SOCIETÀ

Non tutto il pettegolezzo viene per nuocere

Secondo uno studio pubblicato su Pnas, i pettegolezzi non sono sempre da condannare, anzi, possono rivelarsi utili a livello sociale portando vantaggi ai singoli individui. Definito come lo scambio di informazioni personali su terze parti assenti, il pettegolezzo può fornire un certo beneficio sociale. La ricerca ne ha rivelato l'efficacia nel diffondere informazioni sulla reputazione delle persone, il che può aiutare i destinatari a connettersi con persone cooperative. Insomma, il pettegolezzo "is not always a bad thing"

Per comprendere meglio la struttura di reti complesse, il gruppo di ricerca delle università del Maryland e di Stanford ha utilizzato un modello evolutivo della teoria dei giochi che imita il processo decisionale umano: combinando i principi della biologia evolutiva e della teoria dei giochi, si è potuto osservare come gli agenti, o soggetti di studio virtuali, interagiscono tra loro alterando le strategie per ricevere ricompense. “Al termine della simulazione, il 90% degli agenti sono diventati pettegoli”. Secondo i ricercatori, “le persone sono più propense a cooperare con chi diffonde il pettegolezzo perché puntano a proteggere la propria reputazione e a evitare di cadere vittime delle dicerie. Per i pettegoli, poi, ricevere la collaborazione di un'altra persona può essere di per sé una ricompensa”. 

Ne abbiamo parlato con Nicoletta Cavazza, docente di Psicologia sociale e Psicologia della persuasione all'Università di Modena e Reggio Emilia, già autrice di un saggio sull'argomento, pubblicato diversi anni fa da Il Mulino ma ancora attuale e assai utile a questo approfondimento. "Secondo la definizione condivisa nella letteratura scientifica - scrive Cavazza in Pettegolezzi e reputazione - il pettegolezzo è una conversazione personale su terzi assenti, conoscenti comuni, in cui le informazioni scambiate, siano esse attendibili oppure no, sono di tipo valutativo e procurano qualche beneficio (anche simbolico) a chi le diffonde, a chi le riceve, o a entrambi. Le informazioni trasmesse hanno carattere di non essenzialità, ossia non sono strettamente pertinenti alla relazione fra i parlanti, e riguardano per lo più la sfera privata e intima che intenzionalmente la persona assente mantiene nel backstage".

Partiamo dalle basi: quando uno scambio di informazioni si trasforma in pettegolezzo?

"Per prima cosa dobbiamo distinguere l'uso che di questa parola viene fatto nel linguaggio comune da quello invece che viene fatto nella ricerca psicosociale. Nel linguaggio comune ha una chiara connotazione negativa e significa parlar male di qualcuno; al contrario, negli studi sociali, si definisce come una forma di conoscenza delle persone che abbiamo a disposizione per conoscerle in modo indiretto attraverso il modo in cui altri ce ne parlano. Quindi, il pettegolezzo è qualsiasi conversazione in cui vengono veicolate informazioni, positive o negative, su terzi assenti: i contenuti fanno riferimento a comportamenti che possono essere sia riprovevoli, per i quali la fonte trasmette una disapprovazione, sia positivi, per i quali la fonte veicola una buona valutazione".

Quale la relazione tra pettegolezzo e reputazione?

"Il pettegolezzo è lo strumento attraverso il quale si costruisce la reputazione: una rappresentazione sociale di un individuo, cioè una valutazione condivisa. Non è un'impressione, perché quest'ultima è individuale. La reputazione è un modo di considerare una persona condiviso all'interno di una comunità di cui questa persona fa parte e si costruisce attraverso scambi di informazioni sui comportamenti che la persona mette in atto, che possono essere cooperativi o al contrario competitivi, e quindi negativi per la comunità stessa. In società complesse abbiamo bisogno di metterci in relazione con tanti individui proprio per raggiungere i nostri obiettivi e abbiamo bisogno di prevedere se chi ancora non conosciamo sarà orientato alla cooperazione con noi. In parole semplici: il sistema reputazionale è una risorsa per gli individui e per la società".

