retrovisori e della retromarcia. La seconda forma di amicizia è quella strutturata verticalmente, tra fratello maggiore o padre e fratello minore e figlio, cioè tra Doc e Saetta, il quale imparerà che, a volte, per andare a destra bisogna girare a sinistra, rovesciando la logica conformista”.

I cartoni animati si sono rivelati un potente espediente per parlare anche di quello che più ci spaventa come esseri umani: la morte. Ad esempio nel ciclo dell'Era Glaciale un gruppo di amici, animali estinti appartenenti a diverse specie, cercano di sopravvivere, ma non ci riescono a causa delle calamità naturali scatenate dall'avidità dello scoiattolo Scrat: “Il bradipo, la tigre dai denti a sciabola e il mammut cercano di vivere sereni, come una famiglia hippie intraspecifica, accontentandosi dello stretto indispensabile. Lo scoiattolo, che non consuma la sua ghianda e ogni volta per nasconderla produce un cataclisma, metafora del capitalista accumulatore, ci spiega che se riuscissimo ad accontentarci saremmo più felici”.

“Un cartone animato come Coco – continua Tagliapietra – racconta la morte come qualcosa che ha più a che fare con l'essere dimenticati che con la morte biologica. Per sconfiggere la morte bisogna capire che la morte vera è quella sociale. La cultura umana è trasmettere la memoria delle generazioni passate a quelle future e nasce quando l'Australopiteco seppelliva i propri morti e li ricordava con degli oggetti, semplici, ma che davano continuità alla cultura umana. Questo è il messaggio che ci viene dai cartoni animati, un messaggio poderoso di revisione della chiusura del nostro mondo contemporaneo e di speranza per le nuove generazioni”.

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