Painting by chaotic systems (credit: Eleonora Bilotta e Pietro Pantano)
Il discorso intorno al rapporto possibile e fruttuoso tra arte e scienza è antico, e del resto non potrebbe essere diversamente. Entrambe hanno un obiettivo: cercare di mettere ordine nel caos del mondo.
L'idea che esista una separazione tra arte e scienza parte da una provocazione lanciata nel 1959 da Charles Percy Snow (Le due culture) e contestata, nel corso del tempo, da tanti intellettuali: Italo Calvino, Gianni Rodari, Eugenio Montale, Primo Levi non la pensavano così. Sulla questione riflette Levi: "Sovente ho messo piede sui ponti che uniscono (o dovrebbero unire) la cultura scientifica con quella letteraria scavalcando un crepaccio che mi è sempre sembrato assurdo. C'è chi si torce le mani e lo definisce un abisso, ma non fa nulla per colmarlo; c'è anche chi si adopera per allargarlo, quasi che lo scienziato e il letterato appartenessero a due sottospecie umane diverse, reciprocamente alloglotte, destinati ad ignorarsi e non interfeconde. Questa è una schisi innaturale, non necessaria, nociva, frutto di lontani tabù e della controriforma, quando non risalga addirittura a una interpretazione meschina del divieto biblico di mangiare un certo frutto. Non lo conoscevano Empedocle, Dante, Leonardo, Galileo, Cartesio, Goethe, Einstein, né gli anonimi costruttori delle cattedrali gotiche, né Michelangelo; né la conoscono i buoni artigiani, né i fisici esitanti sull'orlo dell'inconoscibile". Questa schisi, dunque, è innaturale.
Anche Leonardo Sinisgalli, il poeta ingegnere, era convinto che scienza e arte potessero dialogare in maniera fruttuosa: "Io sono sicuro che se i nostri scienziati e i nostri tecnici considerassero l’esercizio della scrittura alla stregua di un’operazione dignitosa (una vera e propria lima del pensiero) qual è sempre stata per Leonardo o per Cartesio, per Leon Battista Alberti o per Maxwell, per Linneo o per Einstein, e se viceversa i letterati e i filosofi e i critici, come hanno fatto del resto Goethe e Valery, Hegel e Bergson, Giedion e Dewey, accogliessero con rinnovata simpatia, le ipotesi e i risultati del calcolo, dell’esperienza, una concordia nuova potrebbe sorgere tra le inquietudini e le stanchezze del nostro tempo, non voglio dire un nuovo mito". Sono stati molti gli artisti a comportarsi come avrebbe voluto Sinisgalli: Pablo Picasso, Salvator Dalì, Jackson Pollock, Desmond Paul Henry.
Spostando il punto di vista, non cambia il risultato, perché anche gli scienziati si rapportano con l'arte traendone ispirazione. Un esempio? Stephen Jay Gould e la contingenza, con la teoria da lui formulata dopo aver visitato la Basilica di San Marco a Venezia. Ancora, l'israeliano Daniel Shechtman, premio Nobel per la chimica nel 2011 per aver ipotizzato l'esistenza dei quasicristalli, ha dichiarato di aver trovato ispirazione nell'arte islamica per formulare il suo pensiero. E, tornando in Italia, penso ad Aldo Spizzichino, tra i maggiori interpreti italiani della Computer art.
Spesso artisti e scienziati lavorano insieme, nel Rinascimento le figure coincidevano. L'arte è uno strumento di diffusione scientifica e ha creato, nell'ultimo mezzo millennio, il nostro immaginario scientifico. Ha permesso alla scienza di uscire dai confini delle comunità scientifiche e si è diffuso nella società.
Su Il Bo Live inauguriamo una nuova serie dedicata alla relazione tra Scienza e Arte. I protagonisti: Eleonora Bilotta, Pietro Pantano, Raffaello Morales, Gianni Zanarini, Pierluigi Paolucci, Bernardo Cesare.