Se ho una buona reputazione posso pensare di ottenere dei vantaggi.

"Avrò maggiori possibilità di prendere in affitto una casa, di acquisire nuovi clienti, in generale di accedere a risorse che mi consentano di svolgere le mie attività. O, più semplicemente, grazie alla mia reputazione, posso pensare di influenzare gli altri: pensiamo a quando ci dicono 'tu che sei una esperta di ristoranti, dimmi, dove posso andare a cena per il mio compleanno?'. Ecco, in questo senso, si tratta di una risorsa simbolica legata al fatto di poter influenzare le persone: il sistema delle recensioni degli influencer in rete è stato costruito così e ha molto a che vedere con il sistema reputazionale che è una conseguenza complessa di piccoli atti comunicativi che consistono appunto nello scambiarsi informazioni sugli assenti, quindi pettegolezzi".

Quali sono le fonti del pettegolezzo? 

"La prima fonte sono le reti amicali, il passaparola diretto. Se io condivido un'informazione riservata su un conoscente comune ti sto dicendo che ti considero parte della mia rete d’amicizia, quindi definisco il rapporto che ho con te: questo stabilisce la nostra relazione. Il pettegolezzo non ha solo un contenuto informativo, ma definisce anche la relazione. In secondo luogo, oggi le fonti sono anche quelle online sulle quali però aleggia il sospetto di falsità che fa diminuire la motivazione a elaborare le informazioni in modo approfondito. Un esempio: quando devo scegliere un ristorante, leggendo le recensioni online tendo a dare più credito a quelle negative. Le persone associano un sospetto di falsità alle recensioni positive. Le recensioni negative vengono ritenute più diagnostiche: basta un comportamento negativo per rovinare una reputazione, ma non basta un comportamento positivo per migliorarla".

Il pettegolezzo è una conversazione personale su terzi assenti, conoscenti comuni, in cui le informazioni scambiate, siano esse attendibili oppure no, sono di tipo valutativo e procurano qualche beneficio a chi le diffonde, a chi le riceve o a entrambi Pettegolezzi e reputazione, Nicoletta Cavazza

Nel saggio lei scrive: "Il pettegolezzo non è stato un tema molto frequentato dagli psicologi sociali, dopo un primo momento di interesse osservato negli anni Quaranta e Cinquanta del Novecento. Probabilmente la caduta di interesse è dovuta al fatto che fenomeni con conseguenze più socialmente rilevanti e potenzialmente negative -gli stereotipi e i pregiudizi, l’aggressività, i rapporti fra gruppi sociali - hanno preso il sopravvento".

"Esatto, in determinati periodi storici, fenomeni più rilevanti hanno conquistato la scena. Hanno preso il sopravvento temi con una forte rilevanza sociale, in primis lo studio del pregiudizio e di tutti i fenomeni che ruotano attorno ai rapporti intergruppi, perché le nostre società sono diventate multietniche e complesse. Ciascuno di noi sviluppa identità sociali multiple in relazione ai gruppi di cui non fa parte e che percepisce in modo negativo: questo dà luogo a fenomeni sociali preoccupanti e quindi importanti da studiare. In questo senso lo studio del pettegolezzo e del sistema della reputazione è passato in secondo piano perché definisce il funzionamento a regime di una società che non è scossa da violente crisi sociali. Detto questo, ora la psicologia sociale è tornata a occuparsene dopo aver lasciato, per anni, l'indagine al campo dell'antropologia culturale, in una prospettiva evoluzionistica".

Veniamo, dunque, agli studi recenti: cosa ci dice la ricerca pubblicata su Pnas?

