UNIVERSITÀ E SCUOLA
Museo diffuso Unipd. Nella mente umana, a partire dalla primissima infanzia
La nuova tappa alla scoperta delle collezioni del Museo diffuso dell'università di Padova oggi ci porta a visitare le esposizioni del dipartimento di Psicologia generale e del dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione, in un affascinante viaggio tra alcuni degli strumenti che hanno contribuito ad indagare meglio la percezione visiva e uditiva, ma anche a studiare la primissima infanzia per capire se alcuni comportamenti e alcune abilità cognitive sono presenti sin dalla nascita.
La storia della psicologia a Padova nasce nel 1919 e nella fase iniziale si intreccia con quella di tre grandi studiosi: Vittorio Benussi, che fu il primo docente e successivamente aprì e guidò il laboratorio di psicologia sperimentale, il suo allievo Cesare Musatti, che diresse il laboratorio fino al 1939 quando l'ateneo lo allontana per la questione razziale, date le sue origini ebree e Fabio Metelli che nel dopoguerra prese le redini dell'istituto di Psicologia e inaugurò l'istituto di Psicologia dell'età evolutiva. Negli anni '80 dai due istituti nascono il dipartimento di Psicologia generale e il dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione che, complementari per ricerca e competenze, danno forza all'attuale Scuola di Psicologia dell'ateneo patavino.
La prima parte dell'esposizione presenta alcuni strumenti fortemente rappresentativi del lavoro e delle ricerche condotte da Benussi, Musatti e Metelli. Una seconda vetrina mostra invece strumenti più recenti con cui sono state condotte indagini sulla percezione visiva e uditiva, come un sintetizzatore Moog, ben noto agli appassionati di musica.
La sezione dedicata allo studio dell'infanzia ruota intorno a due strumenti particolari: un seggiolino appositamente costruito per consentire di studiare in modo semplice e non invasivo il riflesso di startle nei bambini e il ciucciotto modificato con cui si misura il riflesso di suzione nei neonati.
In questo video il professor Massimo Grassi, responsabile scientifico dell'allestimento curato dal dipartimento di Psicologia generale, e il collega Giovanni Galfano, responsabile scientifico dell'esposizione messa a punto dal dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione, spiegano nel dettaglio gli strumenti e i documenti che caratterizzano le due collezioni.
Massimo Grassi e Giovanni Galfano illustrano le collezioni del dipartimento di Psicologia generale e del dipartimento di psicologia dello sviluppo e della socializzazione. Servizio, riprese e montaggio di Barbara Paknazar
"Questa collezione ripercorre i 100 anni di storia che la psicologia ha avuto dentro l’ateneo patavino. Ci sono infatti oggetti che risalgono agli inizi del Novecento, fino ad oggetti degli anni ’70 e agli anni 2000. Si tratta di strumenti emblematici di alcune delle più classiche linee di ricerca dei due dipartimenti: dallo studio della percezione visiva e uditiva alle prime ricerche che si inserivano nell’ambito della psicologia della testimonianza, ma anche alcuni oggetti modificati che permettono lo studio della prima infanzia", introduce il professor Massimo Grassi.
Lo strumento più storico dell’esposizione è una fascia pneumografo che apparteneva a Vittorio Benussi, che con i suoi studi sui movimenti respiratori è di fatto l'inventore della macchina della verità. "La fascia veniva applicata al torace e si misurava la velocità del respiro della persona. Le bugie solitamente avevano il fiato corto e quindi un respiro più veloce", spiega il professor Grassi.
Un’altra parte della collezione è invece dedicata a Cesare Musatti. "Tutti lo conoscono come psicoanalista, ma in realtà cominciò la sua carriera investigando la psicologia della percezione. In particolare le sue ricerche si concentrarono sulla percezione visiva e sulle illusioni stereocinetiche che lui produceva costruendo strumenti progettati con questo scopo". I fenomeni stereocinetici consistono nella percezione tridimensionale di oggetti bidimensionali in movimento e Musatti li indagava con un apparecchio autocostruito, un disco nero su cui viene disegnato un cerchio con un puntino eccentrico al suo interno: facendo ruotare il disco si otterrà la percezione di cono tridimensionale concavo o convesso, di altezza ben definita. "Un documento molto importante legato alla carriera di Musatti è una lettera che l’allora rettore Carlo Anti spedisce al ministero della Pubblica istruzione per licenziare Musatti accusandolo di propaganda di freudismo", prosegue il responsabile scientifico del Museo diffuso del dipartimento di Psicologia generale. Musatti fu infatti uno dei 51 docenti di origine ebraica allontanati dall'ateneo a causa delle leggi razziali.
L'esposizione prosegue con Fabio Metelli che studiò la cosiddetta trasparenza fenomenica, cioè quell'evento percettivo che si ha quando un oggetto che in realtà è opaco ci appare come trasparente. "Metelli - ricorda Massimo Grassi - fu anche il primo all’interno dell’istituto di Psicologia di Padova ad arrivare ad una pubblicazione internazionale di prestigio (in un numero della rivista Scientific American dell’aprile del 1974) e a muovere la psicologia da un contesto locale a un contesto di più ampio respiro".
Un ambito, quello degli studi sulla percezione sensoriale condotti dalla scuola di psicologia patavina, magnificamente rappresentato anche nella mostra "L'occhio in gioco" che rimarrà allestita al palazzo Monte di Pietà di Padova fino al 26 febbraio 2023.
"Un’altra sezione della collezione presenta invece oggetti più recenti, come strumenti autocostruiti da piccole ditte che venivano utilizzati per lo studio della lateralizzazione emisferica o della percezione visiva. In mostra c’è anche un sintetizzatore Moog che veniva utilizzato per lo studio della percezione uditiva", conclude Grassi.
Per quanto riguarda invece lo studio dell’infanzia la collezione allestita dal dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione presenta due strumenti. "Il primo serve per misurare in maniera non invasiva un comportamento, il riflesso di startle, e si rivolge a bambini di circa 3 anni. Questo riflesso è presente negli adulti e l’interesse scientifico è capire se lo si può ritrovare anche nei bambini. Per misurare questo comportamento si usava un seggiolino che ha sei sensori in grado di registrare ogni minimo movimento del corpo del bambino, movimenti che sono una risposta a stimoli visivi improvvisi e, ancora di più, a stimoli uditivi come per esempio un tono ad alta intensità", spiega il professor Giovanni Galfano.
Il secondo strumento per lo studio dell’infanzia prende il nome di ciucciotto modificato e si rivolge a bambini molto piccoli o addirittura neonati con pochi giorni di vita. "Si tratta di un ciucciotto che ha all’interno dei sensori che servono a misurare il riflesso di suzione. Questo strumento è stato utilizzato per studiare a quali stimoli individui molto piccoli prestano attenzione. Questo perché esiste una precisa relazione tra la frequenza di suzione e il prestare attenzione a stimoli posti nell’ambiente esterno: è stato osservato che bambini la cui attenzione viene catturata da stimoli esterni, tipicamente stimoli nuovi o non familiari, hanno un abbassamento della frequenza di suzione", prosegue Galfano.
"L’importanza di questi strumenti - conclude il responsabile scientifico del Museo diffuso del dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione - risiede nel cercare di ottenere informazioni che consentano di capire se certi comportamenti e abilità cognitive sono in qualche misura innati. E nello specifico del riflesso di suzione è stato osservato che effettivamente anche i neonati con pochi giorni di vita sono capaci di prestare attenzione a specifici stimoli dell’ambiente esterno".
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