UNIVERSITÀ E SCUOLA

A scuola tutto bene? La risposta è "speriamo"

“A scuola tutto bene?”, si intitola così il lungo reportage a puntate che abbiamo realizzato per cercare di capire come stanno le scuole italiane dal punto di vista strutturale. Al termine di questa analisi una risposta la possiamo dare, ed è: “Speriamo”.

Speriamo, perché in realtà le cose da migliorare sono molte di più rispetto a quelle che funzionano, e visto che in questi giorni si tornerà in aula, è giusto ribadire che la sicurezza di bambine e bambini, ragazze e ragazze, più corpo docenti e personale ATA, che complessivamente raggiunge il 16% della popolazione italiana, dev’essere di primaria importanza.

In questo articolo cerchiamo di elencare alcune cose funzionanti e la prima nota positiva che emerge dalla nostra analisi è che i fondi spesso ci sono, sono stati stanziati ed assegnati. Parliamo di centinaia di milioni di euro che però, a dati fatti, sembra non siano stati ancora utilizzati al meglio. Il caso più eclatante è quello dei certificati prevenzione incendi. Più del 60% degli edifici scolastici italiani ne è privo. Le motivazioni le abbiamo spiegate lungamente in un altro articolo, dove abbiamo anche messo in luce come per il triennio 2019-2021 siano stati stanziati complessivamente più di 200 milioni di euro per la messa a norma. Fondi che a fine 2021, ci prendiamo l’impegno, analizzeremo nel dettaglio per vedere se finalmente questi soldi sono stati utilizzati per sistemare una lacuna che dura da quasi 30 anni. La situazione paradossale infatti è proprio che dal 1992 ad oggi c’è sempre stata qualche proroga (inserita nemmeno a dirlo nei decreti chiamati “Milleproroghe”) che porta avanti la scadenza dell’obbligatorietà del CPI. Questo non significa che, in termini concreti, il 60% delle scuole italiane siano a rischio incendio, ma semplicemente che fatta una norma, si cerca sempre l’escamotage.

L’altra nota positiva, ma purtroppo con una postilla importante anche in questo caso, è quella dell’assistenza alle persone con disabilità. Abbiamo visto come il numero di insegnanti di sostegno sia più che sufficiente, con un rapporto di 1,7 alunni ogni insegnante. Oltre al numero però bisogna considerare anche le competenze specifiche, ed in questo caso sembra che ci siano alcune carenze per quanto riguarda il numero di insegnanti specializzati. La richiesta di queste figure aumenta di anno in anno più velocemente di quanto non cresca l’offerta. Per questa ragione nel 37% dei casi si selezionano i docenti per il sostegno dalle liste curricolari. In questo caso si tratta di docenti individuati per rispondere alla carenza di insegnanti per il sostegno, ma che non hanno una formazione specifica per supportare al meglio l’alunno con disabilità.

Alunno con disabilità e non “disabile”. Ribadiamo ciò perché dai dati del ministero emerge una totale mancanza di linguaggio inclusivo. Emerge sia dall’analisi delle informazioni inserite dagli enti, in cui alcune scuole hanno scritto aberrazioni del tipo "Bagno Handiccappati”, ma emerge soprattutto dalle tracce ministeriali. Nella compilazione delle schede, ed anche proprio nel dataset rilasciato nel Portale unico dei dati della scuola, esiste sempre la dicitura “disabili” e mai la più corretta “persone con disabilità”.

Mentre sul linguaggio il Miur può e deve intervenire immediatamente, è più complesso farlo per quanto riguarda l’effettiva accessibilità degli edifici scolastici. In questo caso la notizia positiva è che il 75% degli edifici scolastici italiani ha attuato accorgimenti per superare le barriere architettoniche.