“Si tratta di una simulazione. La maggior parte degli psicologi sociali fa ricerca con il metodo sperimentale selezionando dei partecipanti, individui veri. La ricerca longitudinale, che studia l'evoluzione di un fenomeno nel tempo, non è molto praticata: è costosa, molto complessa da svolgere, perché le persone coinvolte, nel corso del tempo, si stancano di partecipare, e poco interessante dal punto di vista delle carriere accademiche perché richiede tanto tempo ma i ricercatori hanno bisogno di pubblicare tutti gli anni per essere valutati continuamente. Perciò l’alternativa è quella di ricorrere alle simulazioni attraverso i modelli agent based che consentono di osservare cosa accade quando agli agenti, che simulano gli individui, si danno regole che presumibilmente sono quelle che adottano nei loro comportamenti. Questo studio, in particolare, ci dice che il sistema pettegolezzo/reputazione evolve perché conferisce benefici, sia a chi dispensa pettegolezzi sia a chi li riceve, in termini di vantaggi individuali sociali. Non rivela qualcosa di completamente nuovo o diverso da ciò che finora si era già detto, ma dà sostegno empirico alla evoluzione del sistema dei pettegolezzi mostrandone le modalità e puntando l'attenzione sulle persone coinvolte, che sono davvero di tutti i tipi".

Il pettegolezzo è lo strumento attraverso il quale costruiamo la reputazione: una rappresentazione sociale di un individuo, una valutazione condivisa. Non è un'impressione perché quest'ultima è individuale Nicoletta Cavazza

Il pettegolezzo non ha genere, non ha età e non appartiene a un unico ceto sociale. 

"Nell'opinione comune le pettegole sono le donne, in particolare quelle di basso ceto sociale. In realtà il sistema del pettegolezzo coinvolge tutti, senza distinzioni, perché consente l'accesso a risorse, permette di influenzare il comportamento degli altri e, soprattutto, porta dei benefici sociali, con la possibilità di tenere al minimo i comportamenti socialmente dannosi, rendendo poco vantaggioso il cosiddetto comportamento da free rider: quello di chi sfrutta le risorse comuni senza dare il proprio contributo".

Un vantaggio individuale è utile all’auto-conservazione.

"Il vantaggio personale sta nell'acquisizione di una reputazione positiva. Il punto è questo. Se decido di fare l'idraulica, devo avere una buona reputazione perché qualcuno mi chiami: se non godo di questa reputazione rischio di non poter portare avanti la mia attività". 

Quando il pettegolezzo può trasformarsi in qualcosa di negativo fino a degenerare?

"Quando c'è l'intenzione di danneggiare qualcuno il pettegolezzo diventa maldicenza. Il pettegolezzo non è di per sé maldicenza, lo diventa quando deliberatamente qualcuno diffonde informazioni che sa essere false. Queste voci non sono sempre radicalmente false, ma magari vengono arricchite e interpretate in maniera malevola. Ci deve essere l'intenzione di danneggiare per ragioni competitive, per invidia per esempio”.

E il rischio di trasformarsi in maldicenza aumenta proprio perché le informazioni viaggiano veloci, passando di bocca in bocca.

"Nel mio libro faccio riferimento ad alcune trasformazioni semantiche che avvengono nella catena di diffusione delle informazioni, perché i pettegolezzi corrono lungo catene di scambi comunicativi. Come nel gioco del telefono senza fili, l'informazione si trasforma, si semplifica perdendo dettagli, alcune questioni si amplificano e diventano più salienti acquisendo preminenza, altri dettagli vengono modificati per migliorare la credibilità. Quando una persona trasmette un pettegolezzo ha voglia di raccontare una storia per rendere più interessante quello che dice. Queste trasformazioni semantiche possono degenerare e portare il pettegolezzo verso una storia meno ancorata alla realtà dei fatti.

Alimentando così il nostro desiderio di scoprire tutti i retroscena...

"Esatto, lo stesso fenomeno dà vita anche al complottismo: si inizia a pensare che la verità stia dietro il proscenio e si ritiene indispensabile capire cosa ci sia oltre quello che vediamo. Si ha anche l'impressione che, accedendo a ciò che è riservato, non direttamente osservabile, si riesca ad avere un accesso privilegiato alla verità. Anche questo fa credere di avere un vantaggio competitivo: fa sempre parte di questa motivazione di base, ovvero l'illusione di poter prevedere e avere controllo sull'ambiente circostante".

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012