CULTURA

Non tutto riapre: Rovigoracconta rimanda al 2022

Si sarebbe dovuta tenere questo weekend l’ottava edizione di Rovigoracconta, uno dei festival letterari più importanti del Veneto, e in generale d’Italia. Invece, con enorme dispiacere degli organizzatori, Mattia Signorini e Sara Bacchiega, l’appuntamento è rimandato al 2022.

In periodo di riaperture, quindi, non tutto riparte ma ciò che stupisce di più, nel caso di Rovigoracconta, è che l’anno scorso – dopo il lockdown – il festival venne fatto, seppure in versione ridotta rispetto alle edizioni precedenti (che prevedevano centinaia di appuntamenti e incontri), invece quest’anno, in cui apparentemente la gestione della pandemia e dei distanziamenti dovrebbe essere più rodata e, insieme, la voglia di “tornare alla vita normale” è dilagante, controcorrente gli organizzatori decidono, a malincuore, di rinunciare. Abbiamo incontrato Mattia Signorini per capire le ragioni di questa scelta.

Mattia, questa sarebbe stata l’ottava edizione del festival: perché avete deciso di rimandare mentre nel 2020 l’avete fatto?

L'anno scorso le restrizioni hanno penalizzato le realtà più piccole perché hanno chiesto di seguire delle norme di sicurezza molto stringenti e dopo la pandemia la disponibilità degli sponsor si è ovviamente ridotta drasticamente, ma dobbiamo contare che l’estate scorsa c’era uno spirito molto diverso da quello di ora: si pensava che il covid sarebbe sparito, quindi il mood delle persone e della politica era fortemente rivolto al desiderio di uscire. I festival più grandi hanno potuto ridursi e concentrare una buona parte delle spese nella sicurezza, mentre tante realtà piccole hanno dovuto chiudere: noi invece abbiamo resistito facendo un festival grande un terzo quello di epoca prepandemica e lo abbiamo potuto fare perché non avevamo sale al chiuso e avevamo location all’aperto in grado di ospitare molto pubblico. Quest’anno invece hanno vita più facile gli eventi piccoli e quelli più grandi che si reinventano completamente. Le norme sono state fatte dal governo pensando che gli eventi culturali all’aperto siano delle specie di eventi teatrali trasferiti all’aperto quindi prevedono che questi debbano essere circoscritti all’interno di luoghi predefiniti e debba essere prevista la prenotazione anticipata dei posti a sedere. Quindi cosa succede a Rovigoracconta? Succede che un festival culturale che si svolge nel centro storico di una città, nelle sue vie e nelle sue piazze, con eventi in contemporanea – non può essere fatto a meno di non chiudere il centro storico della città. Ora, Rovigoracconta è un festival che crea un indotto economico compreso tra i 150 e i 200.000 euro all’anno, e ce lo avrebbero permesso, di chiudere il centro storico della città, ma Sara Bacchiega e io ci siamo detti che un festival culturale deve avere anche un risvolto sociale, cioè deve servire a una città e al suo territorio per crescere. Chiudere il centro storico come fosse un teatro, obbligando alla prenotazione il pubblico e a far entrare gli spettatori in modo contingentato e costringerli a sedere sulle sedie previste in numero prefissato per ciascuno spettacolo, avrebbe voluto dire a far chiudere per tre giorni negozi, bar, ristoranti: non ci possiamo permettere una cosa del genere. La nostra è stata una scelta dettata dalla sensibilità verso quest'aspetto. L’alternativa sarebbe stata quella di portarlo in periferia, oppure di tenerlo in centro e fare due eventi al giorno. Beh, in ambedue i casi non sarebbe stato più Rovigoracconta, e così abbiamo deciso, in modo molto etico, di fermarci un anno.

Qual è lo spirito di Rovigoracconta, dunque? Cosa lo differenzia dagli altri festival?

Lo differenzia chi lo pensa e chi lo fa. Per me la cultura non deve essere qualcosa di elitario, di polveroso, ma un’esperienza che deve necessariamente arrivare a più persone possibile. Il pop (termine che viene dall'inglese “popular”!) non è una parolaccia, ma è un tentativo, che si fa in vari campi, di proporre contenuti, anche molto forti, a una platea ampia. A Rovigoracconta viene anche chi non ha mai letto un libro e questo è il pubblico che io desidero di più. Certo, gli amanti dei libri sono i nostri primi destinatari, ma vedere tante persone che vengono ad ascoltare scrittori, giornalisti e cantanti, e che magari non hanno mai ascoltato un conferenziere parlare, e che poi tornano a casa pensando che non è stata un’esperienza così distante dal loro mondo e che nel frattempo hanno fatto anche comunità, hanno conosciuto e parlato con altre persone… beh, è lo scopo di quello che facciamo. Abbiamo una percentuale di pubblico di circa il 20-30% che viene al festival senza aver letto il programma prima: si fida. E tra un evento e l’altro tutto il pubblico vive la città con i suoi locali e i suoi negozi che durante i giorni di Rovigoracconta restano aperti di notte, in modo del tutto spontaneo (come spontaneamente allestiscono le vetrine di aracione, il colore del festival), quindi cos’è per me un festival letterario? È famiglia, società, unione,comunione. Tutto ciò di cui abbiamo a maggior ragione bisogno adesso. E che non si può fare restando seduti su una sedia. Comprendiamo la situazione attuale e le doverose norme, ma evidentemente queste non permettono a noi di esistere.