Quella negativa invece è che, andando a vedere il dettaglio di questi accorgimenti, il lavoro da fare per rendere veramente le scuole italiane accessibili alle quasi 300 mila persone con disabilità che quotidianamente hanno il diritto di accedere agli edifici scolastici è ancora lungo. Ne è riprova il fatto che solo la metà di questi ha dei percorsi interni dedicati a persone con disabilità, e va ancora peggio se si guarda chi ha percorsi esterni dedicati. Insomma tagliando un po’ con l’accetta l’analisi, e consapevoli che i dati aggregati a volte vanno sviscerati in modo dettagliato, possiamo dire che solo un edificio scolastico su dieci è totalmente accessibile.

Tralasciando in questo caso il tema dell’efficientamento energetico degli edifici scolastici italiani, che sappiamo essere piuttosto arretrato con un 40% degli edifici scolastici che non ha nemmeno i doppivetri nei serramenti (altro che PNRR), cerchiamo di concentrarci su quegli accorgimenti che devono essere presi per rendere accessibile e sicura la scuola italiana.

Otto edifici su dieci non sono stati progettati in modo antisismico, anche se una progettazione inizialmente non antisismica può essere messa a norma. Sappiamo poi che l’Italia è un Paese anziano, non solo dal punto di vista anagrafico della popolazione ma anche per quanto riguarda i suoi edifici. Di quelli residenziali, che sono poco più di 12 milioni, solamente poco più di 3 milioni sono stati costruiti dal 1981 in poi. Questa è una percentuale nettamente inferiore rispetto a quella degli edifici dedicati all’uso scolastico costruiti negli stessi anni. Il motivo di questa differenza percentile lo abbiamo analizzato approfonditamente facendo un focus proprio sugli edifici scolastici che sono stati costruiti dal 1975 in poi. Questo per quanto riguarda l’edilizia scolastica è stato un anno cruciale, motivo per cui il comparto infrastrutturale scolastico è per il 40% più “giovane” di 45 anni.

È proprio del 1975 infatti quella che potremmo considerare la bibbia dell’edilizia scolastica. Stiamo parlando del decreto ministeriale del 18 dicembre 1975 denominato “Norme tecniche aggiornate relative all’edilizia scolastica, ivi compresi gli indici minimi di funzionalità didattica, edilizia ed urbanistica, da osservarsi nella esecuzione di opere di edilizia scolastica”. L’ 81,7% degli edifici scolastici costruiti dopo il 1975 è stato fatto pensandolo proprio per un uso scolastico e più dell’80% è raggiungibile con i mezzi privati. Il 20% (più propriamente 17%) che non lo è non deve destare scalpore perché parliamo di 860 edifici, molti dei quali ad un’analisi ancor più dettagliata risultano essere in zone comunque accessibili. Questa percentuale quindi può essere dovuta sia a un errore di compilazione della scheda, sia al fatto che alcuni possono essere in zone impervie. Ricordiamo infatti che, tolti i 26 Comuni superiori ai 1.500 metri (il più alto è Sestriere a 2.035 slm), l’Italia è composta da 661 Comuni tra gli 800 ed i 1500 metri sul livello del mare e ben 2.202 tra i 400 e gli 800 metri d’altitudine.

Proprio parlando di errori nella compilazione infine c’è l’enorme tema di come tutti questi dati che abbiamo analizzato sono stati inseriti e di chi li deve controllare. Anche in questi casi le risposte sono arrivate non tanto dai diretti interessati, che se pur contattati non hanno più risposto alle nostre domande, ma proprio dall’analisi stessa.

La situazione è piuttosto ingarbugliata ma cerchiamo di riassumerla così: ci sono due direzioni di uno stesso dipartimento ministeriale che si occupano rispettivamente dell’anagrafe scolastica e dell’anagrafe edilizia scolastica, rendendo poi disponibili i dati all’interno del Portale unico dei dati della scuola. Le due direzioni generali sono la Direzione generale per i contratti, gli acquisti e per i sistemi informativi e la statistica (DGCASIS) e la Direzione generale per interventi in materia di edilizia scolastica, per la gestione dei fondi strutturali per l'istruzione e per l'innovazione digitale (DGEFID), mentre il dipartimento del Miur che le racchiude è il Dipartimento per le risorse umane, finanziarie e strumentali

A onor di cronaca c’è da dire che la nostra analisi si è basata principalmente sui dati raccolti dal DGEFID e che inoltre la direttrice generale del DGCASIS, dott.ssa Gianna Barbieri, ci ha rilasciato cortesemente un’intervista su come viene realizzata l’anagrafe scolastica, o per meglio dire l’Anagrafe Nazionale degli Studenti. 