Ma le norme sono così stringenti? I negozi avrebbero dovuto chiudere?

Non è specificato nel decreto: è previsto che le persone entrino nell’area del festival, si siedano su un posto prenotato precedentemente e, finito l’evento, vadano via. Credo che a volte le norme siano fatte da persone che non conoscono la pratica e le sue sfaccettature o, se le conoscono, non riescano a contemplare le esigenze di tutte le realtà italiane. C’è chi dice che avremmo potuto aspettare qualche mese e spostare il festival a luglio o ad agosto invece che rimandarlo di un anno: ma non è possibile. Un festival così grande è un transatlantico che deve curvare, e non curva in un mese o due. Ci vogliono sei, sette, otto mesi per metterlo in piedi, non basta una norma pensata un mese o due prima per salvarlo, purtroppo. A meno di non ridurlo così drasticamente da renderlo ciò che non è.

Ti faccio una domanda diretta: oltre al problema organizzativo-gestionale c'è stato anche un problema di danaro legato al fatto che forse, se fossero venute meno persone al festival, gli sponsor avrebbero finanziato meno (oltre al fatto che gli sponsor sono in sofferenza e hanno in ogni caso meno disponibilità)?

Analogamente al 2020 avevamo meno fondi rispetto all’epoca prepandemica, quindi avremmo fatto un festival sulla scorta di quello del 2020, cioè grande un terzo. Non mi sono però posto il problema: gli sponsor che c'erano ci avrebbero sostenuto in ogni caso. Erano certo molti meno ma altri, che sono mancati, ci hanno detto chiaramente che ci saranno di nuovo quando il festival tornerà ai numeri di una volta. Dobbiamo pensare che Rovigoracconta è uno dei festival italiani che ha sempre offerto gli eventi al pubblico gratuitamente, quindi c’è bisogno di chi lo sostiene. E anche se i nostri sponsor hanno una responsabilità etica molto forte, giustamente devono farsi pubblicità, e più pubblico hai più il tuo marchio viene visto.

Rovigoracconta non muore, l’appuntamento è solo posticipato al 2022. Hai paura che possa non succedere?

Non mi pongo il problema perché è stato un anno e mezzo veramente strano per tutti. Non mi capitava da 12 anni di avere l’estate libera, e adesso è la prima volta in cui posso dedicare del tempo solamente alla scrittura, ed è per me una cosa abbastanza anomala, quindi in questo momento mi concentro a “raccogliere”. Non ho paura, anzi questo stop mi ha dato la voglia di fare il prossimo anno un festival ancora più bello. Per la prima volta non sto correndo e questo tempo mi sta facendo macinare nuove idee per l’edizione a venire.

Cosa ti porti dietro, anzi cosa “porti avanti”, per il tuo festival, dell’esperienza traumatica che abbiamo tutti vissuto?

I libri non hanno tempo, questo vuol dire che sicuramente l’edizione dell'anno prossimo, non so ancora in che misura, ma avrà ospiti che hanno pubblicato libri nel 2020. Lo voglio fare con grande forza, perché sono persone scrittori, artisti, giornalisti che non hanno viaggiato, che non hanno potuto parlare al pubblico del loro libro quando questo vedeva la luce. Quindi una parte del prossimo festival sarà un “recupero” e lo racconteremo con grande convinzione. Gli uffici stampa, i gruppi editoriali, i manager, tutti propongono sempre la novità. Cos’è la novità? È un nostro modo per pensare che stiamo vivendo qualcosa di unico e irripetibile. In questo caso si tratta di libri. Però se tu non l’hai sfiorato prima, non ha tempo. Quando regalo un libro a qualcuno gli dico sempre: “Non devi leggerlo adesso, lo puoi tenere in libreria anche dieci anni, ma quando ti chiamerà sarà il libro che ti ho appena regalato”.

Quando regalo un libro a qualcuno gli dico sempre: “Non devi leggerlo adesso, lo puoi tenere in libreria anche dieci anni, ma quando ti chiamerà sarà il libro che ti ho appena regalato” Mattia Signorini

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