Dal DGEFID invece, dopo un primo contatto, non è arrivata alcuna risposta. Noi comunque siamo sempre aperti a sentire la loro versione e per comodità rendiamo pubbliche direttamente le domande che al temine di questa analisi non hanno trovato risposta.
 

- Per quanto riguarda il flusso di dati dell'edilizia scolastica qual è l'iter per il caricamento? 

- All'interno di ogni ente locale c'è una figura di riferimento che ha il compito di comunicare questi dati? Il Miur ha un elenco dettagliato di ogni responsabile locale (comunale, provinciale/città metropolitana) o ha solamente il documento "finale"?

- L'ufficio statistico del Ministero ha il compito di fare una verifica anche di merito rispetto i dati (cioè controllare e richiedere eventuali motivazioni per dati errati/mancanti)?

 

A queste domande, a cui in alcuni casi abbiamo trovato risposta, ora aggiungiamo:

 

- Fate un controllo di merito su questi dati?

- Sapete, e se analizzate i dati dovreste saperlo, che ci sono interi Comuni che di fatto non hanno compilato la scheda?

- Siete consapevoli che all’interno del dataset sono presenti innumerevoli refusi? In tal caso c’è una richiesta di correzione all’ente che ha compilato la scheda? (la scuola primaria del Comune di Monte Porzio ha il triste primato di essere riuscito ad inserire tre refusi in cinque parole scrivendo: “MANIGLIANI ALLE USEITE DI RICAREZZA” tra gli “accorgimenti per rendere l’edificio accessibile a persone con disabilità”)

- Siete consapevoli che l’intero dataset è totalmente privo di un linguaggio inclusivo?

- Ci sono alcuni dati, dalle piste ciclabili ad altro, che sono presenti nelle schede compilate dagli enti ma non rilasciati nel Portale, ci sono dei motivi particolari per cui accade ciò?

 

Quando si parla di scuola si parla del 16% della popolazione italiana che quotidianamente resta molte ore all’interno di questi edifici e si parla soprattutto del futuro del Paese. Per questo siamo sicuri che le domande che abbiamo rivolto alla direttrice generale del DGEFID (Direzione generale per interventi in materia di edilizia scolastica, per la gestione dei fondi strutturali per l'istruzione e per l'innovazione digitale) dott.ssa Simona Montesarchio e all'ufficio stampa del Ministero troveranno risposta. Siamo certi anche che la stessa Direzione vorrà leggere e recepire nel dettaglio le indicazioni che abbiamo fornito lungo tutto il reportage “A scuola tutto bene?”, scaricando anche i dataset che man mano abbiamo reso disponibili nei vari articoli contenenti le problematiche più evidenti e che necessitano un pronto intervento minsteriale.


LEGGI LE ALTRE PUNTATE DEL REPORTAGE "A SCUOLA TUTTO BENE?"

  1. A scuola tutto bene? Proviamo a capirlo.
  2. A scuola tutto bene? Un’analisi dello stato di salute delle scuole italiane
  3. A scuola tutto bene? I dati aggregati delle scuole italiane
  4. A scuola tutto bene? L'anagrafe scolastica
  5. A scuola tutto bene? L'anagrafe edilizia scolastica
  6. A scuola tutto bene? Il ministero ed il linguaggio inclusivo
  7. A scuola tutto bene? Gli edifici costruiti dal 1975 in poi
  8. A scuola tutto bene? I certificati antincendio tra mille proroghe e finanziamenti
  9. A scuola tutto bene? L'accessibilità delle scuole italiane
  10. A scuola tutto bene? Il miraggio dell'efficientamento energetico

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